“A G.B.” Bruno Becchi ricorda l’amico

Nella foto G.B è a destra, in ultima fila, il più alto, maggio 1978
VICCHIO – Ciao, Beppe, caro amico, caro compagno di tante partite di calcio, giocate da ragazzi, sui campi polverosi, con le porte fatte con i giubbotti e le buste del supermercato, con il pallone di cuoio marrone o a esagoni bianchi e neri. E tu sempre il più elegante con la tua maglietta del Cagliari, bianca con i risvolti al collo rossoblu ed il numero 11; la maglietta di Gigi Riva, il tuo idolo, il “rombo di tuono” nazionale. E noi con le nostre magliette dozzinali ed anche un po’ sbiadite, viola o nerazzurre o bianconere o rossonere e, come usava allora, con i pantaloncini corti, quasi inguinali, ed i calzettoni con la staffa e senza piede. E ancora le collezioni di figurine dei calciatori, “Mira” e “Panini” e gli scambi scanditi dai “celo” e “manca” e le biciclette “Atala” e “Legnano”, rivali come Gimondi e Merckx, Basso e Bitossi e tante altre cose e tanti pomeriggi e tanti amici; un gran bel gruppo di amici. E tutti a discutere di calcio, di ciclismo – erano gli anni della “Sammontana” – e, quando siamo stati un po’ più grandi, anche di politica. Con te, che te ne sei andato, ho sentito fuggire una parte della nostra vita e del nostro tempo; la vita e il tempo di quei ragazzi di allora, che stavano sugli scalini della Casa del Popolo, passando insieme le loro ore, le loro domeniche, le loro estati. Sull’onda emotiva del disorientamento di questo presente, riflettevo insieme ad un amico, Gigi, e pensavo che la tua storia e un po’ anche la nostra storia di uomini; una storia fatta anche di fragilità e, diciamolo senza infingimenti, di debolezze. Del resto, la fragilità – come naturalmente altre componenti – fa parte della natura umana, quasi noi fossimo cristalli di Boemia o porcellane di Capodimonte. Siamo belli e ricercati, siamo fini ed equilibrati, certamente preziosi e magari anche tenaci, forti e coraggiosi, ma talvolta anche fragili e delicati, al di là di ogni apparenza e di ogni nostra volontà. E il nostro essere facili a rompersi si mostra inavvertitamente, quando meno ce lo aspettiamo, quando magari abbiamo la sensazione di essere infrangibili. E’ in questi momenti che spesso le nostre sicurezze vanno in frantumi.
Caro amico nostro, che tu possa ritrovare, laddove il tempo e lo spazio si espandono all’infinito, quella serenità, quella pace e quel sorriso che ti erano tipici e che tanto ti sono venuti a mancare nell’ultimo periodo della tua vita. Un caro saluto con la solita stretta di mano e l’affetto e l’amicizia di sempre!
Bruno Becchi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 5 maggio 2018