Giuseppe Vettori, la pietra serena di Firenzuola e le cave in galleria
FIRENZUOLA – Giuseppe Vettori è nato a Firenzuola nell’ottobre del 1924, quando il Comune contava più di 13.000 abitanti e nel capoluogo, dove viveva la sua famiglia, c’era, dalla fine del 1700, il Seminario, che faceva anche scuola ai giovani del paese. Giuseppe vi fece studi importanti per quel tempo, giungendo fino al ginnasio. Poi a diciotto anni, dovette andare militare e fu nell’aeronautica, alla scuola di guerra aerea nell’aeroporto militare di Ponte San Giovanni (PG).
La guerra, che oggi torna a riaffacciarsi, lo vide nell’equipaggio di un aereo che viene colpito e cade nel golfo di Napoli. Ferito ad una gamba; appena guarito viene riportato all’aeroporto di Orvieto, ma siamo nel settembre del 1943 e tutto si sfascia. Riesce a ritornare a Firenzuola, e ben presto decide di darsi alla macchia, con altri giovani di Firenzuola, che entrano nella 37° Brigata Garibaldi sulla Faggiola.
Dopo la guerra entra a lavorare in Comune, che allora era a Cornacchiaia, essendo Firenzuola interamente distrutta dal bombardamento Americano.
Nel dopoguerra è tra i fondatori della Cooperativa Scalpellini che unendo i numerosi scalpellini locali, che divisi non contavano nulla, li porterà a divenire una delle più importanti aziende del settore. Giuseppe ne sarà poi il presidente fino alla chiusura per l’improvvisa grande crisi mondiale del 2008, frutto del fallimento della bolla finanziaria del mercato immobiliare USA, gonfiato dai mutui subprime, concessi a clienti “ad alto rischio”.
Per i suoi 90 anni pubblica un libro che intitola “Dolci Pietre dure” a chiusura di una storia distrutta dal peggio della globalizzazione.
Ma torniamo indietro di qualche anno. Nel 2004, ad 80 anni, Giuseppe si butta anima e corpo nella sua ultima avventura imprenditoriale (1): l’estrazione della pietra serena in sotterraneo.
Le cave di pietra serena, procedono all’estrazione dei blocchi, scendendo dall’alto in basso e la cava della Cooperativa Scalpellini srl a Brento Alta era arrivata alla fine. Rimaneva solo una parete scolpita dai ricorsi dei filari e delle marne. Giuseppe mise in moto tutte le competenze necessarie per verificare la possibilità di cavare in galleria, come avviene da anni in molti posti,lontano dal comprensorio della pietra di Firenzuola. Nel novembre 2004 presenta un progetto preliminare per la coltivazione in sotterraneo e un anno dopo, acquistati i macchinari necessari ed ottenute le autorizzazioni viene effettuato un saggio: una galleria di piccole dimensioni al fine di ricavare ulteriori dati per definire l’ammasso roccioso e valutare la fattibilità ed i vantaggi del metodo estrattivo in sotterraneo.
Nell’ottobre del 2006 vi è la presentazione del progetto esecutivo, redatto da tecnici specialisti (ingegneri geotecnici e geologi) di Vicenza, esperti in questo tipo di lavorazione, dal momento che le cave in sotterraneo della pietra tenera di Vicenza, hanno origine nel medioevo.
La pietra Serena di Firenzuola, non è massiva come quella dei colli berici ma stratificata in banchi fino a 3 metri circa di spessore e con zone di discontinuità al suo interno. Questa differenza impone tecniche diverse nell’esecuzione delle gallerie, che sostanzialmente si possono ricondurre all’esecuzione, ove necessario, di un attento sistema di sostegno della volta, attraverso bullonature.
L’ammasso roccioso della Pietra Serena di Firenzuola è costituito da strati di arenaria e di marne con comportamento diverso tra loro. La raccolta dei dati preliminari e il ricorso a misure dirette, in corso d’opera e ripetute nel tempo è servito per definire un modello dell’ammasso
in sito. In particolare i dati del comportamento di una galleria pilota hanno permesso di calibrare il modello del sistema ammasso-cavità.
La volta di una galleria, eseguita su roccia stratificata, può essere soggetta a deformazioni, tanto più elevate, quanto minore è lo spessore dei singoli strati. Unendo però più strati attraverso chiodature, li si trasforma in un unico strato, riducendo quindi tensioni e deformazioni e permettendo l’apertura di gallerie di notevoli luci.
Il progetto elaborato prevedeva la costruzione di due gallerie di ingresso larghe 9 mt ed alte 8,5 mt, protette da portali d’acciaio o cemento armato. Le due gallerie parallele si sviluppavano in immersione del 20%.
La galleria secondaria, coincidente con quella del saggio, sarebbe servita per il transito delle tubazioni di servizio (espulsione acqua, ingresso corrente elettrica ,..) quella principale per il transito degli operai, dei mezzi di trasporto e della condotta di ventilazione.
La fase estrattiva prevedeva tre lotti successivi, per ognuno dei quali utilizzando la tecnica detta a “camere e pilastri” che consiste nello scavo di tutto il materiale utile, ad eccezione dei volumi costituenti i pilastri di roccia, che hanno il compito di sostenere la volta.
La cava quindi sarebbe stata costituita da una galleria principale dalla quale si dipartivano ad angolo retto delle gallerie secondarie, formando una sorta d’intreccio a scacchiera. Salvo aggiustamenti in corso d’esecuzione, le camere erano previste di 9×9 mt (7×7 nelle zone con maggiore sovracopertura) ed i pilastri di 7×7. Tutte le lavorazioni sarebbero avvenute con la presenza di una ventilazione forzata sul fronte di scavo (ventilazione premente) previa realizzazione di tutte le infrastrutture necessarie all’attività della cava, quali le vasche di raccolta delle acque di infiltrazione e dei fanghi di segagione, il sistema di espulsione delle acque, l’impianto di illuminazione. Mano a mano che le camere situate nelle aree più profonde e periferiche della cava sarebbero state ultimate, potevano essere utilizzate per accumularvi i volumi di pietrame di risulta e le marne di scarto (galestro).
La macchina utilizzata per la coltivazione era una segatrice a cinghia diamantata posizionata su un telaio di sostegno semovente e la sega può alzarsi su una coppia di colonne di sostegno, che consente tagli all’altezza voluta. La metodologia estrattiva prevede di tagliare i blocchi al tetto, al letto e sui fianchi, inserire nei tagli dei “cuscini” dilatori in metallo che gonfiati a bassa pressione tramite acqua si espandono e consentono il distacco del blocco, che mediante una pala meccanica con forca, viene sfilato e portato all’esterno per l’inoltro alle segherie.
Nel procedere della lavorazione, la copertura delle camere, poteva presentare fenomeni deformativi ed era quindi previsto di eseguire opportune bullonature al fine di bloccare ogni movimento, rendendo la copertura un solido uniforme. La bullonatura è costituita da barre di acciaio FeB44K ad aderenza migliorata con testina ad espansione, che a parte le dimensioni, lavora con lo stesso principio dei tasselli da muratura. Eseguito il foro la barra viene fissata tramite iniezione di boiacca cementizia, procedendo poi alla chiusura del foro con una piastra di ancoraggio. Nel caso di zone fratturate di poco spessore, possono essere utilizzabili bulloni espandibili del tipo Swellex.
Siamo però arrivati al 2007-2008 ed il mondo occidentale vede i dipendenti della Lehman Brothers uscire dai loro uffici con in mano delle scatole piene delle loro cose. Tutti a casa.
I mutui concessi troppo allegramente negli USA arrivano anche qui da noi, dove per avere un mutuo servono più garanzie che capelli. Una dietro l’altra tutte le grosse aziende della pietra serena di Firenzuola entrano in crisi e così finisce anche l’avventura di Beppe in galleria. Forse ora che le schiene piegate degli “scalpellini” (2) si sono raddrizzate, qualcuno vorrà riprendere il cammino da lui aperto.
Fausto Giovannardi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – aprile 2024
1 Nel 1972 è stato tra i soci fondatori della Cooperativa Agricola di Firenzuola, ma questa è un’altra storia che andrebbe raccontata in un altro contesto.
grande