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Musei mugellani, strategie comuni per valorizzarli di più
MUGELLO – I musei locali di piccole e medie dimensioni sono molto comuni e minuziosamente diffusi in Italia. Questo insieme di piccoli e medi complessi formano un valore in sé di assoluto rilievo e, se opportunatamente gestiti e se impiegati come capisaldi per la conservazione e valorizzazione sociale di massa del patrimonio del territorio, potrebbero diventare un volano di sviluppo per le aree dove sono dislocati con benefici sociali ed economici non indifferenti.
Il museo di Casa d’Erci
Quanto detto vale anche per i nostri musei (quattordici compreso il mulino Faini), i quali sono di tutto rispetto sia per i temi trattati che per gli allestimenti. Infatti, ad un osservatore anche poco attento, salta subito agli occhi l’importanza e la bellezza di queste pinacoteche, inserite nel sistema museale mugellano. Tutti, con le loro specificità e raccolte, che si completano l’un con l’altra, hanno le carte in regola per affascinare il turista, il visitatore o l’appassionato d’arte.
Una recente indagine uscita sul “Filo” (articolo qui) indica una situazione di stallo che si protrae da anni, cioè non si assiste a quella affermazione culturale auspicata. I nostri musei hanno costi non lievi a fronte di un ritorno di poco valore.
Il Municipio di Firenzuola
Se l’utilità sociale di essi è fuori discussione è altrettanto vero che attività di questo tipo non devono essere, quasi inevitabilmente, costrette alla marginalità di una economia di pura sovvenzione. Anche perché, la strategia nazionale indica, e lo dice a ogni piè sospinto, che il settore dei Beni Culturali è destinato ad assumere un ruolo di primo piano per lo sviluppo socio-economico delle regioni.
Forse, i nostri musei offrono pochi e insoddisfacenti servizi per difetto di strategie, di capacità gestionale e di risorse materiali e umane. Un’altra considerazione da fare è che questi musei, siccome sono costituiti in massima parte da oggetti di provenienza locale, si pensa che non abbiano bisogno né di strategie, né di una gestione simile a quella dei grandi stabilimenti museali. Niente di più sbagliato.
Il museo Beato Angelico di Vicchio
Una non adeguata gestione fa si che gli investimenti si risolvano in spesa; una insufficiente conduzione delude il diritto della cittadinanza alla cultura e a un possibile sviluppo dei territori. Il fatto è, che gli enti pubblici non hanno i mezzi che consentirebbero di raggiungere determinati livelli e, dunque, essi necessitano di urgenti sussidi finanziari da destinare specialmente all’incremento quantitativo e qualitativo del personale, creando, ad esempio, “ciceroni” che rispondono ai normali standard culturali in grado di illustrare i valori conservati e far capire la valenza storica e umana spesso racchiusa nei vari manufatti.
Probabilmente, per sfruttare al meglio un sistema museale, si dovrebbero focalizzare i piani culturali da svolgere in comune, su linee guida condivise, individuando forme di collaborazione che interessano le attività di conservazione e valorizzazione e che queste attività fossero di “carattere gestionale comune”, con lo scopo di consentire ai musei di raggiungere obiettivi che singolarmente risulterebbero troppo difficili da raggiungere. Dunque, strategie comuni.
Inoltre, vorrei sommessamente dire ai mugellani che il museo non è per pochi intimi o per gli addetti ai lavori, perché nel nostro sistema museale sono evidenti e riconoscibili da tutti i segni che parlano di noi, della nostra storia artistica e culturale e di quella vissuta giorno dopo giorno; un itinerario dai tanti volti e peculiarità che dobbiamo tenerci stretto.
Alfredo Altieri
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 7 maggio 2016
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