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Il “redde rationem” nel Pd di Borgo San Lorenzo
BORGO SAN LORENZO – Già qualche tempo fa su queste pagine si era scritto sui due PD di Borgo San Lorenzo (articolo qui). E anche gli eventi e le crescenti turbolenze degli ultimi giorni confermano l’esistenza di queste due entità ormai distinte e distanti.
Chi segue la cronaca politica ha ben chiaro il quadro ma proviamo a ricapitolarlo un attimo, con qualche inevitabile semplificazione.
Il Pd borghigiano – che oggi conta tra i 250 e i 300 iscritti – ormai da anni vede al suo interno almeno due grosse correnti. Una più composita, che mette insieme ex-pci riformisti, ex-socialisti, ex-popolari, più marcatamente di centrosinistra; l’altra frequentata soprattutto dagli ex-pci e ds, di varie generazioni, dallo zoccolo duro d’annata fino a qualche giovane legato strettamente alla cultura politica di sinistra.
Per non far nomi, della prima fanno parte il sindaco Paolo Omoboni – che è arrivato al Pd dopo una lunga militanza socialista – la vicesindaco Cristina Becchi – che invece ha sempre fatto parte del Pd -, Giacomo Bagni, ex-popolare, a lungo segretario del Pd borghigiano, e figura capace di mediazione politica, la giovane segretaria attuale Giorgia Baluganti, la consigliera Stefania Ciardi, gli assessori Carlotta Tai e Franco Frandi, la presidente del Consiglio comunale Laura Taronna, il capogruppo Niccolò Grifoni; ma anche Sandra Maggi, che fu vicesindaco pci e poi presidente dell’Istituto degli Innocenti, e Giorgio Gera, sindaco pci a San Godenzo e assessore a Borgo San Lorenzo. Nel gruppo “di sinistra” l’ex-sindaco e presidente di Consiag e altre società Luciano Baggiani, l’ex-sindaco Antonio Margheri, poi Sonia Spacchini, che fu clamorosamente sconfitta alle primarie da Omoboni dieci anni fa, Silvia Notaro e suo padre Giuseppe, già funzionario del Pci borghigiano e presidente della Comunità Montana, l’ex-assessore Gabriele Timpanelli, Sauro Verdi e qualche altro. L’assessore Alessandro Galeotti e la consigliera comunale Irene Pieroni, a lungo in quel gruppo, se ne sono andati non condividendo modi e atteggiamenti del gruppo stesso, come ha dimostrato anche la dura presa di posizione di Pieroni a proposito delle ultime vicende (articolo qui), e si sono avvicinati alle posizioni del gruppo riformista.
La seconda componente, quella di sinistra, negli ultimi anni, è risultata minoritaria, perdendo negli ultimi tempi anche qualche pezzo significativo – Pieroni e Galeotti, come sopra si diceva -. La prima ha da tempo il controllo del partito, avendo vinto sempre gli ultimi congressi.
I due gruppi sono sempre stati su fronti opposti, su molte cose. Già le primarie Omoboni – Spacchini nel 2013. Poi il duro scontro per la segreteria tra la stessa Spacchini e Becchi. E in generale, il primo gruppo era renziano quando Renzi era segretario del Pd, i secondi anti-renziani. Poi i primi Bonacciniani, e gli altri per la Schlein. Tra l’altro, il congresso con voto su Bonaccini e Schlein a Borgo, tenutosi meno di un anno fa, ha confermato la prevalenza dell’area riformista, con il 72% dei consensi degli iscritti a Bonaccini, e solo il 27% alla Schlein (articolo qui). Risultato ribaltato poi nelle primarie “aperte” (articolo qui).
La richiesta delle primarie ora avanzata dalla minoranza Pd conta sicuramente di replicare lo schema che si ebbe per Bonaccini-Schlein: andarono a votare alle primarie anche molti non Pd, o addirittura avversari del Pd, che alla fine decisero chi doveva essere il nuovo segretario Dem. Con le primarie per il sindaco a Borgo San Lorenzo potrebbe ora accadere lo stesso. Se nel partito la maggioranza è orientata verso la candidatura di Cristina Becchi, nel gruppo anti-Becchi si conta che le primarie aperte, con l’apporto di votanti extra-pd, possa ribaltare la prospettiva.
Nella reiterata richiesta delle primarie c’è anche una seconda possibile chiave di lettura: il gruppo di sinistra del Pd – che già da più di un anno si è rifiutato di entrare negli organi di partito a livello locale – si potrebbe preparare a lasciare il partito, per stringere un’alleanza con Borgo in Comune e Rifondazione Comunista, con i Cinque Stelle e altre realtà di sinistra, e il rifiuto delle primarie sarebbe così solo l’occasione propizia per sbattere la porta, e per andare a un matrimonio già da tempo concordato. E non è detto che allora Timpanelli sia il candidato sindaco. Magari potrebbe entrare in gioco nuovamente una candidatura Romagnoli con vice Timpanelli.
Del resto il gruppo Timpanelli-Notaro-Margheri lo ha già evidenziato almeno in un paio di note (articolo qui): l’intenzione chiara è quella di cercare un’alleanza con “Borgo in Comune” (Romagnoli, Rifondazione e altri elementi di sinistra), il gruppo che più di tutti in questi cinque anni ha contestato tutte le principali scelte della giunta a guida Pd.
Non solo, chiedendo discontinuità e cambiamento, il gruppo di Timpanelli-Notaro-Margheri è fortemente critico con l’amministrazione sostenuta da sempre dal loro partito, con posizioni che vanno a coincidere più con l’opposizione di sinistra, che con quelle della giunta Pd. È anche vero che Romagnoli è stato per quindici anni assessore nelle giunte “rosse” guidate, per un lungo periodo, dallo stesso Margheri.
Difficile pensare a una conciliazione. La rottura ormai è dietro l’angolo.
P.G.
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 5 gennaio 2024
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