Giulia Berti arriva 2^ al concorso nazionale di poesia. L’intervista
(Il video della premiazione della composizione di Giulia Berti)
SCARPERIA E SAN PIERO – Il 24 settembre si è svolta la premiazione del concorso nazionale edizione 2016 ispirato a Dino Campana dal titolo “La Poesia ci salverà…” (articolo qui). Arriva seconda Giulia Berti di San Piero a Sieve, collaboratrice anche de la testata online Il Filo del Mugello e vincitrice di numerosi premi (articolo qui), con “Breve Vita Lungarno”. La giuria era composta dal direttore di Marradi Free News Rodolfo Ridolfi, dal presidente del Centro Studi Campaniani Mirna Gentilini, da Giancallisto Mazzolini dell’Accademia degli Incamminati, dal presidente dell’Accademia Il Fauno Lamberto Lilli, dal direttore dell’Officina Artistica Infinito Pape Gurioli, dal direttore di Opera-In-Stabile Barbara Betti, dal soprano Federica Balucani, dalla scrittrice Gianna Botti, dall’attore Maurizio Ferrini, dal regista e attore Riccardo Monopoli e dallo psichiatra Massimo Scalini. Terzo, un’altro mugellano, il marradese Lucio Gibin con “L’Autunno della vita”, mentre primo Giovanni Battista Zambelli di Faenza con l’opera “Il Ritorno”. I premi sono stati consegnati, insieme ai giurati, dal consigliere della Provincia di Ravenna Oriano Casadio e dall’assessore alla Cultura di Brisighella Alessandro Ricci. Abbiamo incontrato Giulia per una piccola intervista, proprio in merito a questo secondo posto.
Giulia come mai hai partecipato al Concorso Nazionale Dino Campana “La poesia ci salverà”? E’ da tanto tempo che scrivo poesie. Non le faccio vedere a nessun altro se non ai miei amici o comunque a persone con cui sono abbastanza in confidenza. Ho visto il bando proprio su Il Filo del Mugello a febbraio scorso (articolo qui) – quindi grazie! – e dissi: “Partecipo”. C’ho messo un po’ per scegliere la poesia da mandare, perché non è la mia preferita, ma se avessi vinto, avrei voluto vincere con quella.
Quindi l’avevi già composta prima ancora del concorso? Sì, l’ho cercata tra cose che avevo già scritto. Perché io non mi metto a scrivere a tavolino. Non ce la faccio. Ci riesco quando ho l’ispirazione. Deve essere una cosa sul momento. E quella è una poesia di un anno fa che ho scritto una sera che ero con le mie amiche di Firenze, in città. Dovevamo ancora iniziare l’università. Fu un pomeriggio bellissimo, si parlò un sacco, del futuro, dei sogni, delle aspettative. E poi – come racconta anche la poesia – accadde questa scena inquietantissima sul Lungarno, bellissimo, illuminato, di una persona che cascò in terra, in un portone, e fece un urlo tremendo. Con una signora accanto che disperata lo soccorreva, con l’ambulanza che arrivò in tempi veloci. La gente s’accalcava e noi s’andò via, però fu una cosa di un impatto veramente intenso per me che ci pensai un sacco. Volevo scrivere qualcosa perché la bellezza del posto e delle nostre aspettative cozzava e andava totalmente in contrasto con quella situazione.
E il titolo come è venuto fuori? Dunque, mi misi a scriverla. Poi mio babbo, sebbene non parli tanto di queste cose, è capace di riassumere in due parole tutto il senso della cosa che tu hai scritto e del ragionamento che stai facendo. E quindi il titolo me l’ha dato lui. Grazie, babbo! Ho scelto questa poesia perché unisce vari aspetti di me e della mia sensibilità, anche del mio percorso di studi, Medicina.
Perché tu hai finito ora il primo anno di Medicina, vero? Sì, ho dato ora l’ultimo esame del primo anno. E’ solo scritto, vediamo come è andata.
Toglimi una curiosità. Tu vuoi diventare medico. Ma hai partecipato a tantissimi concorsi letterari. Perché? Dunque tutto è iniziato con la scuola, al liceo classico. I professori hanno iniziato a propormi di partecipare a queste cose, io l’ho fatto volentieri. Mi divertivo tantissimo, perché è la mia passione. La Medicina mi piace perché è la mia vocazione di lavoro, ma come passione personale c’è la letteratura. Ne ho fatti tanti nel tempo di concorsi, però questo è il primo che riguarda più “me”. Non è qualcosa che ho studiato, non è qualcosa che viene dalla testa, ma dal cuore. Quindi sono parecchio più emozionata rispetto alle altre volte, e parecchio più felice di questo riconoscimento.
Quante poesie hai nel cassetto? Forse un centinaio. Meno, via. Che si possano chiamare poesie, circa sessanta, forse.
Hai mai pensato di pubblicarle in una raccolta? Sì, ma, ecco, io ci lavoro su quel che scrivo, ma non è che ritocco tanto. Perché lo faccio sul momento, ma poi mi manca più la parte metodica. Magari quando avrò più tempo. Forse questo è un mio difetto, anche confrontandomi con altri amici che scrivono poesie. Loro sono sempre a ritoccarle.
Ma non è un po’ ingiusto chiamarlo un difetto? Non potrebbe essere semplicemente il tuo stile? Magari è il mio stile, sì. Io ormai faccio così. Però penso anche che se ritoccassi un po’ di più, forse… Perché è tutto un lavoro di trovare la parola che corrisponde al mistero che tu hai vissuto. Quindi è sì un lavoro di sentimento, ma anche di metodo, di testa, di ricerca. Quindi se ci pensassi un minuto in più… Comunque è tutta strada da fare e… si parte da qui!
Abbiamo capito che scrivi le tue poesie di getto. Quando le rileggi ci trovi delle metriche precise oppure no? Il mio stile di scrittura si è evoluto nel tempo. Sono partita con scrivere versi “super liberi” e anche – a posteriori, quando li rileggo – senza ritmo. Era forse una fase in cui mi dovevo un po’ “sgrezzare”. Ultimamente invece tendo a scrivere in metri. Cioè spontaneamente mi viene tipo in novenario. Infatti Pascoli è il mio modello di riferimento per quanto riguarda la musicalità, come ritmo. Le ultime poesie che ho scritto sono tutte con rime e con metro. Però dipende molto dalla composizione e dal sentimento.
Hai detto “Pascoli”, quale è la sua opera che preferisci? E perché? C’è una poesia che ho scoperto da poco tramite un mio amico che è “La Messa”, che è l’ultima di lui che mi sono imparata a memoria, che parla del funerale della sua mamma. Non l’ho fatta a scuola. Ovviamente tutte quelle scolastiche mi sono piaciute molto, però questa ha una marcia in più perché unisce la profondità del sentimento della vita, il suo verso, la sofferenza e la bellezza. A me di lui piace questo. Il mettere insieme cose concrete, piccole ma anche la loro grandezza, e ciò che vivi in relazione a quelle.
Ultima domanda. Sei stata una di quei giovani che sono andati a Cracovia per la Giornata mondiale della Gioventù. Hai scritto qualcosa su quella esperienza? Ho scritto tanto diario, non poesie. Magari qualche poesia mi verrà tra un po’, ripensando a quelle sensazioni. Non ho avuto tanto tempo lì per cogliere l’attimo dell’ispirazione.
Massimo Mugello
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 25 settembre 2016