Il termovalorizzatore (inceneritore) del sindaco di Vaglia…
VAGLIA – Pochi giorni fa, nei suoi frequenti post su Facebook il sindaco Leonardo Borchi è intervenuto sul tema “Nettezza e dintorni”. E leggendolo si scopre che quasi quasi un bel termovalorizzatore, per Borchi, sarebbe la soluzione. Non lo dice in modo netto, e usa molti se e ma. Ma intanto mette in programma, e invita gli interessati a partecipare, una visita a un impianto di termovalorizzazione.
“Nei paesi del Nord Europa, Germania, Svezia, Danimarca, per fare degli esempi -ragiona Borchi-, i rifiuti vanno in discarica per l’1%, il 50% circa è differenziata ed il rimanente va nei termovalorizzatori. Che poi non sono che inceneritori più evoluti che producono energia. Calore”.
Il sindaco di Vaglia lo dice: “Sui termovalorizzatori dovremmo fare un ragionamento laico. Possibilmente scevro da posizioni da tifo da stadio. Premetto che io, per il Comune di Vaglia, sono stato l’unico, insieme ai Comuni di Sesto Fiorentino e Campi Bisenzio, che ha votato contro alla realizzazione del termovalorizzatore di Case Passerini, nell’ultima, e per me unica, votazione in merito. L’ho fatto più per come ci era stata posta la questione, senza discussione e a carattere ricattatorio, per le conseguenze delle penali, che per motivi tecnici. Di quelli ora voglio parlare”.
“Quando si parla di rifiuti zero -spiega Borchi-, al momento, è solo uno slogan. Bello, evocativo, ma non tecnologicamente ed economicamente reale. Prendiamo il pulp di cartiera. E’ quella roba, molto umida, che esce dal riciclo della carta, come materiale non più recuperabile. Circa il 20/25% del peso del rifiuto differenziato. Cosa ne facciamo? Non ha valore, anche in discarica non lo vogliono, perché, così umida, produce molto percolato. Ci sarebbe, una volta essiccata, la destinazione del termovalorizzatore.
In Toscana ne abbiamo uno a Poggibonsi. Ma tratta solo 4.000 t. al giorno. Una bazzecola. Fuori del nostro ATO, ce ne sono a Livorno, a Pisa, in Maremma. Ma non vogliono i nostri rifiuti. Non che li conferiremmo gratis: ogni tonnellata costa 170 €. E va detto che prima di poter bruciare i rifiuti, questi devono passare attraverso un trattamento meccanico-biologico (i famosi TMB, come quello incendiato a Roma), la cui operazione costa dagli ulteriori 50 ai 70 €. Questo sarebbe il CSS, Combustibile Solido Secondario.
Ma dal TMB viene fuori un’altra frazione, il sottovaglio, o FOS, Frazione Organica Stabilizzata, che, nel nostro ATO, è quella che ci procura più problemi. Ne produciamo 215.000 t. all’anno. Sarebbero i rifiuti organici che vanno a costituire l’ammendante, il compost. Rappresentano circa il 50% della differenziata. Ogni tonnellata alla fine costa 90/100 €. Peccato che gli impianti che abbiamo a disposizione, Faltona, Case Passerini e Case Sartori (Montespertoli) hanno una capacità di trattamento, in modalità anerobica, di sole 165.000 t. Di questa produzione di compost solo una piccola parte viene insaccata e venduta al minuto. La maggior parte viene ceduta alle aziende agricole al costo di 1 € a t., franco azienda!
Per smaltire quindi il CSS e il FOS in eccesso occorre esportarli in altre regioni. Fino ad ora per lo più in Emilia Romagna. Ma questa ha deciso di chiudere i cancelli.
Per riassumere. Nel nostro ATO, bruciamo un 5,5% di rifiuti solidi urbani nell’impianto di Montale. Un altro 4% lo bruciamo fuori ATO. Mandiamo in discarica il 28% dei rifiuti (che costa circa 170 € a t.) ed il resto è differenziata.
Ai rifiuti solidi urbani dobbiamo poi aggiungere quelli speciali. Tutti quelli derivati dalle filiere produttive. Ad esempio gli scarti tessili, che stanno procurando alti costi di smaltimento alle ditte che li debbono portare a bruciare fuori regione.
Quindi non siamo ancora ad un’emergenza rifiuti in ATO, ma il sistema non è autosufficiente ed a medio termine creerà problemi”.
E conclude: “Nel frattempo non possiamo utilizzare ancora le discariche, che sono il metodo più barbaro per chiudere il circolo dei rifiuti, ma che probabilmente (l’avverbio rispecchia il mio dubbio) dovremmo ipotizzare di far uso di qualche termovalorizzatore in più.
Lo dico per avere un riferimento di misura: oggi sul Corriere della Sera si affermava che, a detta degli esperti, domani sera, in un solo giorno, per l’ultimo dell’anno e solo tra Napoli e Sorrento, sarà sparata in aria con i mortaretti l’equivalente della diossina che emetterebbero 120 termovalorizzatori in un anno. Un tale numero di impianti non c’è in tutta Italia”.
In fondo al suo articolo, un invito: “PS: Sto organizzando, per gennaio, una visita ad un termovalorizzatore. C’è qualche posto per chi fosse interessato. Eventualmente contattatemi privatamente su Facebook”.
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 7 gennaio 2019
E perché è proibito andare a documentarsi? Ecologisti estremisti (anch’io tengo all’ambiente che ci circonda) ma voglio conoscere nuove realtà.
Cpagna elettorale già in corso
Vai ! Riecco la solita solfa sugli inceneritori! Bastaaaaa! Ce ne sono anche troppi! In realtà servono più impianti di trattamento , per ridurre la frazione non recuperabile.