Roberto Giachetti, il deputato del Mugello
MUGELLO – Proprio due anni fa iniziò l’operazione politica per far eleggere Roberto Giachetti come “deputato del Mugello”. Passerelle, inviti, incontri, cene, tanti selfie con sorrisi smaglianti. E poi? Già, ogni tanto si dovrebbe aggiornare la cronaca, prima che diventi storia. E quella per quest’ultimo “deputato del Mugello” è ricca di tanti già: già candidato a sindaco di Roma, già vicepresidente della Camera, già candidato a segretario del PD. Troppi. Senza consultare i propri elettori è passato dal PD nel gruppo Italia Viva. Non si è visto o fatto sentire nei giorni del terremoto: per lui il Mugello è solo una espressione geografica.
Certo, non possiamo dire di non esserci abituati. Dobbiamo farcene una ragione. Il Mugello, politicamente parlando, nella strategia elettorale del partito di maggioranza locale è un cosiddetto collegio blindato, per la Camera dei Deputati e per il Senato della Repubblica. Chiunque vi arrivi catapultato, cioè imposto, finora, e credo anche nel prossimo futuro, ha sempre avuta la sicurezza di essere eletto. Sempre è andata così. Diciamo che il Mugello con la generosità di una parte dei propri elettori, la maggioranza legittima e ineluttabile, ha garantite poltrone di qualità. L’ultima, appunto, è toccata a Roberto Giachetti, romano, per caso di passaggio qui dalle nostre parti, “deputato del Mugello”.
Ho provato a cercare traccia, anche lieve, labile e impercettibile, insomma un qualcosa, che, in questi due anni, possa aver detto o scritto sul Mugello, ma è stato un tentativo che si è fermato ai mesi successivi a quello della tornata elettorale. Un paio di fugaci apparizioni, alla festa dell’Unità e alla fiera agricola. Poi il buio. Decisamente poco, tendente al nulla. Forse si sarà fatto vivo direttamente con chi lo aveva votato e con quegli amministratori che lo accompagnarono nelle passerelle sul territorio. Chissà, forse in sordina, lontano dai riflettori, dispensando consigli e manifestando interesse per le cause e i bisogni del Mugello. Così reitero il forse.
Eppure era stato votato da tanta gente, un plebiscito, al cospetto dell’insegna di casa, quella di un partito storico, il PD, che poi ha lasciato per aderire al gruppo Italia Viva, senza renderne conto ai suoi stessi elettori. Il cambio di casacca in politica, specie in corsa, è uno degli esercizi più radicati e diffusi nel nostro paese, probabilmente secondo solo alle relazioni extraconiugali. Sibbéne, storie di corna che evidentemente però poco interessano i suoi elettori, loro affezionati al perdono o convenientemente smemorati. L’ho detto, era già successo per altri e con Giachetti è accaduto di nuovo. Niente di nuovo.
Si fa per dire, ma sarebbe stato bello trovarlo, almeno una mattina, sul treno dei pendolari, o alla fermata degli autobus, o dentro o intorno ad un qualsiasi tema, non necessariamente un problema da risolvere, che interessa questo territorio. Ma il “deputato del Mugello” non si è fatto notare. Soprattutto la sua assenza abbiamo avuto modo di pesarla nei giorni del terremoto, a dicembre e nelle settimane successive. Certamente sarà stato impegnato, in quel frangente, in questioni più rilevanti delle cosucce in cui si dibattevano gli indigeni di queste parti, compresi alcuni dei suoi elettori. Inevitabile, era a Roma, lì frequenta i palazzi della politica che conta. Lavora per l’Italia Viva e, in fondo, il Mugello ne è solo un angolo.
Gianni Frilli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 12 febbraio 2020
Condivido in toto quanto scritto dal Sig.Frilli. Certi candidati è meglio che rimangano nel limbo da dove sono venuti!
D’accordissimo anche io.
Mi ricordo che tanti anni fa in occasione del suo tour elettorale in Mugello strinsi la mano ad Antonio di Pietro (fu soprattutto per educazione).
A che di lui dopo l’elezione si sono perse le tracce.