MARCO BONGIOVANNI RICORDA
I SUOI ANNI CON MARIO BINI
Io e il professore
Tra
coloro che hanno contribuito a riportare alla memoria la figura del professor
Mario Bini c’è anche il fiorentino Marco Bongiovanni. Noto e apprezzato pittore.
E per sei anni, dal 1974 al 1980, assistente di cattedra del professore, quando
insegnava al Liceo.
“Sono stato con lui sei anni, dal 1974 al 1980, l’anno in cui andò in pensione a
70 anni. E stavo con lui dalle 8 alle 14. Quando poi andò in pensione, mi
chiedeva di accompagnarlo a vedere la scuola, il nuovo liceo in costruzione. E
diceva sempre “Ma che si fa una scuola davanti a un cimitero?” Lui ha insegnato
a vedere a scoprire belle e a criticare le cose brutte. Non amava l’arte
moderna. Ma le cose moderne belle le capiva e sapeva apprezzarle. Anche se
pensava che l’arte finisse col Rinascimento”
Bongiovanni
ricorda tanti episodi: ”Dicono che fosse un carattere impossibile. Con me no.
Era una persona che aveva bisogno di parlare. Magari un po’ burbero, era
difficile discutervi, ma persona simpatica e cordiale”. I suoi modi di dire
erano proverbiali:” La mosca tira il calcio che può, diceva ai ragazzi quando
gli portavano disegni un po’ scarsi. E quando con l’autobus arrivavamo a San
Piero nella nebbia, “sembra di entrare nel cotone”. E quando andavamo al bar a
prendere un caffè diceva sempre, sorridendo, “chi soffre?”. E un giorno,
incrociando una tizia con i denti un po’ in fuori, “Sembra una locomotiva del
West”…” Tanti ricordi: “Il 10 agosto a Firenze, veniva sempre
Bongiovanni ha poi condiviso un’altra esperienza importante con il professor
Bini: “Giravamo continuamente il Mugello, perché era ispettore onorario della
Sovrintendenza. E con lui ho visto tante chiese della zona. Andava dai vecchi
parroci, mi fa vedere questo, mi fa vedere questo, faceva tirar fuori le schede,
erano vere e proprie ispezioni. Ci teneva, perché anche l’oreficeria, il
tessuto, gli ex-voto sono parte dell’arte italiana, e temeva che qualche parroco
finisse per vendere il materiale”
Borgo e Firenze: “Spesso si andava in giro, mi faceva conoscere i posti più
nascosti di Borgo, ma anche la gente, sapeva tutto di tutti. Conosceva bene il
suo paese, era innamorato dei suoi luoghi storici. Ad esempio avrebbe voluto
salvare un pezzo delle Fornaci, come memoria storica. Così come spesso veniva a
Firenze. Mi diceva –dava sempre del lei-: “Lei ha la fortuna di stare a Firenze…”
. Andavamo a Firenze, all’archivio Alinari, a scegliere le foto di riproduzioni
di opere d’arte soprattutto di scultura che poi il professore distribuiva agli
studenti del liceo scientifico per la riproduzione con disegno. E lo stesso per
i gessi della gipsoteca dell’Istituto d’arte di Porta Romana dove aveva
studiato, negli anni ’20.”
© il filo, Idee e notizie dal Mugello, gennaio 2010