Muore il commercio ed il paese
BORGO SAN LORENZO – Nelle settimane scorse sono stato a comprare degli occhiali da sole. Che ce ne frega, penserete; nulla, certo lo so che non è una notizia. Ma era per cominciare a dire che avevo lasciato la macchina in Via Pananti e in nemmeno centro metri ho visto le saracinesche giù di nove o dieci attività commerciali. Sono rimasto di sasso. Una volta si parlava di Via Mazzini e Piazza Cavour, con le due propaggini allungate, in su e giù, verso Corso Matteotti, perché solo queste ho attraversato, come del “salotto buono” del Mugello. Addirittura. Borgo San Lorenzo era il luogo dello “struscio”, di un giro cogli amici, di un caffè o di un gelato d’estate, dove ci si andava per fare acquisti anche importanti. Intercettando persone anche dai comuni limitrofi. Non frequento molto la vita paesana, purtroppo, però mi sembra di vedere il medesimo scadimento e il medesimo deserto che ormai pervade gran parte dei centri cittadini, storici e non, della regione. Non ho titolo per pontificare sull’argomento, dal punto di vista della mia associazione sono altri i riferimenti territoriali e provinciali che peraltro stanno svolgendo molto bene il proprio compito, ma lo faccio ugualmente per l’attaccamento al mio paese e alla mia terra, che vedo sfiorire.
Bisogna partire dal Covid 19, volenti o nolenti. La pandemia ha fatto esplodere tutti i problemi sotto traccia e, a ottobre, una eventuale seconda ondata potrebbe determinare una catastrofe economica. Speriamo che l’estate corregga gli indicatori, stabilizzi la situazione sanitaria, che arrivino tutti i sostegni previsti dal punto di vista sociale e imprenditoriale e che si possa raggiungere un nuovo equilibrio.
La ripartenza però non è buona: il commercio segna decine di punti di flessione; dopo la fiammata della riapertura, infatti, i consumi stentano; sul turismo peggio mi sento: c’è il concreto rischio di perdere 14 milioni di presenze nel 2020 in Toscana, e per la campagna si parla mediamente di – 40% con gli stranieri ancora latitanti. A fare da fattore di conferma l’aumento di risparmio di imprese e di privati (certo, chi se l’è potuto permettere) che ha toccato + 6%. Che non è per niente poco. Ingenti risorse sottratte al consumo e ai servizi.
Questa crisi si riverbera e si inserisce in un reti commerciali fragili, a Borgo e in Toscana in genere, reti di commercio di vicinato ridotte all’osso e strangolate dalle scelte fatte nel corso degli anni a favore di migliaia e miglia di metri quadri di grande distribuzione. Mi sembra di averlo già accennato, su questa testata, ma lo ripeto per comodità di ragionamento, questi insediamenti di grande distribuzione in genere hanno azzerato la presenza di piccole attività alimentari e extra alimentare – salvo pochi coraggiosi che hanno resistito (e quanto comodo ci hanno fatto quando ognuno doveva fare la spesa nel proprio comune) – e insieme agli outlet, che hanno asciugato gran parte di attività di abbigliamento, riducendo, in larga misura la qualità dei negozi rimasti, hanno determinato il processo di desertificane dei centri cittadini e dei centri storici non interessati da importanti flussi turistici. Poi ci sono pochi volenterosi che non vogliono ammainare insegne storiche e prestigiose, e che la comunità dovrebbe difendere, per appartenenza, per non dismettere la qualità dei negozi, e affinché non cedano alla tentazione (più remunerativa) di affittare a attività di telefonia o forme di energia o servizi, per esempio.
Ma la situazione è sempre in fermento e, anche qui in generale, potremmo assistere ancora alla costruzione di altri cubi di cemento armato che ormai sono disseminati in quella campagna Toscana che poi cerchiamo di vendere nel mondo grazie alle celebri cartoline (AAA: ambientalisti cercasi disperatamente). Nuovi cubi di cemento pescando tra le migliaia di metri quadrati che i comuni hanno previsto e messo da una parte in attesa di investitori. Che ci sono, eccome. Ecco una prima azione bisognerebbe farla per capire quanto è ancora disponibile, cosa vogliono fare i comuni, se favoriranno altri insediamenti in periferia e se si impegnano con i fatti a tagliare previsioni commerciali o si limitano alle chiacchere. Se non peggio.
Insisto perché il fondamento del commercio è la possibilità di far fluire consumatori, il rovescio preciso della desertificazione; non è un problema la concorrenza. Anzi, ogni negozio che apre attira, e se attira gente con una pluralità di offerta favorisce scelta e acquisti. Il despecializzato si integra con i prodotti di nicchia e di qualità. Se non c’è nessuno non si vende nulla, se le persone sono nei centri artificiali, se all’outlet, se in provincia, se ai Gigli o in Valdichiana, nessuno vende nulla. Si può arrivare all’eccesso che chiude anche chi non ha concorrenti! Gli adulti si ricorderanno il negozio di pesce surgelato dei Barletti in Via Leonardo da Vinci, un prodotto senza concorrenti e con un’offerta di assoluto livello, che andava per la maggiore con risultati più che positivi; chiuso per assenza di persone. Trasferendosi da Via 1° maggio, la Coop aveva portato con sé quel giro di consumatori che fino a quel momento si era approvvigionato negli esercizi vicini e che ora non c’era più. Se c’è rifrullo si fa un caffè in più, si vende una maglietta che colpisce per colore o fattura, si compra il pane insieme alla schiacciata: o un giornale, una rivista, un fiore, un paio di orecchini.
La seconda opzione quindi dovrebbe porsi il problema di riportare le persone nel centro. Anche qui una riflessione sui servizi presenti, su quelli decentrati, sugli uffici e sugli attrattori di flusso di cittadini, sulla qualità e sulla pluralità di offerta, sulle politiche abitative e di sviluppo. Che equilibrio trovare, quali iniziative intraprendere, che certo non è far passare le mucche da Via Mazzini. Un tema può essere quello della presenza dell’alimentare – elemento di base nella spesa delle famiglie – che se mostra qualche problema non risulta essere un polo di attrazione e non è un valore aggiunto per la località.
Si punta sulla qualità se la grande impresa punta sul risparmio? Prodotti di tendenza per controbattere chi vende l’illusione di una firma a buon mercato?
Converrebbe coinvolgere tutti i soggetti in una riflessione generale, comune, uffici pubblici, CCN, commercianti certo, ma anche artigiani e professionisti, proprietari di fondi e di appartamenti, per capire cosa fare, come ri-caratterizzare il luogo, che missione darsi come amministrazione: perché un cittadino della zona dovrebbe tornare qui, scegliere opzioni di investimento. Città verde e ecologica? Grande parcheggio interrato? Città dello sport? E chi ha idee si faccia avanti. Magari con gli Stati Generali delle città o dei paesi, ultimamente tornati di moda.
Aiuterebbe non poco avere una visione come Mugello. Come unico Comune. Una promozione unica e unitaria, grandi eventi, collegamento con Firenze, valorizzare le eccellenze, dall’Autodromo in giù, calendari e iniziative condivise, innalzamento della qualità di quello che si propone eccetera. Ma questo è un altro discorso, magari ci tornerò. Visti i pessimi rapporti raggiunti in questi anni tra i sindaci mi pare una roba da Titani. Ma torniamo a noi.
La desertificazione dei paesi di una certa dimensione sono una bomba a orologeria innescata. Ormai gli esempi si sprecano. Se chiude il commercio chiudono le città, ci sono meno occasioni di relazioni sociali, meno servizi per anziani e fasce deboli, meno soldi provenienti dalle tasse, tariffe più care perché mancano le imprese a sostenerne la condivisione, meno affitti e meno risorse in giro e meno tasse ancora una volta (che poi il Comune dovrà aumentare quello che può per mantenere servizi e far quadrare i conti). Meno posti di lavoro nelle botteghe che significano altri stipendi in meno, non controbilanciati dalle grandi strutture, che ne distruggono in quantità, come ormai accertato. Il passo dopo è il cambiamento di insediamento sociale discriminante e l’aumento del disagio.
Poi possiamo fare polemica con l’assessore, quello sempre con tutti gli assessori di tutti i comuni, o su un pezzo di strada chiusa (ridagli con queste strade e queste piazze!), ma, sinceramente mi sembra un dettaglio. Si scambia la trave con la pagliuzza. Poi capisco bene la smania di affermare un logo o un nome, non vengo mica da Marte, purché non si faccia la fine dei polli di Renzo che si becchettavano mentre erano destinati alla padella, e lo si faccia con correttezza, con rispetto e avendo chiare le emergenze, senza ricorrere artatamente a divisioni nelle categorie, immaginandosi addirittura la formazione di più agglomerati associativi di vicinato. Salvo che ne venga dimostrata l’utilità e l’efficacia.
Ecco qui il comune potrebbe fare qualcosa, politicamente non come norma, pretendere di fare fronte comune, ingaggiare tutti i disponibili, mettere davanti a tutto la sopravvivenza delle imprese e del luogo stesso dove viviamo e cresciamo i figli, con cospicui sostegni sui progetti operativi. La padella si avvicina.
Massimo Biagioni
©️ Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 26 luglio 2020
Massimo:
le cose che dici sono pura verità e sono sotto gli occhi di tutti.
Ma io che non sono tanto giovane ricordo bene il cosiddetto status quo ante.
Prima dell’ingresso sul mercato di e-commerce, grande distribuzione ed outlet c’era una sorta di monopolio da parte dei negozi di vicinato.
Se volevi acquistare un oggetto e non intendevi o non potevi spostarti su Firenze era o mangiare questa minestra(pagando il relativo salato prezzo) o saltare dalla finestra.
Ricordo personalmente decine di casi che mi hanno riguardato.
L’apertura e l’allargamento del mercato per il compratore hanno significato ampliamento dell’offerta e prezzi concorrenziali a parità di qualità.
La stragrande maggioranza dei negozianti sono dei bottegai che fanno fatica a dire buongiorno…si ritrovano fondi di proprietà a casa non ci vogliono stare e il negozio anche se non vende tanto se lo fanno andare bene lo stesso..non gli interessa minimamente accalappiarsi clienti..non tutti ma la grande maggioranza non ci sanno fare ..
Congratulazioni Massimo dimostri una sensibilità rara .Per tornare a il primo
sindaco socialista di borgo , erano altri tempi. perché non ti candidi a sindaco
di Borgo san Lorenzo , avresti senz’altro la mia condivisione .
Lorenzone Della Gratella .