Uomini e lupi, cacciatori antichi
MUGELLO – Un cacciatore-ambientalista mugellano ci invia una sua nota sulla questione della presenza del lupo in Mugello. Volentieri la pubblichiamo.
Dopo la pubblicazione di articoli sulla stampa locale riguardanti episodi di predazione da parte di lupi, nei quali sono state fatte affermazioni prive di evidenze scientifiche, sento l’obbligo di inviare una serie di dati ed informazioni basate su ricerche ed evidenze scientifiche, nella convinzione che un’informazione corretta possa essere solo d’aiuto in una discussione serena e basata su fatti e non sul “sentito dire”.
Le seguenti informazioni sono il frutto di un convegno nazionale che si è svolto il 13 maggio 2017 a Barberino di Mugello, organizzato dall’associazione “Canis Lupus Italia” e da “Rinascita Venatoria Ambientale”. Durante l’evento hanno partecipato come relatori il dottor Davide Palumbo, biologo esperto in osservazioni ambientali; il professor Franco Perco direttore del parco nazionale Monti Sibillini; i ricercatori ISPRA del Ministero dell’Ambiente dottor Caniglia, Galaverni e Fabbri; il dottor Luca Mattioli dirigente della provincia di Arezzo per i servizi a tutela della fauna, caccia e pesca; il dottor Duccio Berzi ricercatore dell’associazione Canis Lupus Italia ed il professor Silvano Toso direttore dell’Istituto Nazionale Fauna Selvatica – oggi ISPRA –
È impossibile raccontare nel dettaglio quanto è stato detto e spiegato dai relatori, sia per la complessità di alcuni argomenti che per la lunghezza degli interventi. Quello che mi preme far conoscere sono alcuni numeri e concetti fondamentali che dovrebbero entrare a far parte del sapere comune, anche per sfatare credenze e dicerie totalmente false.
Va da sé che si debba trovare una linea di equilibrio nella convivenza fra il predatore, gli allevatori ed il resto della comunità, compresi i cacciatori. Per questo motivo elencherò una serie di informazioni estrapolate da ricerche scientifiche incontrovertibili:
- La consistenza numerica della specie “Canis Lupus Italicus” sul territorio nazionale è stimata in circa 1800/1850 esemplari distribuiti su tutto l’arco appenninico dal sud Italia fino alle Alpi Orientali. Il conteggio è stato fatto analizzando il DNA di tutte le tracce rinvenute, monitoraggi con collare ed osservazioni dirette sul campo, per questo il margine di errore è irrisorio. Solo in Toscana sono presenti circa 109 gruppi stabili – un gruppo conta circa 4/5 soggetti – per un totale di circa 550 esemplari distribuiti in tutto il territorio.
- Lo studio del DNA ha anche permesso di escludere quasi totalmente fenomeni di ibridazione con i cani. Dalle ricerche effettuate da ISPRA non è stato rinvenuto DNA canino. Questo sfata completamente una delle dicerie sulla presenza di ibridi le cui predazioni sarebbero molto più deleterie sia per gli allevamenti che per l’uomo. Altro fatto fatto invece la numerosa presenza soprattutto al sud di cani randagi.
- Il lupo, al contrario del comune sentire, è un animale che si adatta bene a molte situazioni ambientali ed è molto elusivo. Se pensavamo ad un animale che vive solo sulle montagna, lontano dai centri abitati, ci sbagliavamo. Si è spinto fino alla Pianura Padana lungo le rive del Po , dove è stato osservato e studiato addirittura in campi di mais. Inoltre, i lupi non sono stati reintrodotti, ci sono sempre stati, ma questa loro espansione è dovuta principalmente alla totale protezione di cui gode ed alla grande ricchezza di fauna selvatica delle nostre montagne. Non esiste paese europeo che possa vantare una così grande densità di ungulati selvatici – cinghiali, caprioli, daini, cervi e mufloni – come in Appennino e sulle Alpi. Se poi si aggiunge la presenza di innumerevoli allevamenti soprattutto di ovini , si capisce che le risorse alimentari per il lupo sono pressoché inesauribili. Inoltre, si riproduce solo ed esclusivamente se le risorse alimentari sono sufficienti.
- Da uno studio effettuato in Maremma, analizzando il contenuto delle feci e di stomaci di lupi trovati morti, si è redatta una classifica delle abitudini alimentari del lupo nel quale si evince che gli animali in salute ed in equilibrio predano:
- Cinghiale 44,44%
- Capriolo 21,37 %
- Daino 13,68%
- Lepre 10,26%
- Istrice 5,98%
- Tasso 3,42%
- Animali dom. 0,85%
Ovviamente queste percentuali possono variare secondo le zone ma il concetto fondamentale è che i lupi in branco cacciano per lo più fauna selvatica. Gruppi destrutturati, cioè privati del maschio o della femmina alpha, tendono a rivolgersi alla fauna domestica, molto più’ semplice da catturare. Questo significa che, per esempio, procedere all’abbattimento del 5% dei lupi presenti sul territorio nazionale come era previsto dal “Piano Lupo” del Ministero dell’Ambiente, su pressante richiesta degli allevatori,destrutturando gruppi familiari, potrebbe solo peggiorare la situazione per ovvie ragioni. Inoltre il 5% è una cifra insignificante che non cambierebbe di una virgola l’esito delle predazioni aumentando quelle a discapito della fauna domestica di allevamento.
Avrebbe poi un costo esorbitante per il dispiego di personale qualificato ed il tempo impiegato.
5. C’è comunque una percentuale piuttosto elevata di mortalità della specie , dovuta principalmente al conflitto fra cacciatori e specie (avvelenamenti) , al bracconaggio, agli investimenti stradali ed infine ad opera degli stessi allevatori.
6. Non sono stati documentati attacchi di lupo su esseri umani. L’ultimo attacco documentato risale alla fine del 1800.
7. Occorre trovare un punto di equilibrio fra la presenza, ormai costante, del predatore ed il mondo degli allevatori, dei cacciatori ed infine della società civile. L’area di conflitto problematica risulta essere quella con gli allevatori che lamentano , non sempre a ragione, la distruzione delle greggi o di singoli capi di bestiame. Nel sud del Paese molto spesso i danni sulle greggi vengono procurati da branchi di cani randagi dando poi la colpa al lupo. Inoltre, i cacciatori non devono vedere il lupo come sanguinario antagonista ma come un “ collega” che caccia sempre nei limiti delle proprie necessità alimentari e nelle regole dettate dalla natura.
Conclusioni : sia la presenza di fauna selvatica ungulati che quella del lupo, sono una ricchezza per l’intero territorio nazionale, ed è necessario rivolgere , da parte dello Stato e delle Regioni una cospicua dose di risorse economiche impiegandole per esercitare la prevenzione. Questo significa, ove possibile, aiutare gli allevatori con Recinzioni e Cani da guardia selezionati e specializzati e con cospicui indennizzi ove i danni dovessero oltrepassare i limiti di tollerabilità.
Da parte degli allevatori sarebbe richiesta onestà, dato che a fronte di aziende soprattutto piccole che hanno avuto danni importanti , ve ne sono altre, soprattutto di medie e grandi dimensioni che si lamentano a prescindere , riguardo agli attacchi di lupo. Da parte dei cacciatori sarebbe richiesto un salto di qualità per uscire dall’“ignoranza” che spesso li induce a comportamenti scorretti e deleteri. Ciò non significa che questi danari vadano sprecati , perché il mantenimento di questo Status è già tuttora un volano di lavoro ed economia indotta (vedi caccia agli ungulati) , anche turistica. In questo sono illuminanti le esperienze pratiche, provate sul campo, nella Montagna Aretina , sotto la guida ed il controllo del dottor Mattioli, come pure le esperienze che si stanno facendo nella regione Emilia Romagna dove è impegnato il Dottor Duccio Berzi .
La Regione Toscana ha invece praticamente cancellato dal proprio bilancio le somme minime necessarie da spendere in prevenzione, lasciando così di fatto soli al proprio destino sia gli allevatori che il lupo.
Boscaiolo
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 21 marzo 2018