BARBERINO DI MUGELLO – Braccia incrociate, a dimostrazione che oramai il tempo delle chiacchiere è finito. Davanti ai cancelli della Edison Giocattoli di Barberino, questa mattina, si sono ritrovati i 28 dipendenti dell’azienda barberinese accumunati non solo dall’infausto destino della ditta, ma anche da un sentimento di delusione e scoraggiamento. “Ci avevamo creduto, ci avete presi in giro!”.
La storia della Edison, da un anno a questa parte, non è certo positiva, come racconta Gabriella Vomero:”Sono vent’anni che lavoro in quest’azienda che era solida, con i suoi oltre sessant’anni di attività. I problemi sono cominciati da marzo 2019 quando lo stipendio non ci è più stato pagato per intero. Ricevevamo soltanto piccoli acconti mensili. Il nostro sentore è quello che l’azienda stesse andando a morire, specie dopo il lockdown causato dal Covid. Sennonché, lo scorso venerdì, ci è arrivata la comunicazione da parte dei sindacati che l’azienda era stata messa in liquidazione, senza avvertire nessuno: né noi lavoratori né i sindacati. Per questo abbiamo deciso di ritrovarci davanti ai cancelli per cercare di capire nel dettagli la situazione. Noi avevamo già la prospettiva di una cassa integrazione per cessazione di attività però, a questo punto, non siamo sicuri che ‘ci tocchi’. A breve ci dovrebbe essere un incontro in Regione e speriamo di capire quale sarà il nostro futuro”.
A manifestare non solo i dipendenti ma anche i parenti, a dimostrare che questa situazione non mette in difficoltà soltanto i lavoratori ma intere famiglie con i problemi di tutti i giorni: mutui, tasse ma anche solo fare la spesa e portare un piatto in tavola tutti i giorni.
“Da quando è iniziata questa situazione – continua Gabriella – abbiamo già fatto alcuni picchetti ma la situazione è andata sempre più a peggiorare. Noi avevamo fiducia nell’azienda, ci avevano detto che tutto si sarebbe sistemato e noi ci avevamo creduto. Il lavoro c’era, quello che è andato male è stata una mal gestione. Ci siamo resi conto, dopo Natale, che non c’era più da fidarci. E questa liquidazione ‘a sorpresa’ ci ha definitivamente fatto capire quanto poco fossero seri. Un esempio di questa assoluta fiducia che avevamo è successo qualche tempo fa, noi eravamo già in agitazione e in azienda venne un potenziale compratore spagnolo, ci è stato chiesto di togliere le bandiere dal cancello per non compromettere la vendita e noi lo facemmo, nello spirito di collaborazione che abbiamo sempre manifestato”.
Adesso, questo spirito di collaborazione è terminato resta solo tanta delusione e rabbia.
“Lavoravo alla Edison da quasi 17 anni – racconta Milena Trivigno – e quello che mi resta non è altro che una profonda delusione. L’azienda non ci ha dato sicurezza, non ci ha tutelati, non ha mai risposto alle nostre domande, più che lecite. Noi chiedevamo solo più chiarezza e questo è il risultato. Avremmo potuto organizzarci diversamente, non abbiamo cercato un ‘piano B’ ritrovandoci in una situazione economica difficile a dir poco. È un anno che non vediamo uno stipendio per intero. Quindi oltre ad una mancanza di serietà è mancata l’umanità. Ora non sappiamo neanche più cosa aspettarci, è vero che la speranza è l’ultima a morire, ma oggi è morta anche quella”.
“Per la ‘missione’ che svolgiamo – spiega Luciano Sacchetti delegato sindacato della Femca Cils – dobbiamo avere fiducia nelle aziende. Il dubbio, però, lo avevamo perché se un’azienda non investe negli anni e non si rinnova è destinata o ad altre soluzioni oppure a spegnersi. Il lavoro, le commesse, non mancavano mancava la possibilità di produrre quando il mercato richiedesse. Non avendo fatto alcuna manutenzione in un macchinario sul quale lavoravano di norma due persone richiedeva la presenza di più personale. Questo va ad aumentare il costo di produzione e se prezzo del prodotto finito resta invariato è chiaro che piano piano il fondo si avvicina. Adesso la speranza è dare più certezze ai lavoratori sperando di dargli un po’ di respiro grazie agli ammortizzatori sociali ed alla cassa integrazione per cessazione che avevamo già presentato prima del Covid gli da una speranza di trovare un’altra occupazione. Almeno fino a dicembre 2020 sono coperti. Se poi volessero uscire prima dall’azienda in maniera volontaria potranno farlo ottenendo quindi il sussidio di disoccupazione”.
“Adesso – continua Alessandro Lippi della Filctem Cgil – per sapere cosa succede sarebbe necessario che l’azienda rispondesse alle nostre domande. Dobbiamo sederci intorno ad un tavolo che, a questo punto, non può essere più solo ed esclusivamente sindacale, ma anche istituzionale. Abbiamo chiesto un tavolo di crisi per capire su cosa si basa questo piano liquidatorio perché presuppone la possibilità di pagare i debiti e qui ce ne sono molti, in primis nei confronti dei lavoratori. Si parla di un’azienda in forte difficoltà per cui non parlerei di malafede ma di una gestione che forse poteva essere fatta meglio nelle difficoltà. Fino ad adesso la collaborazione con i sindacato c’è stata ma era basata sul senso di responsabilità delle persone che per un anno si sono presentati a lavoro senza però ricevere lo stipendio”.
Nonostante questo c’è ancora chi spera in un futuro nella Edison come Andrea che, con una moglie e due figli, non perde la speranza:”Certo, sono preoccupato per questa situazione. Speravo di aver trovato un’occupazione continuativa in un’azienda storica, ed invece così non è stato. Non è molto che lavoro qui, sono circa due anni, ma io ci spero sempre. Il mio lavoro dentro quest’azienda mi ha permesso di capire che il prodotto è valido e piace. Se qualcuno decidesse di investire le prospettive ci sono. Per me vale sempre la pena lottare e cercare un filo di speranza, anche trovare un nuovo lavoro non è così semplice anche se sei bravo ed esperto nel tuo settore. Il momento è molto duro”.
Irene De Vito
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 30 Giugno 2020