Acqua nel Carza e nel Carzola. I dubbi e le memorie di un ex-dipendente Arpat
VAGLIA – “Caro Direttore,
permettimi di esprimere alcune mie personali perplessità in merito alla faccenda dell’acqua della Carza ma soprattutto del Carzola che è la vera fonte del Carza il quale, notoriamente, si seccava in estate ancor prima dei cosiddetti cambiamenti climatici.
Tanti anni fa , circa il 1998, ho effettuato, per conto di ARPAT e come dipendente di essa, accertamenti e documentazioni sulle risorse idriche che potevano essere soggette a sparizione a causa della costruzione delle gallerie dell’Alta Velocità. Ciò permise di ridicolizzare sia lo Studio di Impatto Ambientale sia anche la Valutazione di Impatto Ambientale attirandoci le ire di coloro i quali avevano già sentenziato che sarebbe andato tutto bene nonché del grande Lunardi. Perché le sorgenti da loro previste essere sotto possibile impatto erano poco più di quelle destinate a consumo umano e doveva andare bene così.
Mi sembra in Giugno-Luglio effettuai un sopralluogo sul Carzola.
Poco sopra Paterno (l’albergo e le altre tre case) vi era pochissima acqua ma scorreva. Come più in alto verso le sorgenti sotto Ceppeto. Poi la poca acqua spariva subito dopo l’albergo fra i ciottoli dell’alveo.
Dal ponte sul Carzola, sulla SR 67 della Futa, avevo visto tanta acqua (e fotografata) per cui vi era un mistero. Cercando lungo il corso, il mistero finì presto nell’alveo del torrente vicino, quasi di fronte, a Case Badini. Proprio dai ciottoli dell’alveo vi era una grande risorgiva. Tanta acqua, molto di più di quella vista a monte sia sul Carzola sia sull’altro fosso proveniente dalla parte di Cerreto Maggio. Allora pensai che in quel punto, molto probabilmente, è presente una fratturazione geologica che portava l’acqua vera origine del Carzola. Non sono un geologo ma credo che il dato sia facilmente verificabile sia tramite geologi sia sulle comunicazioni di Cavet sulle venute d’acqua in galleria. Ora tutta quell’acqua va a Sesto Fiorentino e non so se , dopo essere stata rubata al nostro territorio, viene utilizzata da qualcuno con qualche guadagno.
Ritengo quindi che, nella faccenda dell’acqua del Carza e San Piero a Sieve, qualcuno, mal consigliato e molto ingenuamente, si sia rivolto a Publiacqua con troppe speranze, facendo così, di fatto, solo pubblicità a Publiacqua.
Scusate il paragone ma in questa faccenda mi sembra di essere al cospetto delle tre famose scimmiette. Perché queste cose le ho già raccontate a tanti ma si è preferito andare dalla chimera cioè Publiacqua. Faccende di politica per far fare bella figura a qualcuno ?
Inoltre sono dell’avviso che hanno pari dignità anche Vaglia, Tagliaferro, Campomigliaio, La Luna ecc. e quindi il problema del Carza riguarda tutti non solo San Piero a Sieve ed è molto sbagliato fare foto solo a San Piero a Sieve.
Il problema è soprattutto ambientale, cioè di tutti, e non solo di immagine per San Piero a Sieve.
Ed inoltre, tutta l’acqua del torrente Carlone che fine fa ? Vengono rispettate, per il torrente Carlone, le leggi in merito al minimo vitale di acqua da lasciare nel corso d’acqua? E l’acqua del Fosso dell’Acqua Calda dove finisce? Cosa fanno gli ambientalisti di turno che occupano le poltrone di sindaco?
E’ mia precisa convinzione che, se si vuol ragionare seriamente ed arrivare ad una possibile soluzione del problema, bisogna partire solo dai dati scientifici del monitoraggio delle risorse idriche effettuato lungo la tratta mugellana della TAV e da una verifica seria e puntuale della situazione attuale durante tutto l’anno. Gli Enti per fare monitoraggio ci sono già perché credo che continuino ancora i monitoraggi di ARPAT sulle sorgenti. I soldi ci sono“.
( Rubrica Dai Lettori – Carlo Bambi – Ex dipendente ARPAT )
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 25 luglio 2017
Per quanto a mia conoscenza i monitoraggi, pochi, che proseguono vengono effettuati dalla stessa ditta che svolgeva tale attività per conto TAV e quindi, perdonate il dubbio, ma hanno il valore che possono avere… Preciso comunque che a mio modesto avviso ormai da anni c’è ben poco da monitorare.. l’impatto è conclamato ed irreversibile ed i soldi necessari per restituire il Deflusso Minimo Vitale al T. Carza sono tanti. Peccato che non si riesca a far condannare TAV al risarcimento del danno e qui la storia di chi non aveva valutato ciò che stava accadendo è da aule di giustizia a poco valgono le ns. pur legittime lamentele
Scusate il disturbo. Ma quanto può costare alla collettività, non avere più un fiume. Infatti il Carza non poteva che definirsi un “fiume”, visto che l’acqua ci scorreva per 12 mesi. Fino a 7/8 anni fa andavo a prendere il sole, mettendo i piedi in acqua ai cosiddetti “gorellini” dopo la cascata del toro del Solli, prima dell’abitato di San Piero a Sieve. Mesi di luglio e agosto. L’acqua quindi nel Carza, prima dei lavori dell’Alta Velocità, c’è sempre stata. So benissimo quali sono le responsabilità per quanto è avvenuto. Non solo dello “sciagurato” progetto Lunardi. Anche le nostre istituzioni, che dovevano salvaguardare le comunità locali, sono state a guardare o si son girate dall’altra parte. I gesti simbolici non riportano l’acqua in Carza, ma come sarebbe stato bello, pieno, coinvolgente vedere il sindaco di San Piero a Sieve, quello di Vaglia e il presidente dell’Unione dei Comuni del Mugello incatenarsi al ponte dietro la chiesa di San Piero a Sieve per protestare nei confronti di chi ha fatto scomparire un fiume? La battaglia intrapresa dalle comunità della val di Susa dovrebbe insegnarci qualcosa. Quindi a che punto siamo nello studio e progettazione dei “rilanci” di acqua per riportare un minimo di vita nell’alveo del fiume Carza?