Castagneti e frane in Alto Mugello, danni molto gravi
ALTO MUGELLO – Si guarda con crescente preoccupazione ai castagneti dell’Alto Mugello, colpiti dalle frane lo scorso maggio. Sia a Marradi che a Palazzuolo tanti alberi di castagno sono stati rovesciati dagli smottamenti, specialmente dove i pendii sono più accentuati.
E ad aggravare il quadro c’è anche l’irraggiungibilità dei castagneti stessi. In diversi casi le frane hanno spazzato via le strade di accesso, e così è impossibile, o molto pericoloso, andare a raccogliere i marroni.
Oggi su La Nazione ne ha parlato anche il professor Elvio Bellini, marradese, già docente alla facoltà di Agraria dell’Università di Firenze, uno dei massimi esperti internazionali di castanicoltura
Anche lui si dice preoccupato: “Ho visto con i miei occhi i gravi danni causati dalle frane: sono spariti interi castagneti. Il castagneto coltivato in montagna è più fragile di un bosco, gli alberi sono più radi, e mentre in passato i terreni dove vi sono i castagni erano anche campi da pascolo e quindi più curati dagli agricoltori, con fossette per la regimazione delle acque, ora questo non accade più. I danni vi sono stati nei terreni più in pendenza, con meno terreno, dove l’inclinazione era minore non ci sono stati problemi. I castagneti marginali saranno abbandonati – prevede il professore -, e stimo in quasi un 20% le aree che hanno subito danni”.
C’è poi un altro elemento di preoccupazione, forse ancor più grave: la sorte di tanti alberi pur rimasti in piedi che però hanno visto movimenti del terreno sottostante: “Gli smottamenti – spiega il professore – hanno causato il distacco dell’apparato radicale dal terreno. Che quindi è stato danneggiato. Ma quel che è peggio, non essendo mai piovuto, dallo scorso maggio, le radici non hanno ricacciato e si sono seccate. Il prossimo anno potremo cominciare a vedere le conseguenze drammatiche di tutto questo. Il rischio è che in un paio d’anni secchino”.
Bellini è affranto: “Per una causa o per quell’altra la castanicoltura sta prendendo duri colpi, e rischia di scomparire sui nostri monti. Malattie, parassiti, cambiamento climatico, frane. E se l’ultimo parassita, il cinipide, siamo riusciti a regimarlo, contro i cataclismi naturali non possiamo far niente. Dispiace vedere a rischio questi nostri monumenti patriarcali, che ricordano la vita dell’uomo in montagna da quasi duemila anni: non esiste altra pianta come il castagno, che ha dato vita e alimento a intere popolazioni. Perché del castagno non si butta via nulla. Per questo abbiamo chiesto, anche attraverso l’Accademia dei Georgofili di proporre i nostri castagneti come patrimonio dell’umanità dell’Unesco.”
Ma il professor Bellini guarda anche al futuro, e non è un futuro senza castagni. “Possiamo e dobbiamo recuperare, e lo possiamo fare. Basta investire in nuovi impianti, in terreni non più a rischio e che siano meccanizzabili, perché oggi l’uomo non vuol più durare fatica nella raccolta. Presto incontrerò l’assessore regionale all’agricoltura Saccardi, proprio per parlare dell’avvio di castagneti sperimentali, dimostrativi e moderni, che diano un futuro a questa coltura. E’ l’unica possibilità che abbiamo, e possiamo farcela”.
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 4 Ottobre 2023