Dal bosco le vere opportunità

In questa foto si può ammirare la bellezza del bosco delle Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi
MUGELLO – L’aumento della superficie boschiva in Italia è dovuto in gran parte all’abbandono del territorio e diventa sempre più necessario dotarsi di una strategia forestale e di una pianificazione territoriale. L’Italia è il secondo importatore di legno nel mondo proveniente anche da aree a rischio di deforestazione, da paesi tropicali. E’ necessario quindi coniugare la tutela della foresta con la necessità di soddisfare il proprio fabbisogno di legno oggi coperto dalle importazioni.
Un piano per il bosco deve tener conto della tipologia degli alberi, delle specie più sensibili all’aumento delle temperature (vedi le morie e depauperamento ben visibile intorno al Passo della Colla), dei modelli di previsione sensibili al microclima (perché a seconda di come si taglia un albero, cambia la temperatura al suolo e per i nuovi alberi), della fauna e flora presente, della configurazione del suolo.
I nostri territori montani sono sempre stati difesi dal dissesto idrogeologico grazie al contributo essenziale del bosco. Nel corso degli ultimi decenni tale ruolo è stato messo in secondo piano dalla maggior facilità con cui è stato possibile controllare e mitigare tali fenomeni attraverso opere ingegneristiche, ma questo ha un costo elevato e comporta uso di molteplici risorse pubbliche oltre che l’antropizzazione di siti e crinali naturali. La crescente porzione di territorio sottoposta a rischio idrogeologico e la sempre minor disponibilità di risorse economiche, tuttavia, ci costringe oggi a rivalutare la capacità dei boschi di ridurre le situazioni di pericolo oltre che trarne benefici economici. Tutto ciò, unitamente all’accresciuta sensibilità ambientale e agli obiettivi di riduzione dei tassi di CO2, fa sì che i boschi, in particolare i nostri boschi montani, possano rappresentare una vera e propria risorsa su cui investire.
I nostri boschi vedono la presenza di cedui, ormai invecchiati e inutilizzati che potrebbero tornare ad essere una risorsa economica valorizzando anche paesaggio e territorio.
Il ceduo se ben coltivato, tenuto conto della situazione della particella e della tipologia degli alberi presenti, in versanti ripidi consente di compiere proprio la funzione di protezione da smottamenti e frane. Un’opportunità quindi per non lasciare che il paesaggio forestale si distrugga ma anzi per valorizzarlo e proteggerlo, utilizzandolo con rispetto come veniva fatto un tempo.
Spesso dopo piogge intense o tempeste “Vaia” assistiamo a veri e propri scivolamenti di parti di bosco a causa del loro peso sulla roccia sottostante. E noi qui in Mugello sappiamo bene tutto questo: basta vedere le frane di Polcanto, Villore, della Panoramica e tantissime altre ancora. I cedui sono vere e proprie opere di regimazione delle acque e grandi fautori della stabilità dei versanti franosi o con roccia affiorante come i nostri. E dove il ceduo non è in grado di eliminare completamente il rischio di franamento è comunque in grado di limitare tale eventualità ai casi più estremi o a ridurne drasticamente la frequenza.
Se noi quindi tornassimo a trattare cedui matricinati o/e sterzo potremmo avere dei benefici anche dal punto di vista economico e ambientale. Economici perché daremmo lavoro alle imprese boschive, avremmo un reddito, risorse come legna da ardere e pellet, cippato, fustelli, prodotti del sottobosco, funghi ecc nel brevissimo periodo.
A livello ambientale vista la biodiversità e le ottime condizioni per lo sviluppo di habitat un ringiovanimento del bosco con notevole diminuzione delle dinamiche distruttive e di senescenza oltre che maggior stabilità dei versanti.
Se non ora, quando?
Claudio Ticci – Dottore forestale
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 27 Luglio 2022
“Possano, opportunità, tornassimo, potremmo, avremmo..” e, per finire, “se non ora, quando?…” Tutte parole futuristiche e inutili, se rapportate all’attuale stringente burocrazia del settore, che strangola gli addetti. Fate un bel sondaggio statistico, intervistando tutte le imprese sulle difficoltà ed i costi, (talvolta sarà anche necessario, forse, garantirgli l’anonimato, purtroppo..) e pubblicatelo. Sarà interessante capire il perché dell’abbandono della silvicoltura nel nostro territorio, a differenza di altri in Italia.