ANCORA RIFLESSIONI SUL CASO ENGLARO
Abbiamo perso la dimensione dell’amore
Cari amici del Filo,
voglio esprimere tutto il mio sostegno e la mia condivisione per la riflessione pubblicata sul filo dello scorso mese riguardante il caso Englaro.
Vorrei aggiungere però alcuni pensieri che in quei tristi giorni mi sono venuti in mente più volte.
Per primo è evidente che di Eluana Englaro si è voluto creare un caso di provocazione politica secondo gli ormai consueti schemi della gazzarra mediatica per poi finire nella lotta faziosa politica incurante del dolore e del dramma che si compie sulle persone. Quello che è drammatico però è che anche noi cattolici, come al solito, siamo caduti nella provocazione. Come cristiani non possiamo esimerci e abbiamo tutto il diritto di dire come la pensiamo, ma determinate situazioni andrebbero vissute nella preghiera e nel silenzio come è avvenuto da molte parti. Quello che però è stato magistralmente esaltato dai riflettori mediatici non sono state le veglie di preghiera ma manifestazioni che poco si adattavano al dramma del momento, con relativi striscioni e scritte che, nella sostanza, sconfessavano la fede in un Dio che è venuto a donarci l’amore e il perdono.
Un altro aspetto che
si è reso evidente è che molti cattolici hanno sposato prima l’ideologia dello
schieramento di appartenenza e dopo i valori in cui dicono di credere; la
bagarre politica seguita ne è stata
Questo ci interroga come cristiani; siamo sempre pronti a dire ma poco disposti ad amare, a sposare ideologie piuttosto che a condividere valori. Quando le persone perdono la dimensione dell’amore noi particolarmente abbiamo tanta responsabilità per non aver condiviso con loro le proprie difficoltà e fatto capire che anche su questa terra c’è qualcuno che materialmente s’interessa a loro.
L’ultima considerazione riguarda la legge sul testamento biologico. Dopo questa esperienza forse riusciranno a concertare anche una buona legge ma, sono più che convinto, che i problemi del fine vita non possono essere regolati da una legge né tantomeno gestiti da un giudice. Solo l’umanità, l’amore e un buon rapporto di fiducia medico paziente, potranno aiutarci nei momenti più difficili della vita. Anche se avessimo una legge perfetta chiunque, volendo, potrebbe creare un caso, perché tutti sono comunque casi unici e irripetibili e si prestano a molteplici interpretazioni. Lo stesso testamento biologico può essere un non senso; tante volte negli oltre trent’anni di esperienza medica ho visto espressioni di attaccamento alla vita in persone oramai senza speranza e che prima mi avevano manifestato la volontà di non desiderar vivere se non la dimensione perfettamente abile di questa. È oltremodo poi impensabile che un giovane possa pensare con serietà alle dichiarazioni anticipate di fine vita.
Voglio concludere
citando il presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici,
Amedeo Bianco, una voce laica quindi, che in una dichiarazione rilasciata dopo
la morte di Eluana, così si esprimeva:
Ora è necessario fermare le
contrapposizioni forti e sorde ed ascoltare invece l’immenso silenzio che
accompagna ogni vita che si conclude per cogliere gli insegnamenti che lascia
come seme di speranza per una maggiore equità, solidarietà e rispetto per i più
deboli e per gli ultimi tra questi:“gli incapaci”.
E dopo aver negato ogni liceità ad atti intenzionalmente finalizzati a procurare
la morte come stabilito dal codice deontologico, così continuava:
In ogni atto
normativo o legislativo a cominciare da quello doveroso sulle Dichiarazioni
Anticipate, sia dunque un “diritto mite” a determinare i confini giuridici e sia
invece “ un’etica forte” a definire i contenuti professionali della moderna
alleanza terapeutica fondata sull’autonomia e la responsabilità dei due soggetti
della relazione di cura. Solo all’interno di un’alleanza terapeutica così
configurata, ognuna unica ed irripetibile, sarà possibile trovare risposte eque,
sostenibili e condivise a dilemmi etici e civili che, avulsi da questi contesti,
diventano occasioni di scontri e non di incontri tra uomini che si pongono le
domande più difficili. Su queste prospettive e su quanto di nuovo il caso
Englaro ha posto alla scienza e alle coscienze, riapriremo nei nostri Ordini e
nella Federazione una riflessione rigorosa ed aperta e tutto questo è quanto di
più grande e prezioso i medici possano oggi offrire come professionisti, per
rispondere a quelle inquietudini che l’incapace Eluana ha regalato a tutti noi,
cittadini capaci".
Giorgio Giovannini
© il filo, Idee e notizie dal Mugello, marzo 2009