Arriva il cardo. Una nuova coltura per il Mugello? La sperimentazione è in corso
MUGELLO – Il Mugello agricolo è dinamico. Negli ultimi anni nuove iniziative, consorzi, un forte impegno a migliorare la qualità e ad ampliare le produzioni. Così ora si pensa anche a una nuova coltivazione. Quella del cardo (Cynara cardunculus L.), una specie erbacea perenne dalle radici molto profonde, originaria del bacino del Mediterraneo.
Di recente venti imprenditori agricoli toscani, su iniziativa della Coldiretti, hanno partecipato a una visita in Sardegna, dove questa coltura è già stata avviata da otto anni, per centinaia di ettari. E tra questi c’erano Roberto Mongili, dell’azienda agricola Bacciotti di Scarperia e San Piero e Remo Marchi di Firenzuola. Coinvolti nel progetto anche La Commenda di Gabriella Tartoni a Vicchio, e il Consorzio Re-Cord di Scarperia e San Piero, per uno studio sull’utilizzo locale della biomassa, e l’azienda zootecnica Lippi e Nocentini di Dicomano.
Il progetto “Go Card”, presentato alla ‘Settimana dell’innovazione nello sviluppo rurale di Regione Toscana’, spiega Simone Ciampoli, direttore di Coldiretti Firenze-Prato, “mette in campo 363 mila euro di investimenti” (324 mila euro il contributo Ue e regionale). Il Gruppo Operativo Go Card coinvolge Coldiretti-Impresa Verde Toscana, cinque aziende agricole e un’ azienda zootecnica, Novamont S.p.A Novara, Center for generative communication – Unifi, Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa, Consorzio Re-Cord di Scarperia e San Piero (Fi), Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana ‘M. Aleandri’.”
“E’ una sperimentazione interessante -nota Roberto Mongili-: la nostra azienda parteciperà con circa quattro ettari, su un terreno a Montecarelli. E’ un terreno povero e sassoso, con cinghiali e caprioli: lì non ci fai agricoltura. Però i cinghiali e i caprioli il cardo non lo mangiano, e si tratta di una pianta resistente, che si adatta a terreni marginali, aridi e improduttivi, e che resiste alla siccità. E’ anche una pianta che ha bassi costi d’impianto: la si semina una volta e poi dura almeno 7-8 anni. L’unica operazione da fare è trebbiare per ricavarne i semi. Saranno consegnati alla Novamont per estrarre un olio che è uno dei componenti della plastica biodegradabile”. Dai semi infatti si estrae un olio dalle caratteristiche favorevoli per i processi industriali di bioraffinerie (per ottenimento di monomeri e biochemicals). E gli scarti derivanti dall’estrazione dell’olio si sta provando anche ad impiegarli come integratori nell’alimentazione zootecnica: “E’ già stato sperimentato sugli ovini in Sardegna -nota Matteo Borselli, di Coldiretti Mugello-, e si sono riscontrate ricadute positive nella qualità del latte. La sperimentazione dovrà quindi verificare l’effetto di questi estratti dal cardo anche nella dieta dei bovini da carne. E l’azienda zootecnica dove si effettuerà la sperimentazione è mugellana, Lippi e Nocentini di Dicomano”.
Sono possibili ulteriori impieghi: “E’ una pianta con una gran massa di strame -nota Mongili- che può essere valorizzato come paglia per gli animali e utilizzato come biomassa per la produzione di energia o di biocombustibili. Non solo, dalla radice potrebbe essere estratto uno zucchero, adatto ai diabetici. Qui gli studi sono in corso, e c’è bisogno di tempo, ovvero che la pianta cresca e aumenti l’impianto radicale”.
“Il progetto -aggiunge Ciampoli- valorizzerà il cardo, coltura a basso impatto ambientale a triplice attitudine: olio, biomassa e farina proteica. Go Card si muove nell’ottica della bioeconomia, con un approccio circolare e integrato al territorio, per fornire risposte all’uso di terreni divenuti improduttivi anche a seguito dei danni da fauna selvatica. Laddove le produzioni tradizionali non sono più redditizie, questa coltivazione è in grado di ripristinare la qualificazione economico-ambientale del territorio, rispettando le vocazioni agricole locali ma con uno sguardo verso innovazione e sostenibilità”.
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 28 maggio 2019
Speriamo non ne posso più dell’acqua…. freddura a parte direi un’ottima iniziativa, sperimentare dovrebbe diventare la regola in Mugello,non l’eccezione, per dare tipicità al nostro territorio