Modifiche antropiche al paesaggio agrario e forestale: suggerimenti d’intervento per il Mugello (e la Toscana)
MUGELLO – Il Laboratorio Ambientale Mugellano continua con la sua opera di informazione e di approfondimento sui temi energetici (articolo qui). Così, dopo aver inquadrato la questione, affrontato le tematiche dell’eolico (articolo qui), delle biomasse (articolo qui), dell’energia solare (articolo qui), dell’idroelettrico (articolo qui) e dell’importanza dell’acqua (articolo qui), si concentra su un tema molto importante: le modifiche antropiche al paesaggio agrario e forestale, con suggerimenti d’intervento per il Mugello e la Toscana.
“Il paesaggio è definito come una porzione di territorio considerata dal punto di vista prospettico o descrittivo, per lo più con un senso affettivo cui può associarsi anche un’esigenza di ordine artistico ed estetico. Si definisce anche come il complesso di elementi, naturali e artificiali, caratteristici di una zona determinata.” (fonte: wikipedia)
Il paesaggio agrario e forestale del vecchio continente ha subito moltissime modifiche da parte dell’Uomo fin da epoche antichissime. Già in epoca romana l’impronta dell’Uomo è stata notevole e spesso devastatrice, pensiamo all’abbattimento ed alla scomparsa dei grandi mammiferi così come all’abbattimento di enormi superfici forestali.
Se ci concentriamo su quello che è successo dopo la seconda guerra mondiale possiamo mettere in risalto molti aspetti del paesaggio in relazione alla sua modifica da parte umana, ad esempio: la copertura vegetale, i terrazzamenti, la gestione e manutenzione delle sponde dei fiumi e dei torrenti, la distruzione degli stagni e delle aree palustri, il modello di gestione agraria e dell’allevamento animale, l’urbanizzazione.
In tempi recenti gli impatti dell’agricoltura e dell’agroindustria si sono susseguiti ad un ritmo incessante specialmente per far posto alla sempre più forte e spinta meccanizzazione. L’abbandono graduale ma veloce della trazione animale e della manodopera ha lasciato il posto in appena due decenni, anni ’60 e ’70 del secolo scorso, al lavoro esclusivo delle macchine, dei fertilizzanti, dei pesticidi e delle monocolture. Tutto questo anche sulla spinta della cosiddetta “rivoluzione verde” di Norman Borlaug e degli Stati Uniti D’America.
Le campagne hanno assunto l’aspetto di sistemi agricoli sempre più monotòni e monotoni e sempre meno ricchi di flora, fauna e biodiversità. I filari di alberi e siepi che circondavano ogni campo coltivato sono stati velocemente abbattuti per far posto al passaggio di trattrici e macchine sempre più grandi e potenti anche con la supponenza e la pretesa di aumentare la produttività. Il sistema agricolo precedente è stato completamente sconvolto alterando molti equilibri e fornendo una maggiore “produttività” solamente apparente ed escludendo qualsiasi conteggio delle “esternalità” negative, ad esempio i danni al suolo ed alla biodiversità.
Le piante “ripariali”, quelle che affiancano fiumi, torrenti e ruscelli, molto spesso sono state tagliate con la convinzione di consentire maggiore insolazione alle colture e per migliorare il passaggio dei mezzi. Tale pratica, tutt’ora in atto, ha quasi esclusivamente effetti negativi specialmente quando è operata in modo sconsiderato e poco attento alle esigenze biologiche ed ecosistemiche: erosione delle sponde con crollo e ripascimento degli alvei stessi, distruzione o forte alterazione dell’ecosistema torrentizio o di ruscello (gli organismi che vivono e gravitano in questo habitat, hanno necessità di ombreggiamento; l’ombreggiamento è anche funzionale all’abbassamento della temperatura delle acque che se supera determinati valori non consente il regolare ciclo biologico delle specie qui presenti; il materiale organico delle piante ripariali in continua caduta (lettiera) serve come nutrimento dei microorganismi che vivono in e fuori alveo; la vegetazione, arborea, arbustiva ed erbacea delle sponde è habitat per molte specie sia animali che vegetali; inoltre i tagli contribuiscono al peggioramento del microclima dei campi a causa della maggiore aggressività del vento e delle basse temperature; le arature attuate, oltreché troppo profonde, sono eseguite a franapoggio invece che a cavalcapoggio e reggipoggio, favorendo fenomeni erosivi e di perdita di suolo fertile. Le vigne oggi sono impiantate quasi esclusivamente a rittochino e franapoggio favorendo l’erosione, i crolli e la trattenuta di acqua.
In molti, specialmente in campo agricolo, credono che tagliare questa vegetazione sia una pratica utile e foriera di maggior produttività. Questo assunto non ha nessun riscontro scientifico, anzi favorisce sicuramente un peggioramento ed una “decadenza” ambientale a tutto tondo senza giungere allo scopo auspicato.
Alcuni esempi: le piante e le siepi camporili fornivano molti servizi, cosiddetti ecosistemici, come la fornitura di ombra nei periodi più soleggiati, l’abbattimento della velocità del vento, il filtraggio delle polveri, l’abbattimento del rumore, la fornitura di frutti, compreso il tartufo di cui il Mugello era ricchissimo (lo è anche oggi ma in misura minore), la presenza di maggiore biodiversità intesa come numero di specie presenti sia vegetali che animali, la bellezza e la tipicità paesaggistica.
A proposito di biodiversità: definita come la varietà di tutte le forme di vita presenti sulla Terra: è fondamentale per gli equilibri di ogni forma vivente compreso la nostra, quella degli umani. Pensiamo al ruolo svolto dagli insetti pronubi (impollinatori) oggi sempre meno presenti anche per mancanza di siepi e alberi e per l’uso indiscriminato di pesticidi e diserbanti. La biodiversità è fortemente attaccata dall’agroindustria (pratica che prevede gli allevamenti intensivi con tutti i loro risvolti negativi).
Il ruolo della vegetazione intorno ai campi ha caratterizzato il paesaggio agrario italiano ed in particolare quello toscano; il Mugello non fa eccezione. Molte pitture e scritti del passato lo testimoniano in modo eloquente ed anche Emilio Sereni nella sua “Storia del paesaggio agrario italiano” lo descrive molto bene.
Di seguito alcune specie di piante arboree ed arbustive tipiche delle campagne mugellane (e toscane) oggi meno presenti e, se presenti, spesso potate in modo indiscriminato e senza ragione: querce, salici, compreso il salice bianco var. vitellina per la produzione di “vinchi” (per legare le viti e non solo), pioppi, ontani, tigli, olmi, aceri, frassini, ciliegi, meli, peri, susini, prugni, albicocchi, mandorli, noci, allori, viburni, sanguinelli e cornioli, il bosso…
Il suolo, a causa dei sistemi di lavoro agroindustriali ha perso molta della sua fertilità anche per le modalità di lavorazione adottate: arature profonde, direzioni di aratura sbagliate in relazione alle pendenze, uso di sostanze artificiali, tra l’altro di derivazione da fonti fossili, espansione delle monocolture, scarse rotazioni e consociazioni, scarsa attenzione alla conservazione del suolo e dei suoi microrganismi.
Questi interventi hanno portato e sempre più porteranno ad un impoverimento pedologico, uccidendo la microfauna e microflora, fondamentali per il suo, del suolo, regolare, efficiente e costante funzionamento. Non dimentichiamoci che il suolo non è da considerarsi risorsa rinnovabile, almeno in tempi umani. Per formarsi, attraverso la pedogenesi, il terreno ha bisogno di decenni se non di centinaia e migliaia di anni. Una ulteriore perdita di suolo, tra l’altro tra i più fertili se non il più fertile di tutto il Mugello, è quello delle pianure alluvionali della Sieve sempre più aggrediti e cementificati da una urbanizzazione selvaggia e, visto il fallimento dell’attuale modello industriale, a beneficio di chi? Le promesse politiche del volume zero?
Il settore zootecnico a parte qualche eccezione, molto presente nel Mugello (e in Toscana) ha assunto i connotati di allevamento intensivo e semi-intensivo, opponendosi al concetto oggi così tanto in uso, di “sostenibilità”, intesa come la capacità di un ecosistema di produrre risorse e di smaltire i rifiuti prodotti mantenendo integro l’ambiente stesso anche per le generazioni future. La tipologia di allevamento e agricoltura adottata, meglio nota come agroindustria, è un modo che aderisce ai modelli industriali con tutte le problematiche che ne conseguono, che qui ricordo: impoverimento del suolo, inquinamento, diminuzione dei posti di lavoro, scarsa qualità del cibo (sottolineo che solo “in parte” il Mugello fa eccezione), scarsa attenzione al benessere animale, inadeguate retribuzione e riconoscimento per gli agricoltori/allevatori (pensiamo al basso pagamento del latte per gli allevatori mugellani, nonostante l’alta qualità, tema di cui si sta molto parlando in questi periodi).
In ambito forestale la Regione Toscana ed il Mugello hanno una situazione tutto sommato accettabile, anche in virtù di una buona legge forestale. Tuttavia anche in questo ambito gli interventi possono migliorare le attuali condizioni specialmente per la fornitura di legname di miglior qualità e di diversi assortimenti, oltre alla legna da ardere che comunque oggi più che mai torna a svolgere un ruolo fondamentale per gli ambienti rurali come l’area mugellana. (vedi articolo precedente).
In merito al settore forestale e del legno un’altra filiera che può essere incentivata è quello della produzione di pellet ottenuto da legno reperito in loco, esclusivamente in loco, cioè all’interno del territorio dell’Unione Montana.
Il settore castanicolo è un settore con buone possibilità di crescita, sia sul versante della produzione del frutto, in special modo per la produzione di farina, quanto del legno. Vi sono infatti molti cedui abbandonati in grado di fornire oltre al frutto per la farina, ottima paleria e buon legname da opera (travi e travicelli) oggi molto richiesti sul mercato dell’edilizia. Tra le altre cose, la farina di castagne è un prodotto che spunta ottimi prezzi sul mercato.
Conclusioni
Quelle che seguono sono delle personalissime proposte di intervento a fronte delle considerazioni fatte sia per il settore agrozootecnico che forestale:
- Ripristino di alberature e siepi “camporili”
- Passaggio graduale ad un’agricoltura di tipo “permaculturale”*
- Facilitazioni e convenienze al rilascio delle alberature/siepature già presenti (con incentivi e disincentivi)
- Passaggio graduale ad una zootecnia non intensiva né semintensiva avendo come finalità:
- il benessere animale
- l’altissima qualità dei prodotti ottenuti
- la costruzione di un mercato di prossimità che permetta un giusto ed equo guadagno per le aziende produttrici (sarebbe di grande aiuto anche un passaggio alle rinnovabili per la produzione energetica in azienda: solare fotovoltaico e termico, biogas prodotto dai residui aziendali e di tutto il comprensorio di valle).
- Incentivare il passaggio alle rinnovabili** (perché dobbiamo essere sempre dipendenti da altri Paesi per la fornitura di energia?) vedi articoli precedenti.
- Incentivare il coinvolgimento dei giovani nella gestione delle aziende (azioni PSR dedicate realmente a loro, ai giovani. Ad oggi gran parte se non tutti i fondi PSR sono andati a cooperative o grandi aziende (NB: basta controllare quanti di quei fondi sono arrivati alle singole aziende ed ai privati in Mugello).
- incentivi per il recupero dei castagneti da frutto ed i cedui
- Incentivi per una selvicoltura della Robinia pseudoacacia (specie molto versatile da non fruire solo per legna da ardere).
- Incentivi per la rinaturalizzazione volontaria di fasce verdi (sia in ambito pubblico che privato).
- Incentivazione per l’apicoltura
Proposte “progettuali” per EE.LL. (e per Regione Toscana): calendarizzazione dei seguenti interventi
- Adozione di un regolamento del verde e di linee guida per la gestione territoriale in agrozootecnia e selvicoltura;
- Censimento aree agricole e zootecniche: priorità di intervento per la “rinaturalizzazione” verde;
- Studio della potenzialità energetica per l’agrozootecnia: partendo dal documento già presente (rielaborazione del laboratorio ambientale Mugello su studio Ibionet e accertamento della superficie potenziale per impianti solari termici e fotovoltaici;
- Studio di fattibilità di piccoli invasi e stagni con molteplici funzionalità anche alla luce degli effetti dei cambiamenti climatici: abbeveraggio, irrigazione, antincendio, produzione energetica, sport e ricreazione (partire dal progetto dei laghetti per compensazione danni TAV già finanziato con addendum?!) e di cui si sono “perse ?!” le tracce;
- Incontri con aziende e compilazione di un elenco di aziende favorevoli al “rinnovamento”;
- Incontri formativi per la conoscenza delle tecniche permacolturali per le aziende agrozootecniche e per i cittadini;
- Scelta di aziende pilota che intendano partire con sistemi permaculturali almeno per una piccola frazione della loro azienda;
- Incontri con i cittadini ed altri portatori di interesse (per possibili cooperative energetiche fondamentali per ottemperare alle richieste auspicate dal Patto dei Sindaci già approvato dal comune di Borgo san Lorenzo e dall’Unione Montana);
- Trovare una o più aziende che dedichino una piccola parte della loro impresa all’applicazione di sistemi permaculturali (progetti pilota), anche con la supervisione di Università e CNR;
- Preparazione di azioni sul PSR che favoriscano realmente anche la singola azienda ed il privato, vista la forte parcellizzazione della proprietà, ad una selvicoltura di recupero almeno per le due tipologie forestali citate: castagno e robinia;
- Bandi di gara (?!) o assegnazione diretta per “consegnare” la progettualità esecutiva delle proposte.
*Permacultura: è un insieme di pratiche mirate, per progettare e gestire paesaggi antropizzati che soddisfino i bisogni della popolazione quali cibo, fibre ed energia e al contempo presentino la resilienza, ricchezza e stabilità degli ecosistemi naturali. Il concetto di permacultura è stato sviluppato a partire dagli anni settanta del secolo scorso da Bill Mollison e David Holmgren attingendo da varie aree quali architettura, biologia, selvicoltura, agricoltura e zootecnia. Alcuni esempi di permacultura applicata: https://www.fermedubec.com/ https://krameterhof.at/ https://www.youtube.com/watch?v=YVRKN5bytvw https://www.tamera.org/
**Il laboratorio ambientale Mugello ha redatto un documento sulla transizione energetica per il Mugello.
NB:
I soldi del PNRR verranno erogati sulla base di progetti. Abbiamo poco tempo e poche persone formate ma dobbiamo provarci. Queste proposte vogliono essere un inizio di programma/progetto magari condiviso da tutti i comuni dell’Unione, per i settori agrozootecnico e forestale. Per il settore energetico specifico esiste un documento già in possesso di alcune amministrazioni ma che è strettamente correlato e funzionale al documento presente.
Fondamentale e necessario risulta anche il contatto fra amministrazione locale, Regione e gli altri attori che hanno potere decisionale sull’esecutività delle operazioni. Mi riferisco in particolar modo alle soprintendenze ed al genio civile (polizia idraulica).
Questo documento è stato elaborato dal Laboratorio Ambientale Mugello a cura Piero Mazzinghi, Anna Lupi e Giacomo Tagliaferri (e la preziosa collaborazione di Margherita Mansuino).
Laboratorio ambientale Mugello
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 7 agosto 2022
In tutto l’articolo sfugge la determinatezza di cosa effettivamente andare a fare , Cose che un vecchio contadino saprebbe fare senza aver bisogno di rifarsi
a trattati e a quanto altro avete proposto ,la cosa come andate a proporre nel vostro articolo risulta complessa e di difficile attuazione , le cose semplici sono senz’altro le più efficaci , ma tant’è almeno ne parlate .Lorenzone Della Gratella .