MUGELLO – La storia della comunità e della cooperativa Il Forteto attraverso la figura del suo fondatore Rodolfo Fiesoli. Da uomo di successo, effimero, alla condanna per abusi, da “profeta” a chierichetto. Dall’ascesa prorompente dettata dalla politica, all’infamia attestata dalle testimonianze di chi ne ha subite le violenze. E ora un apparente pentimento, il cammino verso il perdono, o meglio la ricerca ostentata di ottenerlo.
Una notorietà arrivata calcando il proscenio della politica. Affiancandola. Nella biunivoca commistione di sostenerla e di riceverne aperture di credito smisurate, inusuali, immeritate. Mischiando ad essa una fatua vena imprenditoriale, tutta da rivedere, tuttavia costruita dietro tragedie umane, consumate fra indicibili violenze. In sintesi ecco la vita pubblica, almeno quella conosciuta, di Rodolfo Fiesoli, uomo simbolo della comunità e della cooperativa Il Forteto. Della sua vita privata, poco sappiamo, e francamente altrettanto poco c’importa. Su questa squallida faccenda, una porcheria, è stato scritto tanto. E, purtroppo, ancora non si riesce a chiuderne la storia con l’epilogo, vergando il capitolo finale.
Fra poco più di un mese Papa Francesco verrà in Mugello per pregare sulla tomba di don Lorenzo Milani, priore di Barbiana (articolo qui). Un gigante della scolarizzazione diffusa, docente cattolico, certo un maestro di vita, ma pur sempre sacerdote della Chiesa di Roma. Così fa specie sapere che, fino al 2011, almeno per quanto riporta il quotidiano La Nazione “Fiesoli sedeva nel consiglio d’amministrazione dell’Istituzione che Vicchio ha dedicato al prete di Barbiana ed era una presenza fissa alle marce annuali. Non solo. In quel suo intervento a Palazzo Vecchio, davanti a Renzi sindaco, sbalordiva i presenti narrando di incontri con La Pira, il sindaco santo, e don Bensi”. Ecco il Fiesoli ecumenico. Il “profeta” che la politica, una certa parte, con la compiacenza di una frangia delle istituzioni deputate a sorvegliarne l’attività per gli affidamenti dei minori, avevano assurto ad icona di una lungimirante imprenditorialità ed esempio di vita.
Dunque, dalle cronache di questi giorni emerge il Fiesoli chierichetto, che serve la Messa, esercita la questua. Soprattutto si muove al cospetto di ragazzini che ricevono la Comunione. Difficile valutarne il senso compiuto, fra reale pentimento o farsa. E nessuno, comune mortale, sul fatto, può ergersi a giudice divino, tranne il titolare della cattedra. A tutto ciò, però, aggiungiamo le parole del Papa, proferite nel suo recente viaggio in Egitto: “Meglio un non credente, che un falso credente”. Ed in ogni caso, un falso credente che si atteggia davanti agli occhi della gente, credente non è. Così, giusto per precisare.
Ma oltre l’aspetto personale del Fiesoli, pentito o meno, non si riesce a capire perché, per questa turpe faccenda, non sia possibile voltare pagina. Anche l’altro giorno, in una intervista telefonica alla rete televisiva toscana Italia 7, la “mosca bianca” Paolo Bambagioni, presidente della commissione regionale sulle terribili vicende de Il Forteto, aveva nuovamente stigmatizzato il fatto che senza un azzeramento delle cariche sociali, e organizzative, all’interno di quel sodalizio, non potrà esserci alcuna rottura di continuità, fra vecchia e nuova cooperativa. Resistono, resistono.
Gianni Frilli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 05 maggio 2017




