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Paesaggio, rischio idrologico e gestione della vegetazione riparia
MUGELLO – Il Laboratorio Ambientale Mugello, in questo articolo, mette in evidenza, ponendo forti dubbi sull’attuale operato di privati e consorzio di Bonifica, il crescente fenomeno dei tagli della vegetazione lungo i corsi d’acqua mugellani. E si ribadisce che la vegetazione non è “sporcizia”, né causa di inondazioni.
Le presenti note, accodandosi ad un articolo già scritto dal Laboratorio Ambientale Mugello(articolo qui), nascono dalla constatazione dell’aumento della frequenza e intensità dei tagli che vengono effettuati lungo le aste fluviali dei corsi d’acqua in generale e di quelli mugellani in particolare.
L’intento è quello di capire il perché dell’eccessivo taglio di queste compagini boschive sia per mano di privati che del consorzio di bonifica e provare a dare un senso, ammesso che ci sia, agli interventi sia privati che pubblici relativi al taglio della vegetazione riparia sui fiumi principali e sugli affluenti, ruscelli e borri secondari.
Da sottolineare l’importanza, sia positiva che negativa, degli interventi di taglio sulla rete idrica secondaria: è questa che fornisce acqua al fiume principale, nel caso mugellano la Sieve, e che può gestire le portate (oltre all’erosione spondale ed al mantenimento della biodiversità). E’ per questo che tali interventi possono compromettere l’assetto idrogeologico dell’intorno dei fiumi stessi con ripercussioni sia a monte che a valle.
Un preliminare chiarimento: la vegetazione riparia è la vegetazione che si insedia nei pressi, sulle sponde e nell’alveo dei corsi d’acqua. Le aree golenali sono gli spazi di piano compresi tra la riva di un corso d’acqua e il suo argine.
I boschi ripari crescono lungo le sponde dei corsi d’acqua di ogni tipo, dai modesti impluvi e rii a portata idrica discontinua, comprese le aree golenali, il più delle volte confinati in proprietà private di montagna e collina, ai torrenti ed ai grandi fiumi di pianura.
Per la loro particolare collocazione gli alberi, gli arbusti e la vegetazione erbacea presenti lungo le aste fluviali ed al loro interno, svolgono un ruolo spiccatamente multifunzionale che, accanto alla produzione di legno, vede prioritari la protezione delle sponde dall’erosione ed il contributo alla regimazione delle acque insieme alle funzioni paesaggistiche e naturalistiche di connessione della rete ecologica.
Riassumendo: i boschi e le piante dell’ambiente ripario svolgono contemporaneamente e gratuitamente le seguenti funzioni:
Il taglio di tali compagini vegetali in molti casi viene effettuato a raso, o quasi (specialmente dai privati sul reticolo secondario), oppure togliendo quasi del tutto la vegetazione facendo scarsa distinzione fra le fasce di intervento e il materiale asportato: alberi, arbusti e piante erbacee (vedi foto)
A precise domande del perché, spesso viene risposto: per via dei costi e/o per snellire la velocità di deflusso delle acque in caso di piene, anche per non ombreggiare le colture agrarie e per il più agevole passaggio dei grandi mezzi agricoli. Motivazioni non plausibili e spesso con impatti negativi rispetto ai risultati attesi.Sui boschi ripari gli interventi devono essere programmati in funzione di varie motivazioni:
In ogni caso il taglio deve essere di tipo selettivo e colturale, limitando la ceduazione ad ambiti specifici e il taglio raso “solo” a motivi di sicurezza.
Ad esempio: se il rischio di esondazione è l’aspetto prioritario, lo sviluppo della vegetazione riparia nei pressi dei centri urbani e delle infrastrutture dovrà essere limitato, e comunque non tagliato a raso o quasi, per favorire un deflusso delle acque regolare (da considerare che aumentare la velocità di deflusso non sempre è un vantaggio); infatti nei tratti a monte la maggiore presenza di alberi e arbusti stabili contribuirà invece a rallentare i deflussi, favorendo la mitigazione delle piene nelle aree inondabili che comunque naturalmente devono essere inondate (pianure “alluvionali”; quelle dove i nostri comuni di fondovalle hanno permesso di costruire e stanno continuando a permettere la costruzione di capannoni industriali).
In conclusione: la vegetazione non è “sporcizia”, né causa di inondazioni.
Sembra quindi essere ormai radicata la convinzione che alberi, arbusti, erbe e piante acquatiche nei corsi d’acqua siano “sporcizia” da rimuovere e non una condizione naturale da tutelare.
Dal punto di vista ecologico, non vi è dubbio che la presenza di vegetazione in golena sia un fatto positivo, riconosciuto ormai anche dalla normativa Comunitaria (La direttiva europea sulle acque 2000/60 fa esplicito riferimento alle piante come elemento di valutazione del “buono stato ambientale” che deve essere raggiunto) e dalla legislazione Italiana (il D.Lgs 152/99 prescrive la tutela della fascia riparia).
Dal punto di vista idraulico, la presenza di vegetazione in golena ha un importante effetto: l’aumento della “scabrezza” e quindi il rallentamento delle acque che in piena occupano anche le golene. Questo effetto idraulico -peraltro limitato a quella parte di golene dove la piena scorre con velocità elevata, è in genere positivo, perché contribuisce a trattenere l’acqua e quindi a “diluire” la piena nel tempo, abbassandone il picco. Può diventare negativo solo se si verifica in un contesto dove l’innalzamento dei livelli idrici conseguente al rallentamento dovuto alla scabrezza rischia di provocare allagamenti di centri abitati. È solo in questi casi che, a valle di adeguati studi idraulici che valutino l’impossibilità di altre soluzioni, è necessario intervenire rimuovendo la vegetazione delle golene. Va tuttavia precisato che, in una strategia intelligente per contrastare il rischio idraulico, il controllo della vegetazione in corrispondenza dei centri abitati (per velocizzare localmente le acque, abbassandone il livello) va accompagnato da un forte incremento della vegetazione a monte di essi (per rallentare localmente la corrente e laminare le piene, immagazzinandole nelle aree inondabili).
Una seconda motivazione delle “pulizie fluviali” sta nel rischio che gli alberi travolti dalle piene vadano ad incastrarsi nelle arcate dei ponti, ostruendoli e provocando l’esondazione; si tratta, tuttavia, di una motivazione inconsistente. Il rischio paventato, infatti, è reale solo in occasione delle piene maggiori; ma queste sono sempre accompagnate da diffusi fenomeni franosi dei versanti boscati, che rappresentano la fonte principale degli alberi che -trascinati dalle piene- vanno ad ostruire la luce dei ponti. Contro gli alberi provenienti dalle frane le pulizie fluviali sono dunque del tutto impotenti (e, in alcuni casi, addirittura controproducenti poiché rimuovono la vegetazione riparia che potrebbe intercettare e trattenere i tronchi provenienti dalle frane). Una soluzione, dove possibile, potrebbere essere quella di procedere all’ampliamento della luce dei ponti, rimuovendo così le “strozzature idrauliche” (la vera causa che trasforma la vegetazione da fattore di sicurezza in fattore di rischio).
Nell’articolo citato in testa a queste note il tema di fondo è l’abbattimento e l’eradicazione di siepi e piante camporili. Tale tema è strettamente legato a quello trattato nel presente articolo. Ambedue rientrano nel contesto di uno sfruttamento sconsiderato del territorio.
L’auspicio, prima di ogni intervento, è quello di considerare tutto il complesso di servizi che le piante offrono considerando tutti i benefici che queste sono in grado di darci magari avendo un piano di intervento possibilmente coordinato anche con i privati.
Laboratorio Ambientale Mugello
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 29 gennaio 2023
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