Il mugellano Bernardo Paoli da Vespa a “Porta a Porta” per parlare di Mosca e della Russia
BORGO SAN LORENZO – Domani sera, martedì 5 aprile, salvo imprevisti, a “Porta a Porta”, con Bruno Vespa su RAI1 ci sarà un mugellano. E’ Bernardo Paoli, 48 anni, originario di Borgo San Lorenzo, figlio del professor Roberto Paoli (scheda) e della professoressa Renata Innocenti (articolo qui).
Bernardo, da più di metà della sua vita fa avanti e indietro tra l’Italia, dove è nato, e la Russia, dove abita e lavora, titolare, a Mosca, di un’agenzia che aiutava ogni anno centinaia di studenti russi a iscriversi nelle università di tutta Europa, Italia compresa. La guerra gli sta cambiando la vita: dalla Russia non si vola più, le sanzioni hanno isolato il Paese e Putin ha inserito anche l’Italia nella lista dei Paesi ostili, i cui cittadini nelle prossime settimane potrebbero essere obbligati a lasciare Mosca. Eppure l’imprenditore mugellano, come ha spiegato in un podcast pubblicato sul Corriere della Sera di oggi, e come aveva testimoniato in alcuni interventi sull’emittente TV2000, non ha nessuna intenzione di lasciare la Russia.
“Mosca – ha detto – è una città nei confronti della quale io non posso essere neutrale o privo di sentimenti. E’ la città in cui sono diventato la persona che sono, con i miei pregi e con i miei difetti, e di conseguenza la considero come la mia città: come Firenze è la mia città natale così Mosca è la città in cui sono cresciuto e sono diventato la persone che sono. Ne conosco ogni angolo, la amo moltissimo, sarebbe uno strappo troppo forte per me riuscire a lasciare questa città o essere costretto a farlo”.
Paoli frequenta la Russia dal 1994, pochi anni dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica quando il presidente era Boris Yeltsin e nessuno aveva idea di chi fosse Putin. Paoli si trasferì dal Mugello in Russia come studente universitario con un programma di scambio, poi ci ha svolto il dottorato e infine è diventato un imprenditore.
La guerra lo ha sorpreso in Italia: “Mi trovavo – ha spiegato a Francesco Giambertone del “Corriere- casualmente in Italia, per una settimana bianca che mi ero ritagliato per andare a sciare sulle Dolomiti. Fino al 23 sera non avevamo nessuna avvisaglia che sarebbe stata così repentina la crisi fra Russia e Ucraina e quindi il 24 mattina ci siamo svegliati e abbiamo ricevuto questa notizia dell’inizio di questa “operazione speciale” come appunto si deve chiamare da qua ciò che sta avvenendo in Ucraina. E’ stato come se ovviamente il mondo ci crollasse addosso perché per noi che abbiamo sempre fatto un mestiere legato a costruire dei ponti tramite la formazione, dando la possibilità a studenti russi ma anche ucraini di viaggiare verso l’Italia verso l’Europa, era come se stesse crollando un po’ tutto quello che avevamo costruito. Quindi è stata un’affannosa ricerca di notizie e anche un’affannosa ricerca di come riuscire a tornare in Russia. Non mi è mai sfiorato nemmeno per un momento l’idea che io potessi non tornare in Russia. E’ la mia casa è il paese in cui vivo”.
Così Bernardo Paoli, dopo una decina di giorni trascorsi in Italia, ha deciso di rientrare. I voli commerciali verso la Russia erano già stati vietati dall’Europa. Così ha preso l’aereo per la Finlandia, ha noleggiato un’auto e con un viaggio di 30 ore, passando da San Pietroburgo è arrivato nella capitale russa.
E ha constatato di trovarsi in una realtà nella quale fare il suo lavoro di connessione culturale, di costruzione di ponti tra i giovani russi e l’Europa era diventato praticamente impossibile: “Il nostro lavoro – racconta da Mosca – è molto limitato in questo momento dalla legislazione che è entrata in vigore nell’ultimo mese, sia per la difficoltà di trovare voli, sia per la difficoltà nel pagare i programmi di studio da parte dei cittadini russi, sia per la difficoltà nostra di ricevere le commissioni da parte delle università europee.
La sua azienda dà lavoro a Mosca a 17 persone e ora sta pensando a come organizzarsi: “Quello che noi facciamo adesso è lavorare sulla testa delle persone, overo convincere i genitori degli studenti russi che l’Italia e l’Europa sono dei posti sicuri per un russo che si voglia trasferire. C’è molta propaganda in questo senso alla televisione e su Internet in Russia: si indicano i Paesi europei come posti insicuri, in questo momento per i cittadini russi, si dice che ci siano molti episodi della cosiddetta russofobia, e che ci siano episodi di espulsione di studenti russi dalle università europee. In verità questi casi di discriminazione verso i privati cittadini russi in Europa sono rarissimi se non inesistenti”.
Paoli è preoccupato: “Anche qui in Russia rimarrà una profonda spaccatura che sarà molto difficile rimarginare e occorrerà molto tempo per riuscire a ripristinare una situazione simile a quella che avevamo fino al 24 di Febbraio. Sto vedendo un cambiamento di mentalità nella testa delle persone e una polarizzazione dei giudizi anche all’interno della società russa che era già presente prima ma adesso sta diventando sempre più evidente. Chi era contrario alla politica di Putin si è convinto ancora di più, e sta lasciando la Russia o comunque è entrato in profonda crisi. Molte persone mi hanno detto in conversazione privata di vergognarsi di essere russi. Però questa è una posizione minoritaria: la maggioranza della popolazione segue la propaganda, segue il presidente, ed è assolutamente convinta che la colpa del conflitto qualunque sia il suo nome sia assolutamente attribuibile all’Ucraina, gli Stati Uniti, alla NATO, all’Europa, e che la Russia non avesse altra possibilità. Questa è una frattura all’interno della società russa difficilmente componibile, e considerando che il sostegno al presidente Putin è maggioritario, anche con questo si dovranno fare i conti nel momento in cui la guerra finirà”.
Sono cugino della madre di Bernardo Paoli. È molto tempo che non ho più contatti. Vorrei oncontrarli.⁷