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Eolico a Villore, cosa c’è sotto? Gli interrogativi di chi dice no all’impianto

Posted On 04 Mag 2021
By : Irene De Vito
Comments: 3
Tag: comitato per la tutela dei crinali mugellani, Impianto eolico, vicchio, Villore

VICCHIO – Tra un pugno di ore, il 5 di Maggio, si terrà la sessione (in remoto) della Conferenza dei Servizi della Regione Toscana che dovrà decidere sull’autorizzazione alla costruzione dell’impianto eolico industriale sul crinale di Villore. E’ forse l’ultima occasione di porre pubblicamente alcuni interrogativi che ci inquietano non poco, e rendono più difficile fare il punto della situazione. Perche? Perché ultimamente, in Mugello e Valdisieve, si vedono cose di cui non ci si riesce a fare una
ragione.
La Conferenza dei Servizi che deve decidere sul progetto di impianto eolico “Monte Giogo di Villore”, presentato da AGSM Verona Spa, e decidere quindi il destino del nostro territorio e della nostra comunità, era convocata martedì 20 aprile scorso. Ma è stata rinviata, più o meno all’ultimo momento.
Certo, può accadere. Nel frattempo la cronaca non ci ha certo annoiati, e non solo a livello locale. Ma già ci era poco chiaro il motivo per cui, dal Veneto, si vengono a investire decine di milioni di euro sul vento della Toscana. Anche perché, dal sito del GSE, più precisamente da qui: https://www.gse.it/dati-e-scenari/statistiche risulta che, nel Veneto la media delle ore di funzionamento degli impianti eolici è più alta che in Toscana, dove però la produzione eolica, già oggi, è tredici volte superiore. In altre parole: gli
impianti eolici nel Veneto, pur non avendo ancora infestato i crinali, sono più produttivi, ma se ne installano meno, al punto che lassù il vento è 13 volte meno sfruttato. Allora, con tutte le praterie eoliche che dice di voler sfruttare, cosa spinge una municipalizzata del Veneto ad andarle a cercare in un territorio diverso dal proprio? Perché non comincia da un luogo dove le praterie eoliche ancora da conquistare sono molte di più, e anche più fertili?
Cosa spinge un’azienda, che vanta così tanta esperienza nel settore, a presentare un progetto, appunto lontano da “casa” propria, con tutta questa fretta, al punto di farsi prescrivere la presentazione di montagne di integrazioni, che poi neppure presenta (oppure ne presenta in piccola parte, o a tempo scaduto)?
Davvero AGSM voleva portare in dote l’approvazione del progetto nel matrimonio con il gigante A2A? Il matrimonio, ormai, è andato a monte… E intanto il progetto va avanti.
Nell’apprendere del rinvio dell’incontro di Conferenza dei Servizi, abbiamo visto un link di “Documentazione volontaria AGSM” in cui gli uffici della Regione hanno caricato un file denominato “REL_Monitoraggio Avifauna Chirotterofauna 2020 e stima impatti”. Protocollato il 16 aprile 2021. E’ accaduto cioè che, a supporto della presunta validità del progetto, è stato presentato un elaborato di integrazione: ma il termine per presentare le integrazioni era scaduto da un mese e mezzo. Che succede? Limitiamoci a ciò che possiamo ricostruire da questa ulteriore e sorprendente vicenda. Ricapitoliamo, cioè.
Durante la bella stagione del 2019 erano stati segnalati avifaunisti in azione sul crinale di Villore e Dicomano. E già da alcuni anni erano in corso i rilievi di ventosità: l’intenzione di tirar su tante “belle” pale eoliche era quindi evidente, al punto che vennero cambiati più anemometri, visto che si rompevano: qualcuno si era anche spezzato con il ghiaccio.
Nel dicembre del 2019, AGSM deposita in Regione Toscana il progetto dell’impianto, con allegato lo Studio di Impatto Ambientale. Nel marzo 2020 tutta la documentazione viene messa all’attenzione del pubblico e degli Enti. Presto ne emergono diverse lacune e stranezze. Non torniamoci sopra.
In aprile 2020, cioè a consultazioni pubbliche già aperte, uno studio della provincia di Milano (“Progetto-Natura”) inizia il “monitoraggio ante operam sull’avifauna e la chirotterofauna”. Primo problema: a cosa erano serviti gli avifaunisti incrociati sul crinale l’anno precedente? Effettivamente, sul S.I.A allegato al progetto che era stato presentato nel dicembre del 2019, si sono poi trovate alcune argomentazioni che riguardano gli uccelli e (poco o niente) i chirotteri, cioè i pipistrelli. AGSM sapeva già quelle argomentazioni che non erano sufficienti? Perché allora, per depositare il progetto, non ha atteso gli esiti di rilievi faunistici adeguati?
AGSM, che vanta di avere installato con “successo” già diversi impianti sul territorio della Toscana, non sapeva forse sin da principio quali sono i criteri di monitoraggio richiesti dalla Regione? Non ne conosceva le Linee Guida?
Altro problema: quando il suddetto studio di Milano inizia i rilievi (nell’aprile 2020, appunto), il Settore Tutela della Natura e del Mare della Regione Toscana non ha ancora rilasciato il suo parere (protocollato il 25 maggio) con massiccia richiesta di integrazioni, e il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi neppure ha iniziato a redigere il suo contributo. Siccome ci risulta con certezza che i tecnici incaricati dal Parco Nazionale non si siano mossi prima della primavera del 2020, sorge una domanda: i rilevatori dello studio di Milano iniziano quindi a lavorare alla cieca, o già indovinano cosa diranno il Parco Nazionale e il Settore T.N.M. Della Regione Toscana? Andiamo avanti.
A inizio luglio 2020, il Parco Nazionale invia in Regione la propria Valutazione di Incidenza Ambientale (negativa), relativa al sito Natura 2000 che ricade nel territorio toscano e che, in buona parte, è compreso nel perimetro del Parco Nazionale stesso.
A inizio agosto 2020 la Regione Toscana formalizza l’insieme delle richieste di integrazione. I rilievi dello studio di Milano, intanto, continuano: non si sa se correggendo il tiro in corso di svolgimento, cioè senza essere partiti da solidi criteri generale di rilievo, o se i criteri erano già stati elaborati in virtù di arti divinatorie.
A settembre 2020 AGSM chiede i 180 giorni di proroga per produrre la montagna di integrazioni che gli è stata richiesta: il termine per la loro presentazione slitta quindi ai primi di marzo del 2021.
Ma già a ottobre, pare il 22 o il 23, lo Studio Progetto-Natura termina i propri rilievi, e così può iniziare a redigere la propria relazione.
A fine dicembre 2020, con un anticipo di ben due mesi sulla scadenza, AGSM presenta le integrazioni: il progetto è sostanzialmente lo stesso, lo Studio di Impatto Ambientale poco più che ritoccato.
(E’ già stato detto di quanti Enti abbiano scritto che continuava a mancare una gran parte di ciò che loro stessi avevano richiesto, ma quasi tutti dicono che va bene comunque, tutt’al più verrà un giorno in cui AGSM produrrà altre integrazioni. Non si sa quando ma, appunto, va bene così. Tutti contenti o quasi.)
Ma, nelle integrazioni presentate da AGSM a fine dicembre 2020, la relazione dello “Studio Progetto Natura” semplicemente… non c’è. Perché? Non sono stati sufficienti due mesi per scriverla? E, anche se sì, dov’era il problema, diciamo noi? Ci sarebbe stato tempo fino ai primi del marzo 2021 per presentarla, con le altre integrazioni. Come mai, da parte di AGSM, questa fretta nel presentarle invece in anticipo, al punto di far mancare un documento così importante?
Alla fine, per una relazione avifaunistica di 78 pagine, di cui la metà fra tabelle, figure, salti-pagina, bibliografia, neppure sono bastati quattro mesi abbondanti. Il termine per le integrazioni è scaduto e lo Studio Progetto-Natura ha presentato il proprio documento (non con l’intestazione di AGSM) quasi sei mesi dopo la fine dei rilievi di campagna, un mese e mezzo dopo la scadenza. E la Regione Toscana lo ha protocollato. Forse non poteva fare altro. Però, a questo punto, quando ormai da otto mesi le consultazioni sono chiuse per i poveri mortali, dobbiamo farci l’ennesima domanda: che senso avrebbe presentare obiezioni o osservazioni riferite a documentazione giunta inspiegabilmente a tempo scaduto? E’ quindi davvero consentito ad AGSM, e se sì fino a quando, o fino a quanto, di ignorare l’articolo 27bis, cioè quello a cui si dovrebbe attenere il Procedimento Autorizzatorio Unico Regionale? Dobbiamo rassegnarci a non avere risposte sulle pattumiere di crinale, su cui nessun Ente ha obiettato, o sui rischi di incendio che nessun Ente ha voluto affrontare? Sembra proprio che della fruizione lenta, del paesaggio toscano, delle foreste dell’Appennino, delle specie protette, dei torrenti che nascono dai serbatoi d’acqua del crinale, dell’acqua stessa, a questi Enti non gliene freghi un beato accidente, e che il crinale stesso sia destinato a diventare una chiassosa area industriale, neppure custodita, dove vetroresina e lubrificanti delle navicelle avranno tutto il tempo di innescare incendi nei felceti e nelle foreste di lassù. Tutto questo perché? Per chi? Se proprio quest’energia verde da eolico industriale ci deve salvare, in tutta la Toscana deve farlo solo e quest’unico impianto, che servirà poco più di 20.000 utenze domestiche? Perché nessun altro progetto analogo è finora stato presentato in Regione, da anni? Come mai, con tutta l’urgenza che si
grida da ogni parte? E proprio sul crinale Mugellano, in una zona così piena di criticità? Visti i dati del GSE, e visto il vento che (non) c’è, a che servono gli impianti eolici della Toscana e del suo Appennino? E, in ultimo: cosa c’è dietro, o sotto?

Angelica Valtancoli e Luca Vitali del Comitato per la Tutela dei Crinali Mugellani
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 4 Maggio 2021

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3 Comments

  1. Michele 5 Maggio 2021 at 15:46 Reply

    Le ultime righe sono un agglomerato di illazioni sgangherate che sconfinano la disinformazione gettata sull’intera tecnologia di estrazione di energia dal vento.
    Le turbine eoliche sono macchine eccezionali e questa tecnologia è uno degli attori imprescindibili per ridurre la nostra oscena dipendenza dall’ uso di combustibili fossili, pari oggi all’84% del totale fabbisogno energetico nazionale.
    Lo scrivo da ingegnere meccanico, ancor prima che cittadino.

  2. vieri ristori 5 Maggio 2021 at 18:06 Reply

    Ritengo il parco eolico di Villore nell’appennino sia un controsenso.
    Si parla di economia green di maggiore diffusione di verde, di salvaguardare zone naturali dove la fauna possa vivere il proprio ciclo di vita, e cosa si fa?
    SI VA IN UNA ZONA BELLISSIMA SU UN CRINALE VERGINE, SI DISBOSCA SELVAGGIAMENTE SI SCASSA ILTERRENO, SI COLANO TONNELLATE DI CEMENTO. E’ questa la green economy? Si produce così l’energia “da fonti rinnovabili”? (iniziando a distruggere l’ambiente) E’ un’azione che si può definire di economia sostenibile volta cioè a lasciare ai nostri figli l’ambiente come lo abbiamo trovato (anzi un pò meglio)?. Credo proprio di no. Chiedo: avete chiesto il parere del Ministro Cingolani? E comunque, dopo averla informata dettagliatamente, dovete chiedere alla popolazione cosa ne pensa, perchè è la loro terra, che voi politici eletti e tecnici siete chiamati ad amministrare e custodire al meglio, invece di pensare di risolvere i problemi ecologici con l’inutile raccolta porta a porta.

    • Michele 6 Maggio 2021 at 10:26 Reply

      Vede, il fatto è che non stiamo lasciando ai nostri figli l’ambiente come lo abbiamo trovato. In merito alle emissioni climalteranti:
      ad oggi, solo in Italia, si emettono in atmosfera 7 tonnellate/anno PER PERSONA di CO2 equivalente. Consideri che siamo 60 milioni e faccia il conto per l’Italia.
      Infine moltiplichi circa per 100 e avrà il totale di emissioni annue mondiali, che via via si accumulano sul pregresso.
      Giusto per inquadrare il macigno che lasciamo in eredità ai figli. 40-50 miliardi di tonnellate/anno. Un macigno difficile da spiegare ai non addetti ai lavori perché aeriforme e invisibile agli occhi, ma se ne registrano bene gli effetti a lungo termine.
      Dunque se consideriamo il Mugello come comunità (un millesimo d’Italia), viste le attese di resa dell’impianto (80 GWh che ci risparmiano 40mila t / anno di CO2), questo ci permetterebbe da solo di tagliare circa un decimo delle nostre attuali emissioni.
      Con 8 turbine. Consideri che in Europa installano impianti da centinaia fino anche a migliaia di turbine ciascuno. Non solo in mare ma anche su terra.
      Non esistono soluzioni tecniche a impatto zero. Né a rischio zero. Si tratta sempre di scegliere il miglior compromesso tra benefici e costi.

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