Cinghiale, questo sconosciuto. Un piccolo manuale di Luca Tagliaferri
MUGELLO – Si avvicina la stagione venatoria e la Caccia del Cinghiale anche qui in Mugello riveste un ruolo maggioritario rispetto alle altre forme di caccia.
Sono molto numerose le squadre di Caccia che operano sul territorio ma non sempre i cacciatori sono ben informati rispetto alla fauna prelevata.
Molto meno informati sono anche i cittadini comuni che spesso, come per il lupo, discutono di notizie non veritiere.
Luca Tagliaferri, cacciatore, é autore del libro “Nel folto della macchia”, edito da Noferini, e di articoli su riviste di caccia specifici sulla fauna Ungulata. E del piccolo manuale sui cinghiali che pubblichiamo di seguito
Il cinghiale in Italia: Il cinghiale ( Sus Scrofa) è una specie tipica della fauna europea ed italiana, originariamente diffuso in gran parte della Penisola.
A partire dalla fine del ‘500 la persecuzione diretta operata dall’uomo, accentuata dalle trasformazioni ambientali e dalla diffusione delle armi da fuoco, ha provocato una progressiva diminuzione del cinghiale, che , all’inizio del XX secolo, sopravviveva con nuclei isolati solo nelle regioni tirreniche del Centro e Sud Italia, nel Gargano e in Sardegna. La specie è ricomparsa sulle Alpi nel 1919, quando alcuni animali provenienti dalla Francia colonizzarono Liguria e Piemonte. Agli anni ’50 risalgono invece gli ingressi di cinghiali in Friuli, provenienti dalla Slovenia.
Dal secondo dopoguerra l’espansione della specie è stata fortemente favorita dall’intervento umano attraverso le numerose immissioni a scopo venatorio, e oggi il cinghiale risulta distribuito uniformemente nelle due Isole e dalla Calabria sino all’arco Alpino occidentale mentre nelle Alpi Centro Orientali la sua presenza è ancora discontinua.
Quanti cinghiali? Non esistono dati certi sul numero complessivo di cinghiali presenti in Italia, anche a causa delle difficoltà tecniche e i costi considerevoli che comporterebbe la stima assoluta delle consistenze.
A partire dal numero di animali abbattuti è stata recentemente rilevata una stima, approssimativa, compresa tra 600.000 e 1.000.000 di cinghiali presenti sull’intero territorio nazionale.
Motivi dell’espansione e dell’incremento del cinghiale negli ultimi decenni: Le cause che hanno favorito l’espansione e la crescita delle popolazioni sono molteplici.
Un ruolo determinante hanno avuto le massicce immissioni a scopo venatorio, iniziate negli anni ’50 con soggetti catturati all’estero e proseguite con animali provenienti da allevamenti nazionali.
Importante è risultato anche il progressivo spopolamento di vaste aree montane e rurali, con la conseguente diminuzione della persecuzione diretta e il recupero del bosco in zone precedentemente utilizzate per l’agricoltura e la pastorizia.
A queste di origine antropica si aggiungono cause di tipo naturale come l’intrinseca elevata capacità di colonizzare nuovi ambienti, l’enorme potenziale riproduttivo della specie e le condizioni climatiche divenute mediamente più favorevoli e meno limitanti.
Cinghiali puri o geneticamente inquinati? La diffusa convinzione che le ripetute introduzioni di cinghiali provenienti dai Paesi centro europei e balcanici abbiano causato la scomparsa del fenotipo “ italiano” o “ maremmano” non trova conferma negli studi di genetica più recenti. I risultati delle ricerche dimostrano che il cinghiale presente oggi in Italia conserva ancora una buona porzione del patrimonio genetico originario, sebbene i segni dell’incrocio con cinghiali di provenienza estera emergano in diverse aree. Le ricerche, inoltre, se da un lato confermano il netto differenziamento della popolazione sarda, dall’altro pongono seri dubbi circa l’esistenza del cosidetto “ cinghiale maremmano”, le cui rinomate piccole dimensioni e limitata capacità riproduttiva si potrebbero ricondurre alle condizioni climatiche e ambientali tipiche della Maremma Toscana e Laziale in cui la specie era sopravvissuta all’inizio del XX secolo.
Gli incroci con i maiali: Il maiale deriva da un processo di domesticazione del cinghiale avvenuto indipendentemente in diverse aree del Continente eurasiatico durante il Neolitico ( circa tra 12.000 e 3.000 anni a.C.).
La comune origine rende possibile l’accoppiamento fra le due forme e la produzione di ibridi fertili. L’ibridazione può avvenire in natura, laddove siano presenti maiali allo stato brado ( es. Sardegna) oppure può essere indotta dall’uomo in cattività.
L’incrocio con i maiali allo scopo di incrementare il potenziale riproduttivo (maggior numero di gravidanze e cucciolate più numerose) e le dimensioni dei cinghiali allevati, appare come la causa primaria della diffusione di geni domestici nella popolazione selvatica.
Non è tuttavia ancora chiaro quali siano le ripercussioni ecologiche. I segni dell’ibridazione sono presenti nel mantello ma meno evidenti a livello genetico a causa di una rapida diluizione dei geni domestici nella popolazione selvatica nelle generazioni successive all’incrocio.

Un cinghiale in un’immagine d’archivio. Tracce di cesio 137, oltre la soglia prevista dal regolamenti in caso di incidente nucleare, sono stati trovati nella lingua e nel diaframma di 27 cinghiali del comprensorio alpino della Valsesia, in provincia di Vercelli. Sono stati analizzati campioni di capi abbattuti nel 2012/2013. FOLCO LANCIA / ANSA
Quando e quanto partorisce il cinghiale: È l’ungulato più prolifico ed il suo periodo riproduttivo, a differenza delle altre specie, si distribuisce su vari mesi fino all’intero anno, con un picco di nascite in primavera. Il periodo riproduttivo è legato al ciclo estrale che ha cadenza mensile e si interrompe solo durante la gestazione (104 gg) e l’allattamento (30/40 gg).
Gli incrementi annuali sono influenzati dalla disponibilità alimentare, dal clima e dalle caratteristiche della popolazione.
La maturità sessuale delle femmine è condizionata dal raggiungimento di un peso-soglia di circa 30/35 kg. e non dall’età : anche femmine di età inferiore all’anno ( dai 7 mesi) che abbiano raggiunto il peso-soglia possono riprodursi. In anni in cui la disponibilità alimentare è elevata e le condizioni ambientali favorevoli, un numero maggiore di femmine si riproduce e le cucciolate sono più numerose (mediamente 4/6 piccoli).
Quando le condizioni ambientali o climatiche sono meno favorevoli, si riproducono solo le femmine adulte e in migliori condizioni fisiche.
In alcune popolazioni si osserva un secondo picco annuale delle nascite, meno accentuato, in tarda estate-autunno dovuto alle femmine più giovani che hanno raggiunto il peso-soglia in primavera.
La possibilità che in condizioni ambientali favorevoli alcune femmine adulte in buone condizioni fisiche partoriscano due volte nello stesso anno, non ha mai trovato solide basi scientifiche, ma è da ritenersi un evento possibile, data la biologia della specie, ma del tutto straordinario.
Gli ambienti preferiti dal cinghiale: Il cinghiale è una specie estremamente adattabile, in grado di occupare una grande varietà di ambienti, con popolazioni più o meno consistenti secondo le disponibilità di cibi , rifugio e condizioni climatiche.
In Italia la miglior combinazione di questi fattori si può trovare in alcuni ambienti forestali come boschi cedui o macchie mediterranee, laddove non vi siano climi troppo siccitosi o con troppa neve persistente al suolo.
La specie può compiere spostamenti stagionali anche di alcuni chilometri, per sfruttare ambienti occasionalmente idonei come le aree agricole con coltivazioni appetite ( cereali o vigneti) o addirittura le aree urbane attratta soprattutto dai rifiuti abbandonati.
Cinghiale, animale erratico ma non troppo. Dotato di arti corti e corpo tozzo, il cinghiale può essere considerato una specie sedentaria e territoriale che, tuttavia, è in grado di compiere spostamenti molto importanti, anche di decine o, in casi eccezionali, centinaia di chilometri.
L’entità degli spostamenti è molto variabile e ancora una volta legata all’ambiente, al sesso e all’età degli animali, alla densità della popolazione, alla disponibilità di cibo e al disturbo antropico, in particolare la caccia.
Ad esempio, subito dopo il parto , le femmine restringono i loro movimenti ad un’area molto ristretta (pochi ettari), che progressivamente si ampia ad alcune decine con la crescita dei piccoli, mentre maggiori sono le aree vitali necessarie ai maschi adulti ( qualche centinaio di ettari).
Gli individui giovani, soprattutto maschi, tendono invece a compiere grandi spostamenti allontanandosi dal sito di nascita anche diverse decine di chilometri.
Cosa mangia? Il cinghiale è un onnivoro opportunista con tendenza frugivora, perché pur basando la dieta sul consumo dei frutti del bosco (castagne, ghiande, faggiole), si adatta a modificare anche drasticamente l’alimentazione in base alla disponibilità.
La quota principale della dieta è costituita da vegetali, dei quali il cinghiale utilizza sia le parti aeree (gemme, frutti, bacche, semi e foglie), che le parti sotterranee (bulbi, radici, rizomi, tuberi). Gli alimenti di origine animale sono quantitativamente meno importanti ma sempre presenti in tutte le stagioni. Il cinghiale cerca attivamente soprattutto piccoli invertebrati nel terreno (lombrichi, larve, insetti) ma consuma anche altre prede (piccoli mammiferi, nidiacei, uova, anfibi) e non ultimo carcasse di qualunque altro animale, compreso le ossa. Quando le risorse sono scarse, le produzioni agricole (mais, grano, orzo) risultano attraenti e rappresentano la quota più importante della dieta.
Il lupo ed il cinghiale: Il Lupo è il principale predatore del cinghiale, dopo il cacciatore, ma anche i cani vaganti o randagi possono predarlo.
Il cinghiale è la preda più frequente nella dieta del Lupo. Data l’importanza della specie per il lupo, quindi , non è un caso se il cinghiale ha contribuito significativamente all’espansione del carnivoro in Italia. A livello europeo l’impatto del lupo sulle popolazioni di cinghiali causa una sottrazione di individui, a seconda delle zone, stimata fra il 5% e il 45% della popolazione, in particolare animali giovani, cioè quelli che darebbero un contributo modesto all’incremento della popolazione.
Sebbene in Italia non siano stati condotti studi specifici, i pochi dati disponibili stimano un impatto della predazione inferiore al 10%. Date le caratteristiche biologiche del cinghiale, la predazione del Lupo, non è ritenuta un fattore di regolazione ( ovvero in grado di mantenere la densità di cinghiali a valori inferiori rispetto a quelli che si osserverebbero in assenza di predazione) e il suo effetto è considerato essenzialmente compensatorio ( ovvero gli animali predati morirebbero comunque in assenza di predazione a causa di altri fattori di mortalità). Più che limitare il numero di cinghiali si ritiene che il lupo contribuisca a mantenere in buone condizioni le popolazioni di cinghiali, sottraendo individui deboli o in peggior salute.
Gli impatti del cinghiale sulle biodiversità: Il cinghiale è una specie capace di provocare profondi cambiamenti. In particolare gli ecosistemi forestali e prativi.
Onnivoro e opportunista, scavando ala ricerca del cibo, può alterare profondamente le caratteristiche del suolo e del manto vegetale, accelerando i processi di decomposizione della sostanza organica del suolo stesso. E’ in grado di consumare un gran numero di specie animali terrestri e acquatici.
Non va tuttavia dimenticato che è stato l’uomo a rendere il cinghiale una presenza “ problematica” anche per la biodiversità; infatti gli impatti più significativi sulla biodiversità sono stati registrati in aree in cui il cinghiale è stato introdotto, in quanto specie non nativa, o dove è stato favorito l’innaturale aumento delle densità.
Infine occorre ricordare che se da un lato il cinghiale costituisce una minaccia per determinate specie, dall’altro può avere, in alcuni contesti, un effetto positivo, ad esempio contribuendo all’aumento della biodiversità floristica.
Danni causati sulle attività umane: Quando le risorse naturali risultano insufficienti o più difficilmente accessibili, il cinghiale, grazie alla sua adattabilità, non esita ad utilizzare risorse di origine antropica, causando danni diretti e indiretti all’agricoltura. I danni all’agricoltura, provocati dal consumo diretto, attività di scavo e calpestio, sono molto variabili, secondo le disponibilità di risorse naturali, ma anche della morfologia del territorio e dell’assetto agronomico.
Può danneggiare praticamente tutte le tipologie colturali, dai prati pascolo ai cereali e alle produzioni ortofrutticole, arrivando talvolta a compromettere porzioni molto rilevanti di raccolto. In Italia non si hanno dati esaustivi sull’impatto all’agricoltura ma stime recenti indicano la specie quale responsabile del 90% dei 10 milioni di Euro di danni causati all’anno dagli ungulati.
La zootecnia , può risentire del deterioramento delle aree di pascolo e sottrazione dei foraggi.
Prevenzione danni: I vari sistemi di prevenzione dei danni da cinghiale ricorrono a dissuasori di tipo chimico ( olfattivo o gustativo), acustico ( cannoncini e ultrasuoni) oppure barriere meccaniche o elettriche. L’efficacia e il costo di applicazione dei diversi sistemi variano in relazione alle modalità di applicazione e alle caratteristiche delle colture da proteggere; quindi la scelta va fatta valutando con attenzione il rapporto tra costi e benefici.
Il sistema più diffuso e meno impattante prevede l’installazione di reti elettrificate, attive tutto l’anno o nei periodi critici di semina o fruttificazione. Dato che la specie non corre rischi dal punto di vista conservazionistico, i danni possono essere limitati anche attraverso una programmazione del prelievo venatorio finalizzata.
Limitazione del numero con il controllo della fertilità: Il controllo della fertilità potrebbe essere attuato mediante sterilizzazione chirurgica o vaccini contraccettivi ma come pare ovvio, per motivi evidenti di ordine pratico ed economico , non è una soluzione attuabile.
Effetti della caccia sul cinghiale: La caccia al cinghiale in Italia si svolge prevalentemente con il metodo della “ Braccata”, in cui mute di cani addestrati, condotta da pochi cacciatori, spinge i cinghiali verso i tiratori appostati tutto intorno all’area di caccia prescelta.
La caccia in Braccata , a differenza della mortalità naturale, tende a concentrarsi sugli individui adulti e provoca una alterazione della struttura naturale delle popolazioni, abbassando progressivamente l’età media degli animali. Il disturbo provocato ne altera il comportamento, e oltre a diventare più schivi e attivi quasi solo di notte, possono effettuare spostamenti per decine di chilometri.
Il cinghiale: un pericolo? Essendo una specie molto elusiva generalmente non rappresenta un pericolo per l’uomo. Gli attacchi diretti sono rarissimi e provocati spesso da animali feriti in azione di caccia o incontri improvvisi nel bosco durante il quale l’animale si sente minacciato e non ha via di fuga. Attacchi possono verificarsi nell’incontro, sempre casuale, di una scrofa con piccoli .
Ma non è mai il cinghiale ad attaccare per primo, generalmente è l’uomo che ha oltrepassato i limiti oltre i quali il selvatico si sente in pericolo.
Alcune malattie trasmesse dal cinghiale possono essere pericolose (zoonosi). Tra queste la Trichinella che si contrae mangiando carni crude o poco cotte di soggetti infestati. In Toscana già da alcuni anni con l’aiuto indispensabile della squadre di caccia sono stati effettuati centinaia di prelievi su carni di animali abbattuti su tutto il territorio regionale e ad oggi la presenza di Trichinella è risultata negativa.
Luca Tagliaferri
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 7 agosto 2018