Da
Luco una nuova iniziativa
di solidarietà
“ABBI CORAGGIO, AFRICA!”
Nasce nel dicembre 2010 l’Associazione Onlus “AFRIKA
JIPE MOYO” (che in lingua swaili significa: Africa, abbi coraggio!). L’Associazione ha un’identità tutta
al femminile (siamo sei donne, mugellane e trentine) e si propone di aprire una
finestra su una parte di mondo che fa parte delle zone più povere e martoriate
del continente africano, e che forse non è ritenuta tale per il suo nome
altisonante tra le mete turistiche più ambite e pubblicizzate: il Kenya. Il
Kenya nella sua realtà urbana, rurale e nomade. Un paese vittima di un terribile
sfruttamento e corruzione dove la povertà è il problema numero uno.
E’ Padre Franco Cellana, missionario trentino dell’Ist. Missioni Consolata, il
vero coordinatore sul campo dei vari progetti. Lo conosciamo e collaboriamo con
lui da 25 anni.
Le radici affondano ancora più in profondità, e partono da Luco, dove un altro
missionario dello stesso istituto passava di tanto in tanto a trovare i suoi
parenti e a raccontare la sua esperienza in Tanzania. Il seme missionario
gettato da questo pioniere ha trovato terreno fertile e
negli anni è germogliato fruttificando
nella realtà di Luco. E’ divenuto infine una costante iniziativa
interparrocchiale con il contributo di tante persone di buona volontà che si
sono adoperate in mille modi per
realizzare molteplici opere prima
in Tanzania e poi in Kenya.
“CIO’ CHE OCCHIO HA VISTO, CUORE NON DIMENTICA”
(proverbio africano)
La mia esperienza, divenuta vocazione
1985 – primo viaggio in Tanzania con mio
marito e mia sorella. E’ lì che il vecchio padre, morto dopo sei mesi, mi affidò
la “consegna” del futuro missionario della mia comunità. Col tempo ho sentito
che quella era stata la “chiamata”, perché, senza
rendermene conto, l’Africa è divenuta da allora parte di me in modo naturale,
come cosa innata. Padre Franco ha
ereditato Luco come comunità da visitare, e
lo ha fatto ogni qualvolta è tornato in Italia intessendo un sempre più intenso
rapporto di amicizia con la popolazione che in tutti questi anni lo ha seguito e
sostenuto nella sua opera.
2005 –Il secondo viaggio è avvenuto a
distanza di 20 anni, con mio marito e mia figlia sedicenne. Un mese nella
periferia di Nairobi, negli slums, con padre Franco. Abbiamo pensato a questa
esperienza di famiglia come a
un bel regalo di vita, un evento straordinario, soprattutto per nostra figlia
Alessia, e un investimento a lungo termine. Infatti, oggi
Alessia è al mio fianco come
cofondatrice dell’Associazione.
2007 - Parto con don Savino, il nostro parroco 81nne e Gabriele Marucelli,
suo accompagnatore. Anche
don Savino confida di aver sentito una”chiamata” alla quale risponde si,
nonostante l’età, e nonostante molto altro che sarebbe stato un deterrente per
molti. Al suo ritorno dichiarerà che l’esperienza è stata il dono più grande che
Dio gli ha fatto dopo il sacerdozio.
2009-
Parto da sola, per un viaggio brevissimo alla vigilia di Natale, invitata
al matrimonio di un’amica kikuyo. C’è una calamita che mi riporta con gioia dai
ragazzi di strada di Nairobi e offro, a nome della comunità di Luco, scarpe,
vestiti e un banchetto natalizio oltre a cibo per sfamare una cinquantina di
famiglie profughe allo stremo.
2010 – Il coraggio e il miracolo della fede. Arriva pressante dall’Africa a don
Savino l’invito a tornare nelle comunità visitate, per l’inaugurazione della
cappella dell’adorazione alla quale egli ha contribuito. Sembra una follia, ma
don Savino ormai 84nne, claudicante, pieno di acciacchi, ma mosso da una fede
che lo infiamma, sente forte
E’ così che nel novembre 2010 l’impresa si realizza. Partiamo in 6, c’è anche
mio marito Andrea. Don Savino sulla sedia a rotelle affronta il volo di 12 ore
scandito dalla preghiera e dagli orari dei medicinali che assume per tutte le
sue patologie. E tutto va per il meglio. Atterriamo in terra africana, e una
volta arrivati… i giorni si susseguono in una serie di eventi ad altissima
intensità emozionale.
La festa in onore del vecchio priore è un tripudio. Oltre 4 ore di celebrazione
con la moltitudine dei fedeli accorsa per il grande evento inaugurale,
finalmente potranno adorare e pregare ininterrottamente, notte e giorno, Gesù
Eucaristia.
Ecco allora la visita in alcune scuole governative dove i presidi e gli
insegnanti ci illustrano le condizioni dei bambini più poveri provenienti dalle
baraccopoli. Questi partono alle 6 del mattino e rientrano nelle loro baracche
alle 5 di sera, a piedi, percorrendo
chilometri senza aver mangiato nulla
durante l’intera giornata.
Le strutture delle scuole, simili alle nostre vecchie stalle, hanno pavimenti di
terra battuta, banchi fatiscenti, e ospitano dai 50 ai 70 alunni per classe.
Durante le lezioni non si sente volare una mosca, eppure ogni scuola accoglie
dai 1000 ai 1200 alunni. Per tutti
questi studenti nel cortile ci sono 6/8 toilettes alla turca, senz’acqua.
E’ per contrastare la grande ingiustizia nell’accesso all’istruzione subita dai
poveri da parte di chi appartiene alla classe “alta”, e li lascia
ad arrancare sui loro diritti fondamentali, che decidiamo di supportare
il progetto già iniziato da padre
Franco in 7 scuole. Si tratta di una sorta di sostegno a distanza per i bambini
più poveri in modo da coprire le spese per libri, divise, trasporti e visite
mediche.
Tra queste scuole c’è anche quella dell’orfanotrofio, quella dei figli dei
carcerati, quella dei disabili che
visitiamo. Subito ci accorgiamo di trovarci spettatori di qualcosa di
estremamente drammatico. Gli ospiti della struttura hanno disabilità
di varia natura e gravità. Molti giacciono supini
a terra coperti di mosche, altri siedono
in banchi che immobilizzano loro le braccia, altri ancora sono in fila su sedie
a rotelle nel piccolo cortile all’ombra di file di panni stesi, gli stessi che
vengono loro cambiati continuamente perché non esistono “pannoloni”.
All’interno, nelle stanzette, si accalcano piccoli letti a castello con montagne
di stracci maleodoranti. C’è anche una
stanza con qualche attrezzo fatiscente per la fisioterapia.
Parliamo
a lungo col gestore della struttura, anch’egli paraplegico su sedia a rotelle.
C’è bisogno di tutto: ecco la priorità tra le priorità. L’associazione si
prefigge come primo impegno di dare un po’ di sollievo a loro, per questo appena
possibile vorremmo fornire materassini speciali,
sedie a rotelle, attrezzi per la fisioterapia.
E poi ci sono i ragazzi di strada, 20 mila solo a Nairobi. I “chokoraa”, la
spazzatura, i reietti, i senza tetto e senza famiglia. Vivono una
vita da branco,
senza futuro, e cercano di sbarcare il
presente rubando e stordendosi di “colla” per non sentire i morsi della fame e
della mancanza di affetto. Molti sono piccoli (8/10 anni) e sono i più indifesi
dovendo subire anche i soprusi del “ capobranco”. Sono braccati e picchiati
dalla polizia, vivono nelle aiuole e sui cigli delle strade, in condizioni
subumane. Vogliamo dedicarci anche a loro, possibilmente con cure, cibo e
vestiti. E con la possibilità di formazione ad un lavoro.
Ecco elencati gli scopi che ci prefiggiamo: sono obiettivi semplici, ma precisi,
in ambiti circoscritti. Per saperne di più visitate il nostro sito
www.afrikajipemoyo.org.
Abbiamo stabilito una tessera associativa annuale del costo di 10 euro. Siamo
ONLUS ovvero riconosciuta organizzazione non lucrativa di attività sociale.
Possiamo quindi beneficiare del 5xmille dell’imposta sui redditi.
(cod. fiscale: 90026380486 -
IBAN :
IT74A0630037750CC1830200448 Cassa
Risp. S.Miniato Ag. borgo S.L.)
L’Associazione è appena nata e per crescere ha bisogno di adesioni.
E’ un appello? Certamente sì! Perché anche se l’entità dei bisogni è
spiazzante, e si ha la sensazione di svuotare un lago con un secchiello in un
giorno di pioggia, anche il più piccolo contributo può portare un
beneficio, un po’ di sollievo anche solo per un pasto.
Antonella Bertaccini
© il filo, Idee e notizie dal Mugello, maggio 2011