Serata di proiezioni al PCM – “Uno di noi”: Alberto Pellegrini si presenta con tante foto scattate in vari paesi
SAN PIERO A SIEVE – Giovedì 26 maggio, alle ore 21.15, nella sede del Photo Club Mugello in via Provinciale 17/B a San Piero a Sieve, Alberto Pellegrini presenterà un reportage intitolato “La terra dei tagliatori di teste – Nagaland”, seguito da un reportage di foto “Street” nel mondo e tre slideshow dai titoli “La Siria”, “I battenti di San Lorenzo” e “I disegni della solitudine”.
Alberto si presenta con queste parole: “Sono nato a Città di Castello in provincia di Perugia nel 1953, ma residente da sempre a Prato. Appassionato di fotografia fin da giovane, la mia prima macchina è stata una reflex FUJICA ST 801. Sono poi passato ad una MINOLTA ma, non soddisfatto, ho fatto il grande passo in Nikon con una F 100. Nel 2004 con l’evento del digitale non aveva più senso scattare con pellicola e sono passato al digitale.
Intendo la fotografia come un racconto, per far vivere agli altri con uno scatto l’emozione che provo in quel momento e per questo prediligo il reportage di viaggio. Mi piace comunque la fotografia in generale e per questo non disdegno di scattare ogni qualvolta si presenti l’occasione.
Amo molto queste parole:’Per un vero fotografo una storia non è un indirizzo a cui recarsi
con delle macchine sofisticate e i filtri giusti.
Una storia vuol dire leggere, studiare, prepararsi.
Fotografare vuol dire cercare nelle cose quel che uno ha capito con la testa.
La grande foto è l’immagine di un’idea.
Bisogna capire cosa c’è dietro i fatti per poterli rappresentare.
La fotografia – clic!- quella la sanno fare tutti’.
(Tiziano Terzani)
Andrea Lapi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 21 maggio 2016
Se qualcuno vuole approfondire rimandiamo al bel sito di Alberto Pellegrini http://www.albertopellegrini.it/ e riportiamo la sua descrizione di alcuni dei temi che saranno trattati nella serata:
Il sacrificio del maiale alla Dea Kalì
Scusatemi per l’immagini molto cruenti, ma ancora oggi è in pratica in diverse parti del mondo. Nella valle di Kathmandu, a una trentina di chilometri dalla capitale, il villaggio di Dakshinkali è famoso per il Tempi dedicato alla Dea Kali.
Il sabato centinaia di nepalesi vengono a rendere omaggio alla sanguinaria sposa di Shiva, celebrata con sacrifici animali.
Durante il mio viaggi in Nepal, mentre percorrevo la strada da Kathmandu al Tempio ho visto alcune persone che portavano un maiale a spalla legato con una canna di bambù ed erano diretti verso un piccolo Tempio. Disseminati sul territorio si trovano infatti tanti piccoli tempi dato che non tutti possono andare a Dakshinkali , ancora adesso l ‘80% della popolazione si sposta a piedi.
Incuriosito li ho seguito e, arrivati al Tempio, il Bramino ha cominciato la funzione gettando verso il maiale acqua di sorgente e latte mescolato con dei fiori gialli, si rivolgeva verso il Tempio e poi di nuovo verso il maiale e questo per svariate volte. Finita la funzione un Nepalese ha preso un lungo coltello, anche questo benedetto dal Bramino e, fra le urla generali ha reciso la testa del maiale, lasciando che tutto il sangue sgorgasse davanti alla statua della Dea. Fatto questo la testa recisa è Stata appoggiata davanti a Kali in segno di ringraziamento per il dono ricevuto.
Si racconta che la Dea Kali era molto malvagia e, per placare la sua ira, venivano fatti nel passato sacrifici umani che poi nel tempo si sono tramutati in sacrifici animali, comunque ancora oggi dove si pratica il sacrificio si possono trovare nelle campagne cadaveri decapitati.
Kali è conosciuta con diversi nomi ed altrettanti aspetti, tra cui Bhdara Kali dall’aspetto più gentile e Shyamashama Kali che vive nei luoghi di cremazione dei defunti.
I riti induisti prevedono una importante celebrazione per Kali, la festa di Navaratri, durante la quale i fedeli si dedicano a pratiche penitenziali ma anche a festeggiamenti in onore della Dea.
La particolare devozione di una società segreta, i THUG, ha creato una specie di leggenda nera intorno alla Dea, i banditi Thug praticavano sacrifici umani da offrire a Kali. Secondo la loro
cultura ogni morte dedicata alla Dea avvicinava la venuta di quest’ultima sulla Terra.
Ancora oggi nel mese di novembre nella città di Kathmandu si svolge una grande festa tradizionale con gradi sacrifici di animali, le strade diventano dei ruscelli di sangue che la gente raccoglie con dei recipienti per versarlo sulla statua della Dea.
Nell’enclave sacra si agitano i sacerdoti, i banchi di ottone con gli scolatoi per il sangue brillano al sole , il colore oro dei banchi si mischia al rosso carminio del sangue e si accende in
tutto lo splendore e l’orrore dei colori del sacrificio.
“La terra dei tagliatori di teste – Nagaland”
Sulle montagne, lungo il confine nord orientale dell’ India con la Birmania, vive una moltitudine di popolazioni tribali di razza Indo-Mongolica: il Nagaland.
Il rombo antico dello “Sham” il tamburo di legno scavato in un enorme tronco accompagna la vita e le tradizioni del popolo guerriero delle colline, dove ancora si trovano anziani guerrieri: I Naga Tagliatori di Teste.
I Britannici occuparono la regione nel 1890 e da allora la tradizionale pratica di caccia di tagliatori di teste diminuì poco per volta fino a scomparire nel 1980, grazie anche alla
conversione al cattolicesimo. Per raggiugere i villaggi bisogna risalire la montagna percorrendo una strada tortuosa.
Esistono circa 20 differenti etnie, ognuna delle quali vive in specifiche aree geografiche, ma pur avendo usanze culturali condivise, le varie tribù hanno mantenuto un enorme
grado di isolamento. La struttura della società Naga è rurale. I Naga costruiscano le loro case sulle alture delle montagne, i villaggi sono governati da un capo villaggio e regolarmente ci sono dei convegni ai quali partecipano i rappresentanti di tutte le tribù.
Gli appartenenti alle varie tribù si distinguano fra loro per i costumi, i monili e le perle usate come ornamenti, nell’antichità ogni guerriero doveva compiere gesta di valore per
guadagnarsi il diritto ad indossare questi ornamenti. I vecchi tagliatori di teste si contraddistinguono da un tatuaggio a maschera sul viso,
e uno fatto a V sul petto, e rappresentano il volto più selvaggio dell’ India. Per visitare i villaggi bisogna chiedere il permesso al capo villaggio, in uno dei tanti che
abbiamo visitato c’era il RE, le case sono delle grandi capanne di bambù con tetti di foglie di canna e paglia di riso.
Il RE vive in una di queste Long House, la capanna è proprio sul tetto della montagna in una posizione curiosa, è per metà in Nagaland e per metà in Myanmar.
Quando siamo arrivati il RE era a aspettarci nella parte della capanna che è il Myanmar, nella parte del Nagaland abbiamo trovato alcuni uomini che fumavano la pipa con la pasta di
oppio e alcune donne che vendevano il loro artigianato. in una capanna del villaggio ci hanno portato a vedere un enorme tronco scavato pieno di teschi umani: le teste dei nemici tagliate.
Per questa esperienza devo ringraziare la Nikon School Travel e il nostro accompagnatore Edoardo Agresti e tutti i compagni e compagne di viaggio.