I LUOGHI DI VAGLIA |
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Monte Senario Dal centro abitato di Bivigliano una bella strada conduce al Monte Senario*** che si può raggiungere altrettanto agevolmente anche da Pratolino. Giunti ai piedi del monte si può proseguire in auto fino a pochi metri dalla cima, ma assai più suggestivo è percorrere a piedi la “Via Matris” lungo la quale sette tabernacoli invitano a meditare sui sette dolori della Madonna. A metà strada s’incontra anche il piccolo cimitero dei frati con l’annesso oratorio intitolato a S. Martino. In pochi minuti si giunge comunque sulla piazzetta antistante il monumentale complesso del Santuario, ai lati della quale vi sono le statue di S. Bonifacio e di S. Filippo Benizi, opera di Pompilio Ticciati (1754). Ponendosi di fronte allo scalone di accesso si può apprezzare la grandiosità della costruzione con il campanile secentesco sulla sinistra e la torretta dell’orologio, del 1846, al centro. L’origine del Santuario e dell’Ordine monastico che lo custodisce risale al XIII secolo, quando sette mercanti fiorentini dediti alle opere di carità, decisero di abbandonare affari e famiglia per ritirarsi in povertà e penitenza in un luogo detto Cafaggio: l’attuale Santuario della SS. Annunziata. Erano quelli che la tradizione popolare ha chiamato “I Sette Santi Fondatori”.
Nel 1241 i Sette decisero di trasferirsi a Monte Senario dove Giuliano da Bivigliano, della famiglia degli Ubaldini, aveva donato al Vescovo di Firenze parte del monte «Asinaio». Sorse così l’Ordine dei Servi di Maria al quale cominciarono ad aderire quanti intendevano caratterizzare la propria vita con “preghiera, silenzio e lavoro”.
La Chiesa, alla quale si accede dal piazzaletto in cima allo scalone, è intitolata a Santa Maria. D’impianto quattrocentesco ha subìto non pochi rifacimenti e l’aspetto con cui si presenta oggi è quello del XVII - XVIII secolo come dimostrano le decorazioni barocche ed i vari dipinti. Sul soffitto a volta, fra angeli e cherubini di stucco, un affresco di Domenico Gabbiani rappresenta la Vergine che consegna il saio ai Santi Fondatori. Nelle cappelle ai lati dell’altar maggiore, due tele di Tommaso Redi rappresentano episodi della vita di San Filippo Benizi, mentre nelle altre cappelle sono raffigurate una natività di Ludovico Cardi detto il Cigoli e la S. Giuliana Falconieri. Sul lato destro, nella cappella centrale, viene venerata la statua dell’Addolorata modellata e dipinta nel 1820. Sopra l’altar maggiore, un bel Crocifisso di stucco policromo opera di Ferdinando Tacca (1577 - 1640), recentemente restaurato, si trova al centro di un’esplosione di angeli e cherubini dorati, mentre ai piedi della Croce languono le Pie Donne. Nella parte alta della navata si aprono sei finestre con vetrate colorate mentre nella controfacciata, la cantoria in muratura sorretta da due colonne di pietra, ospita la cassa e le canne di un antico organo. Il coro è posto dietro l’altar maggiore, con scranni in noce di semplice fattura del ‘700 e l’organo che è stato ricostruito nel 1981 utilizzando parti di uno strumento del 1782 più volte rielaborato. Accedendo al coro dalla porticina di destra, si trova la Cappella dell’Apparizione nella quale sono ben evidenziate tracce di antiche strutture (sec. XIII - XV). Nel vano sopra l’altare, del 1723, si può ammirare una bellissima terracotta policroma raffigurante la Pietà, opera di intensa drammaticità del Frate Giovannangelo Lottini. La Cappella dei Sette Santi, cui si accede subito a sinistra entrando in Chiesa è stata realizzata in stile gotico nel 1933. Interamente affrescata sulle pareti e sulle volte, conserva nell’urna dorata, posta sull’altare monumentale in marmo di Carrara, le reliquie dei Santi Fondatori. Notevole anche la sacrestia per i quadri e le suppellettili; fra questa e la Cappella di S. Manetto, sono state riportate alla luce la facciata della primitiva chiesetta ed il basamento del campanile. Se questi sono gli ambienti più noti e visitabili in ogni ora del giorno, una visita più approfondita del convento è raccomandabile e possibile se accompagnati da uno dei religiosi, sempre molto disponibili. Si potranno così godere, con l’ausilio di una guida attendibile, il chiostro quattrocentesco, l’ampia terrazza panoramica che copre l’altrettanto grande cisterna seicentesca e il refettorio, pure seicentesco, con l’immancabile raffigurazione dell’Ultima Cena, bellissimo affresco di Matteo Rosselli risalente al 1634. Usciti dal Convento, un itinerario ben segnalato e molto suggestivo ci induce a meditare sulla spiritualità dei Santi Monaci attraverso i luoghi della loro preghiera. Si possono così visitare la Grotta di S. Filippo Benizi, con l’omonima Fonte; la Cella di S. Alessio Falconieri; la cosiddetta Cellina Salviati nel cui giardinetto vegeta ancora una propaggine della vite “miracolosa” che, secondo la tradizione, producendo frutti, tralci e pampini nel cuore dell’inverno, avrebbe profetizzato la crescita prodigiosa dell’Ordine dei Servi; e infine la Grotta di S. Minetto. Sulla via del ritorno, ai piedi della “Via Matris”, un comodo sentiero conduce ad un edificio decisamente singolare. Una monumentale costruzione cilindrica coperta a cupola e scavata per diversi metri nel terreno costituiva, nella seconda metà dell’800, una ingente riserva di ghiaccio per gli ospedali e le ville di Firenze. Purtroppo l’originale costruzione versa in un grave stato di abbandono e necessiterebbe di sapienti opere di restauro, peraltro già oggetto di recenti studi. Sull’anello che un tempo ne sosteneva la lanterna, svetta oggi un’antenna per la ricezione dei canali TV.
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© Notizie e foto tratte da il volume "Il Mugello" di Massimo Certini e Piero Salvadori (ed. Parigi & Oltre, Borgo San Lorenzo, 1999) |