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La lezione di don Milani. L’intervento del Card. Matteo Maria Zuppi a Barbiana
VICCHIO – Tutti dobbiamo leggere di nuovo “Lettere a una professoressa” e pensare che è scritto anche per noi. Accettiamo il rigore, l’intransigenza di don Milani. Non è eccesso, ma intelligente amore evangelico e umano. Don Milani non può essere ridotto a politically correct, esortazione o facile denuncia. Ferisce, perché svela l’ipocrisia delle parole vuote, della retorica che nasconde l’inedia e chiama questa per nome, senza sconti.
Come disse di lui don Bensi, don Milani è “un diamante che doveva ferirsi e ferire”. Ci mette di fronte alle nostre responsabilità di ruolo e di paternità, ci chiede di farci carico, di non fornire istruzioni per l’uso, che fanno sentire a posto chi le offre, e lasciano solo chi deve applicarle. Ci costringe, tutti, a venire ancora in questo “non luogo”, che in realtà è un piccolo universo, che ci fa cercare ovunque questi bambini di sempre, di oggi, e le tante Barbiane, nascoste nelle case delle periferie o nei campi profughi, dove accettiamo crescano migliaia di bambini senza futuro.
Don Milani non si lascia certo ridurre a oggetto da salotto senza cambiare il salotto e senza uscirne, proprio come aveva fatto lui, borghese, colto, che scelse di imparare diventando maestro, di stare dalla parte dei poveri per trovare la propria, profeta di cambiamento, eppure obbedientissimo prete della sua Chiesa, senza la quale non voleva vivere. Ecco la lezione di don Milani, per tutti, credenti e non: per cambiare le cose, più che innamorarsi delle proprie idee, bisogna mettersi nelle scarpe dei ragazzi di allora e di oggi, degli universali Gianni, e non darsi pace, finché non siano strappati da un destino già segnato; credere che possano essere quello che sono e che questo può essere raggiunto solo grazie ad una scuola che li difende più di qualsiasi altra maestra, una scuola che non certifica il demerito, che garantisce le stesse opportunità a tutti e non taglia la torta in parte uguali, quando chi deve mangiare non è uguale. Deve garantire a tutti quello che serve a ciascuno.
Ci aiuta don Milani oggi ad accorgerci e confrontarci con le disuguaglianze, sentirne lo scandalo e interrogarci sul perché abbiamo permesso che sono cresciute negli ultimi venti anni. Don Milani è un uomo della parola, parola sempre sacra e profana insieme, perché è quella che ci rende immagine e somiglianza di Dio: “Ci sarà sempre l’operaio e l’ingegnere, non c’è rimedio. Ma questo non importa affatto che si perpetui l’ingiustizia di oggi per cui l’ingegnere debba essere più uomo dell’operaio (chiamo uomo chi è padrone della sua lingua). Questo non fa parte delle necessità professionali, ma delle necessità di vita d’ogni uomo dal primo all’ultimo che si vuol dir uomo”.
La sua è stata una vita brevissima, alla quale la Chiesa italiana e tutto il nostro paese deve molto: egli ha fatto della radicalità evangelica il luogo del suo amore alla vita e della sua fedeltà a Cristo. Da credente. “Quando tu non avrai più fame né sete, ricordatene Pipetta, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno finalmente potrò cantare l’unico grido di vittoria degno d’un sacerdote di Cristo: “Beati quelli che hanno fame e sete”. Tre aspetti della sua figura a partire da tre citazioni bibliche.
Don Lorenzo ha trasformato un esilio in un esodo, ha preso per mano la Chiesa, rivendicando il suo servizio agli ultimi non come gesto di affermazione personale, ma come servizio ecclesiale. “Speravo di non esser più un “genio isolato e superiore”, ma una intelligente rotellina fra le tante della grande macchina di Dio”. Ricorda alla Chiesa che le basta il vangelo e alla Repubblica che “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” che limitano l’uguaglianza e libertà è il “compito”, da non tradire e da stare male finché questo non avviene.
Pochi mesi prima di morire scrisse a Nadia Neri: “Quando avrai perso la testa, come l’ho persa io, dietro poche decine di creature, troverai Dio come premio. Ti toccherà trovarlo per forza perché non si può far scuola senza una fede sicura. (…) Ti ritroverai credente senza nemmeno accorgertene”(5). La sua testimonianza non appartiene al passato. Ci interpella e ci mette in cammino verso il futuro, senza tutte le sicurezze, ma con la vera risposta che è la passione evangelica e umana capace di generare vita. Coi giovani si scrive il presente e si cammina verso il domani. Della Chiesa e della società.
1 A. CORRADI, Non so se don Lorenzo, Feltrinelli, Milano 2012, 119.
2 L. MILANI, Esperienze pastorali, LEF, Firenze 1972, 241.
3 L. MILANI, Esperienze pastorali, 235.
4 L. MILANI, Alla mamma. Lettere 1943-1967, Marietti, Genova 1990, 390.
Card. Matteo Maria Zuppi
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 31 Maggio 2023
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