Intervista ad Elektra Cartacci, campionessa mugellana di boxe e arbitro
BORGO SAN LORENZO – 25 luglio 2017. E’ questa la data che segna l’amore profondo tra Elektra Cartacci e la boxe. Un amore fatto di sacrificio, disciplina, emozioni e che ha portato l’atleta ai Campionati Italiani e a indossare la maglietta azzurra per due Europei, ma che soprattutto ha stabilito un legame viscerale con la storica società della Boxe Mugello. E’ proprio da lì che Elektra è partita ed è anche grazie a loro che si è tolta tantissime soddisfazioni perché “per arrivare a questi risultati questa società ci ha messo tantissimo impegno”. Dal 2022, Elektra ha deciso di smettere con l’agonismo, ma non con il pugilato. E’ infatti diventata arbitro perché per lei staccarsi dal mondo della boxe è veramente impossibile. La giovane atleta nella nostra intervista ha ripercorso tutta la sua carriera, dalle soddisfazioni alle delusioni, passando per i suoi riti scaramantici e per il suo punto di forza. Senza mai dimenticare che in questo sport devi dare l’anima. Ed Elektra di questo ne sa qualcosa.
Com’è nata la passione per la boxe?
“E’ nata grazie al mio babbo che la praticava. Avevo 11 anni quando ho smesso di fare pallamano perché sarei dovuta entrare in una squadra, ma a Scarperia c’era solo quella maschile. Ho cominciato a chiedermi “cosa faccio, cosa non faccio“, e da lì l’idea di mio babbo di farmi cominciare pugilato. Sono entrata nella Boxe Mugello il 25 luglio 2017 all’età di11 anni. All’inizio facevo parte del gruppo dei bambini dove ho fatto i criterium giovanili dove si gestiscono i giochi: salto delle corde, sacchi. L’anno dopo, nel 2018, Gabriele Sarti mi propose di entrare negli agonisti. Cominciai ad allenarmi con i più grandi, ero la più piccola e l’unica femmina”.
Da quel momento non ti sei più fermata fino al 2022 quando hai deciso di intraprendere la carriera da arbitro.
“Sì esatto. Il primo match l’ho fatto ai Campionati Italiani nel 2019 perdendo in finale. Nonostante la sconfitta però ho ricevuto la chiamata della nazionale e fu un’emozione grandissima e bellissima. Da lì primo ritiro in nazionale, match ordinari, primo match con la maglietta azzurra a Dublino, fino al mio primo Europeo. Fu ad agosto del 2019, ma prima prevedeva una preparazione ad Assisi di due settimane e poi dieci giorni di torneo. Persi ai quarti di finale contro la Moldavia. Inoltre, ho fatto anche tanti altri match organizzati dalla Boxe Mugello. Nel periodo del Covid, feci gli allenamenti in smart working con la nazionale fino ad arrivare nel 2021 al mio secondo Europeo a Tbilisi, in Georgia. Ho vinto agli ottavi di finale contro la Romania perdendo poi ai quarti contro la Germania. In quest’ultimo match ho dato tutta me stessa ma era veramente troppo difficile perché la mia avversaria aveva il triplo della mia esperienza. Voglio aggiungere che per arrivare a tutti questi risultati, c’è stato da parte della Boxe Mugello tantissimo impegno, ma anche da parte mia perché stare dietro a quell’età a diete e a tutti gli allenamenti è stato tosto. Poi nel 2022 ho smesso con l’agonismo e ho deciso di intraprendere la carriera da arbitro perché sono legatissima a questo sport e lo sarò per sempre. L’ho fatto per rimanere comunque all’interno di questa nobile arte e soprattutto perché avendo subito in prima persona il fatto che magari alcuni match non siano stati arbitrati nella maniera corretta, ho pensato che fosse corretto dare il giusto peso agli atleti che hanno passato quello che ho passato io. L’ho fatto per salvaguardare quella che un tempo ero io“.
Cosa è per te la boxe in 3 parole.
“Sacrificio, disciplina, emozioni perché l’ho provate tutte: ansia, pianti, felicità“.
Come ti preparavi agli incontri?
“Circa un mesetto e mezzo prima, appena sapevo la data dell’incontro, cambiavo lo stile degli allenamenti. Diventavano sempre più mirati e a volte anche due al giorno. Poi naturalmente c’era una dieta da seguire che inizialmente feci da sola, sbagliando. Dieta nella quale dovevo rientrare in quel peso. Solitamente, cosa che ho fatto io e che consiglierei, è quella di scendere rispetto al peso dove dovevo arrivare per poi, gli ultimi giorni, poter reintegrare per stare tranquilli, senza ansie del giorno prima”.
Qual era il tuo punto di forza?
“Le persone che ti stanno intorno. L’allenatore, chi ti segue, chi ti dà forza per andare avanti quando è un momento negativo. L’essere seguito per un atleta è una cosa fondamentale, soprattutto per un ragazzo giovane che ha tanti altri pensieri per la testa”.
Avevi qualche rito scaramantico prima di salire sul ring?
“Sì, ma cambiavano. Le mie scarpe dovevano essere sempre le stesse, i calzini dovevano essere sempre gli stessi. A proposito di quest’ultimi, li avevo bianchi con delle fiamme, anche se non li ho usati per l’Europeo“.
Ci racconti un aneddoto della tua carriera pugilistica?
“In ritiro a Pompei con la Nazionale. Io ci arrivavo sempre in linea peso, ma l’ultima sera ci hanno fatto mangiare pizza e arancini. Purtroppo, non sono riuscita a mangiare neanche uno spicchio. Questo ti dimostra quanto stavo attento alla dieta, che per me è stata la cosa più difficile di questo sport”.
Qual è stata la tua più grande soddisfazione?
“Vedere mio babbo più contento di me nel vedermi combattere. Poi naturalmente quello che ho raggiunto sono tutte soddisfazioni che non dimenticherò mai“.
La tua più grande delusione invece?
“Tempo fa ti avrei detto il fatto di aver smesso. Ad oggi però credo sia stata la scelta giusta perché non l’ho più vista come la mia strada di vita. E poi è uno sport dove dai l’anima, quindi se lo fai, lo devi fare in maniera giusta, con la testa. Se devi salire sul ring con la metà delle forze non ha senso. In primis perché ti fai male. Poi perché essendoci tanto sacrificio dietro rischi di mandare all’aria tutto per niente”.
Che consiglio daresti a una ragazza che vorrebbe intraprendere la carriera nel pugilato?
“Di intraprenderla con molta forza e molta costanza. E che noi donne possiamo arrivare a fare cose molto migliori dei maschi. Che ci possiamo riuscire perché quest’ultimi spesso non hanno le difficoltà che hanno le femmine all’interno di questo percorso. Anche perché, non tanto oggi ma prima, era uno sport considerato prettamente maschile”.
Hai mai pensato di fare l’allenatrice di boxe?
“Ci ho pensato, ma anche quello non l’ho visto come mio futuro. Forse perché non sono empatica. E mi rendo conto che l’allenatore deve essere parte integrante dell’atleta“.
I tuoi prossimi obiettivi?
“Se riuscirò, di arbitrare o giudicare qualcosa a livello più alto. Però ci vuole tempo perché ho iniziato da poco questa nuova carriera. Mi piacerebbe vedere le soddisfazioni degli atleti, vedere che in un arbitraggio hai fatto veramente quello che dovevi fare e che tutti si sono trovati d’accordo con le tue decisioni“.
Edoardo Martini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 11 Novembre 2024