PROBLEMA INQUIETANTE, SEMPRE PIU’ DIFFUSO
Il Mugello dei suicidi
Un dramma che ci interpella tutti
Di analisi e diagnosi se ne
possono fare a iosa: sicuramente stanno cedendo alcuni argini che in passato
aiutavano di più a resistere al pensiero di “farla finita”. Sta entrando in
crisi un’idea della vita come dono, come bene del quale non possiamo disporre a
nostro piacimento, e del resto basta leggere assiduamente “Repubblica” –da
Augias in giù…- per imparare che “la vita è mia e la gestisco io”, e quando
reputo sia il momento di togliere il disturbo, è giusto che lo faccia... La
nuova frontiera del pensiero moderno, laico e avanzato, è la “buona morte”, la
morte fai da te, l’eutanasia. E del resto per diffondere questa logica è stato
utilizzato il dramma della povera Eluana, e per questo fine ora si punta sul
biotestamento sui registri comunali.
Tempo fa un amico, molto
intelligente e sensibile, non credente, confidava che non se la sentiva di
essere un peso per sua figlia, quando sarebbe venuto il momento. “Così però –gli
ho obiettato- priveresti tua figlia di
un’esperienza fondamentale per la vita di un essere umano, lo stare accanto al
genitore sofferente. Un’esperienza dolorosa e faticosa, certo, ma che può
arricchire e rendere forti, una scuola di pietà umana, di ricchezza interiore,
di condivisione del dolore. Certi passaggi, la sofferenza, la morte, non si
possono espellere dalla vita dell’uomo. E sono, con ogni probabilità più
importanti e necessari degli studi e della professione...”
Certo, son cose difficili e
tremende. Come dev’essere tremendo il senso di solitudine, di estraniazione che
spesso è il primo passo verso il suicidio. Anche su questo dobbiamo constatare
che questa nostra società, della comunicazione sempre in funzione –internet,
satellitari, cellulari-, è pervasa da una solitudine terribile, da un isolamento
angosciante. “Si è soli anche tra gli uomini” si diceva nel Piccolo Principe. Eh
sì, proprio così, si è parecchio soli. E questo amplifica le paure e le
fragilità, e qualcuno, in numero sempre maggiore, cede.
Giusto dunque, anzi,
urgente, interrogarsi, in profondità, sulle cause ma anche sulle possibili cure,
sui rimedi da provare a mettere in campo. Per cercare di offrire una società che
dia qualche appiglio in più a chi si sente scivolare,ed è tentato di lasciarsi
andare. E per stare più vicini a chi questo dramma, in famiglia, ha vissuto
sulla propria pelle.
Il Mugello dei suicidi
Ce n’è
bisogno. Perché purtroppo il fenomeno dei suicidi sta crescendo in modo vistoso
anche in Mugello. Basti dire che all’inizio di novembre si contavano per l’anno
2009 ben 17 tra tentati suicidi e suicidi consumati: otto tentati suicidi e nove
effettuati. Nel 2008 erano stati “soltanto” cinque, mentre furono sette i
tentati suicidi. Insomma, in dieci mesi, rispetto a un anno fa, quasi il doppio
di persone, da cinque a nove, si sono tolte la vita. In particolare, a Borgo San
Lorenzo nel 2009 si sono contati ben cinque suicidi e due tentati suicidi (un
anno prima a Borgo si era verificato un solo caso di suicidio). Nel biennio,
quanto al dato delle età, il caso più giovane di un tentato suicidio riguarda un
quindicenne, a Scarperia, ma tutte le classi di età sono rappresentate, compresi
tre ultra-ottantenni, a Borgo San Lorenzo e a Barberino. Quanto al sesso, nel
2008 si sono tolti la vita tre maschi e due femmine, mentre sono state più le
donne che hanno tentato, cinque contro due uomini. Nell’anno in corso invece, è
preponderante il numero dei maschi che si sono tolti la vita: otto uomini contro
due donne; e in maggioranza sono maschili anche i tentati suicidi: sei, contro i
due femminili.
Sono numeri
preoccupanti: specie se si pensa che il tasso medio italiano è indicato in 5,6
suicidi ogni 100 mila abitanti (il record negativo spetta al Friuli, con circa
10 suicidi ogni centomila abitanti).
PER RIFLETTERE
Ecco
l’inferno:
sentirsi inutili e non amati
Non sapere chi sei e perché stai al mondo, non percepire l’utilità della tua
esistenza, non sentirsi amati e non amare: questo è l’inferno. Non la mancanza
di denaro o di salute.
Soldi, successo e salute non mettono al riparo dalla solitudine, dalla tristezza
e dalla disperazione. Anzi, la nostra epoca mostra il contrario. Lo prova l’uso
industriale che nelle società opulente si fa di psicofarmaci, alcol e droghe,
cioè di trucchi chimici per eludere il “male di vivere”. L’uso compulsivo e
congestionato del sesso, che caratterizza il nostro tempo di pornomania di
massa, è un’altra droga per anestetizzare la solitudine, la sensazione
d’inesistenza che ci avvolge.
Non c’è sciagura più grande, diceva Teilhard de Chardin, della perdita del gusto
di vivere. Questa infelicità è un’epidemia dilagante. Nel mondo si verifica un
suicidio ogni 40 secondi, un milione di morti l’anno. Secondo l’Oms dal 1950 al
1995 la percentuale dei suicidi è cresciuta del 60 per cento. In Italia se ne
contano 4000 ogni anno ed è molto significativo che l’area più “colpita” sia il
Nord-Est (Friuli 9,8 per cento), mentre la percentuale più bassa di suicidi si
registra in Campania (2,6 per cento). Prova ulteriore che davvero non è il
benessere economico, né il contesto sociale degradato, né la difficoltà
materiale della vita a definire l’infelicità.
Per questo mi chiedo se la rappresentazione del presente che continuamente
facciamo su giornali e televisione sia giusta. Non parliamo che di soldi, di
bollette, di mutui, di sprechi, di tagli, di questioni sociali. Cose importanti
– sia chiaro – ma la realtà è tutta qui? Noi siamo solo i nostri problemi
sociali?
Siamo sicuri che il benessere che inseguiamo, come meta unica e assoluta, sia
veramente la felicità? Certi ripetitivi programmi di informazione fanno pensare
a una battuta di Bruce Marshall: “Oggi la gente vive nel benessere senza gioia.
In fondo a una lunga sfilata di bollette della luce, del telefono e del gas, non
intravede altro che il conto delle Onoranze funebri”.
Eppure ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne veda la filosofia
marxisteggiante ed economicista che ci domina: le cose che rendono la vita degna
di essere vissuta, per le quali si può dare tutto, di solito sono oscurate.
Perché non parlarne? Perché non raccontare le tante persone che testimoniano una
speranza più grande delle difficoltà e delle sofferenze?
Antonio Socci
© il filo, Idee e notizie dal Mugello, dicembre 2009