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QUALCHE DOMANDA AGLI STUDENTI MUGELLANI

Okkupazione, unica strada?

Parla il preside: un rito controproducente

Studenti del Liceo in occupazioneOrmai le scuole superiori mugellane insieme alle festività del primo maggio e del 25 aprile, e alle vacanze di Natale e di Pasqua possono mettere in calendario anche una settimana fissa di occupazione scolastica. E’ tradizione. E’ abitudine. 

Tanto che anche le famiglie guardano indifferenti. E gli insegnanti pure (con qualcuno che ancora si arrabbia, qualche altro che perfino incoraggia e fomenta, non senza una bella dose di faziosità).

Chi ha più il coraggio di dire che l’occupazione di una scuola, fatta com’è stata fatta, è una stupidaggine?

Qualcuno dovrebbe pur dire ai ragazzi che la protesta ha un senso se segue determinati percorsi e modalità. Se è proporzionata, se è preparata, se è consapevole. Altrimenti è la peggior cosa che si possa fare, perché fomenta il disimpegno (tantissimi sono rimasti a casa), la “testa all’ammasso” (perché si finisce per ripetere solo alcune parole d’ordine, mai verificate, mai approfondite), il qualunquismo e la non-democrazia (decidere, come si è fatto al liceo, di occupare, non si basa certo su consapevolezza e conoscenza dei problemi, ma sull’emotività, la voglia di far vacanza, il gusto per l’”impresa”).

Non vogliamo negare agli studenti il diritto, sacrosanto, di interessarsi della riforma della scuola, di avanzare proposte, critiche e contestazioni. Ma c’è qualcuno che dice loro che prima ci si informa, poi si confrontano posizioni diverse e si approfondisce, poi si esprime un giudizio, poi si esaminano le possibili forme di azione? Se un amico arriva con cinque minuti di ritardo non lo prendo a schiaffi, e neppure gli occupo la casa. Va trovata la forma più efficace di protesta, ovvero essa va decisa e condotta con senso di responsabilità e di maturità.  E l’occupazione è una forma di protesta dura, estrema. Che senso ha ricorrervi senza aver 

Se davvero interessava dare un contributo positivo alla riforma della scuola, prima si dovevano leggere documenti e proposte (e non due articoli di giornale, fra l’altro nemmeno molto equilibrati; tanto più che la protesta è iniziata quando addirittura ancora non si conosceva nel dettaglio le cose, perché non era uscito nemmeno il documento), poi discuterne, sentendo magari più voci, cercando di capire. Infine fare documenti, con tutte le critiche che si volevano, e magari anche con qualche proposta. Visto che non si discute di una legge già approvata, ma di una bozza che non è ancora giunta in Parlamento.

Altrimenti si finisce per svilire ogni forma di protesta: perché se essa è sgangherata e superficiale, risulta non credibile. E dunque non viene presa in considerazione.

C’è qualcuno che dice queste cose ai ragazzi?

Ops, noi l’abbiamo appena fatto...

(Chi non è d’accordo, chi ha qualcosa da aggiungere o contestare, si faccia avanti: le nostre pagine sono aperte).

il filo

Il preside: un rito controproducente

Anche questo finirà per diventare un rito: come già l’anno passato, abbiamo chiesto al Preside del Liceo “Giotto Ulivi” un pensiero sull’occupazione appena terminata. E’ un rito ormai questa forma di protesta? “Sì, per me –risponde il prof. Calogero Bellavia-  è diventato un rito. Quest’anno si sono aggiunti particolari motivi politici perché è cambiato il governo. Posso anche capire il desiderio di ‘prendere possesso’ degli spazi scolastici da parte degli studenti -, e in questo senso è un rito che non condanno. Ma se rito dev’essere, lo si faccia nei fine settimana. Non mi piace che scappino da scuola al suono della campanella: gli spazi ci sono, siamo aperti fino alle 7 di sera, usino pure la scuola anche nel pomeriggio. Ma sospendere le lezioni no. Ripeto, visto che c’è già una convenzione tra il Ministero della Pubblica Istruzione e gli Scout, stipulata un paio d’anni fa, mi metterò d’accordo con gli scout perché si organizzi qualcosa, se da parte dei nostri ragazzi c’è bisogno di dormire fuori casa, di stare accampati. Ma senza bloccare tutto”.

Bellavia ha un cruccio: “La gran parte dei ragazzi non ha partecipato. Il fatto più negativo è che la maggioranza non ha né occupato né è venuta a lezione, sono rimasti a letto, e questo è grave. Su tale aspetto avrei voluto una maggiore attenzione da parte dei genitori. Non per reprimere, ma perché essi dicessero ai loro ragazzi: “Vuoi fare occupazione? Falla. Non sei d’accordo? Vai a scuola. Fai una scelta, affronta la realtà”. E invece non sono stati né qui né lì, son rimasti a casa”. Il preside nota anche un aspetto positivo: “Un lato positivo questa occupazione l’ha avuta: non vi sono stati danni particolari, e neppure ho notato comportamenti arroganti e maleducati. Anche se insisto a dire che potevano chiudere prima la protesta, vista la scarsa partecipazione”. © il filo, Idee e notizie dal Mugello, dicembre 2001

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