BORGO SAN LORENZO – I sacerdoti del Vicariato del Mugello, a turno, propongono una riflessione tratta dalle letture della Messa domenicale. Oggi è la volta del sacerdote studente in servizio all’unità pastorale di Borgo San Lorenzo, Don Nidhin Kochuveetil Joseph.
“Sono pochi i salvati?”. Questo tema del ‘pochi’ e dei ‘molti’ era una questione importante all’epoca di Gesù. Non soltanto interessava il ‘numero’ dei salvati ma ci si interrogava sull’identità di questa categoria, soprattutto ci si chiedeva se anche gli stranieri, i non-ebrei avrebbero potuto entrarvi.
“Signore, quanti sono coloro che si salvano?” È una domanda alla quale Gesù non risponde. Perché? Perché le domande che soddisfano solo la curiosità non hanno senso nel rapporto religioso: Dio, infatti, cerca uno spazio nella vita dell’uomo e non nelle curiosità degli uomini. Egli non solo non risponde alla domanda, ma sposta l’attenzione sul vero problema e dice: “Sforzatevi di entrare per la porta che è stretta”. In altre parole Gesù sottolinea: non importa sapere quanti si salvano, quel che importa è sapere come ci si salva e, soprattutto, a me importa sapere come posso salvare me stesso.
Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità…Ma come si giunge a questa salvezza, come si accoglie? Gesù parla proprio di come è possibile entrare nella salvezza. Dice: Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Perché larga e spaziosa è la via che porta alla perdizione…
Gesù fa tutto un riferimento alla triste realtà, alla tragedia della perdizione, dell’allontanamento da Dio, dell’inferno per sempre. Le espressioni sono molto chiare e dure, con riferimento ad alcune parabole che troviamo in altri testi del vangelo. “Signore aprici… ” è la parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte (Matteo 25,1-13). Poi la parabola del ricco epulone del povero Lazzaro(Luca 16,19-31). Per la salvezza Gesù quindi non richiede soltanto un’adesione formale a lui. La sequela del Maestro implica opere concrete di giustizia e di amore. Come esorterà Giovanni: “Figlioli, non amiamo a parole nè con la lingua, ma con i fatti e nella verità” (1 Gv 3,18). Il messaggio di Gesù in tal senso è chiarissimo. Non basta una religiosità esteriore, meramente cultuale.
Una volta morì un sagrestano e andò all’inferno rimase sorpreso di vedere lì il suo ex parroco e urlò di sorpresa e disse a voce alta “Non avrei mai pensato che saresti caduto all’inferno” lo sgridò il parroco a voce bassa…….shhhhhhhhhhh… per favore non urlare….. l’ex vescovo sta dormendo nell’altra stanza…………
Nel giorno del giudizio saremo giudicati secondo le nostre opere. Non basterà dichiararsi amici di Gesù: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze” Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete…
Non c’è dubbio che tutti conosciamo Gesù, ma se Gesù non ci conoscesse?
Don Nidhin Kochuveetil Joseph
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 21 agosto 2022





