“Un popolo cieco, contro se stesso”: la forte riflessione di Padre Bernardo Gianni
BORGO SAN LORENZO – Non è stato certo un intervento di routine, quello dell’Abate di San Miniato al Monte, padre Bernardo Gianni, al convegno sullo sviluppo del Mugello, tenutosi nell’auditorium del Giotto Ulivi a Borgo San Lorenzo.
Un intervento svolto, ha detto l’Abate, pensando soprattutto alle nuove generazioni. E le sue sono state parole forti e chiare, con una riflessione avviata da un passo della Gaudium et Spes, documento del Concilio Vaticano II: “Si può pensare legittimamente che il futuro dell’umanità sia riposto nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza”.
Ma oggi, nella società, ragioni di vita e di speranza, così come responsabilità e bene comune, sembrano “una fatica estranea all’individualismo imperante”.
Padre Gianni ha parlato della situazione di crisi attuale, domandandosi cosa accade “quando la crisi non è piu l’eccezione alla regola ma è essa stessa regola di questa società”. E ha continuato: “la percezione dei giovani, ben al di là della questione economica, è la percezione di essere in un mondo inchiodato su un presente in crisi e incapace di generare per loro un futuro”.
E allora “dobbiamo interrogarci su questa involuzione culturale e sociale oltre che economica”, su “un tempo che si avvita su se stesso, sintomo di una crisi esistenziale”. E sui “sintomi della perversione economica, una tecnologizzazione esasperata: deformiamo il nostro pianeta senza saper usare la tecnologia per salvaguardarlo”.
Parole ancora più forti ha usato lambendo anche la situazione politica attuale. Lo ha fatto con i versi della peotessa Mariangela Gualtieri:
Si torna indietro.
Ancora si prova
la scena primitiva del più forte,
la scena di uno che bastona
uno comanda
e un popolo cieco lo sostiene contro se stesso.
Dove andiamo non riesco a dirlo.
Guarda come arretriamo.
“E’ una diagnosi molto forte quella che Mariangela Gualtieri ci offre –ha notato padre Gianni-. Spettacolare diagnosi di quello che oggi significhi il populismo: un popolo cieco che sostiene chi comanda contro gli interessi del popolo, una prospettiva del tutto alternativa a quello che ci diceva prima Gaudium et Spes, che dice di riporre il futuro dell’umanità nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza”.
Anche il Censis ha fatto diagnosi cupe, parlando di “un Paese condannato al presente senza profondità di memoria e di futuro”. “Manca la memoria, e non c’è più responsabilità del futuro”, ha chiosato il monaco. E allora ha introdotto il concetto di “Bene comune”, leggendo un passo dell’enciclica di Papa Francesco, “Laudato sii”: “La nozione di bene comune coinvolge anche le generazioni future. Le crisi economiche internazionali hanno mostrato con crudezza gli effetti nocivi che porta con sé il disconoscimento di un destino comune, dal quale non possono essere esclusi coloro che verranno dopo di noi. Ormai non si può parlare di sviluppo sostenibile senza una solidarietà fra le generazioni. Quando pensiamo alla situazione in cui si lascia il pianeta alle future generazioni, entriamo in un’altra logica, quella del dono gratuito che riceviamo e comunichiamo. Se la terra ci è donata, non possiamo più pensare soltanto a partire da un criterio utilitarista di efficienza e produttività per il profitto individuale. Non stiamo parlando di un atteggiamento opzionale, bensì di una questione essenziale di giustizia, dal momento che la terra che abbiamo ricevuto appartiene anche a coloro che verranno”.
E ha aggiunto: “Se non c’è educazione di solidarietà verso chi non vediamo ma ci sarà, semplicemente perché viene dopo di noi, la logica del consumismo sfrenato e fine a se stesso è semplicemente il trionfo di un individualismo, diciamo pure sovranista, che pretende illusoriamente di fare del proprio tempo un perenne oggi di suo egoistico sfruttamento. E questo, secondo me, non solo il Vangelo ma il buon senso ci dice che non può essere”.
Ha concluso evocando due concetti. Il primo che “L’uomo è un essere confinario che non ha confini” : “Siamo segnati, feriti da dei confini, è un dato di fatto. Ma l’uomo che si erge s’interroga e va verso il cielo, è l’uomo che questi limiti prova a valicarli uscendo da se stesso, accorgendosi degli altri”. E poi Pascal: “L’uomo supera infinitamente l’uomo”: con l’invito a riscoprire questa molla interiore, spirituale, psicologica. questa tensione per la quale usciamo da noi stessi”. E con un ultimo grido, pensando ai giovani: “Cosa li educhiamo a fare questi figlioli se non facciamo riscoprire loro anzitutto il gusto di essere stati desiderati da un amore credibile, credibile se prepara loro un futuro migliore del presente?” Le ultime parole le ha regalate alla platea, che lo ha più volte applaudito, prese in prestito dalla poetessa scarperiese Margherita Guidacci, che in una sua poesia invita a “Non obbedire a chi ti chiede di rinunciare all’impossibile”.
Vale la pena ascoltare l’intervento integrale di padre Gianni. Per questo “Il Filo” mette a disposizione la videoregistrazione. Qui.
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 19 novembre 2019
Meraviglioso. Era tanto che non sentivo parole così profonde e davvero piene di significato. Siamo un popolo ignorante che si avvita su se stesso, se ne compiace e non si rende conto. Le persone sono sempre più mediocri ed egoiste, nessuno si volta né verso chi ha accanti, né guarda al futuro neppure se è il mondo dei propri figli.