Anno nuovo, guardare avanti e camminare insieme
MUGELLO – Vogliamo aprire il nuovo anno pubblicando l’omelia della Messa del Te Deum 2018, del pievano di Borgo San Lorenzo Don Luciano Marchetti. E’ ricca di spunti di riflessione, per tutti. Un aiuto a guardare con occhi nuovi, con occhi di speranza all’anno che oggi inizia.
E’ facile trovare scritto: “La vita è un regalo che apri ogni mattina quando ti svegli“. La vita è un regalo che apri ogni mattina quando ti svegli. Nella vita sono importanti i minuti, i secondi. Per capire il valore di un minuto, chiedi a qualcuno che ha perso il treno. Per capire il valore di un secondo, chiedi a qualcuno che ha appena evitato un incidente. Ma nella vita non è come a teatro; nella vita non si danno repliche; ogni azione è definitiva; ogni occasione è unica; ogni pensiero, gesto, parola, discorso è unico. Questo giorno, quest’attimo, questa occasione di bene non verranno mai più. Questa Messa non potrò celebrarla un’altra volta, è la Messa di questa sera, punto e chiuso.
31 Dicembre 2018: un anno finisce. Io penso che un po’ di malinconia attraversi la vita di tutti noi questa sera. Una malinconia, un rimorso per il male fatto; qualche parola deludente, qualche parola che ha offeso, delle azioni sbagliate, delle scelte sbagliate. E penso ci sia anche un po’ di malinconia per il bene non fatto. Quanti peccati di omissione! Quanti! Anche perché dovremmo non confrontarci soltanto con i Dieci Comandamenti ma con la Lettera di San Paolo ai Filippesi quando scrive: “Abbiate in voi i sentimenti che furono in Cristo Gesù”. Abbiamo tutti noi mancato certamente tanti goal, tante occasioni favorevoli: nel rapporto con Dio, nel rapporto col prossimo. Siamo stati dentro una grande mediocrità, persone un po’ a rimorchio: “Fan tutti così! Il mondo è così!”. Oppure camaleonti, magari, secondo gli ambienti e, quindi, non testimoni. Forse val la pena che nei prossimi giorni ciascuno di noi faccia un esame di coscienza, un check-up su questo anno. Perché ammettere i propri errori, dire: “Ho sbagliato!”, è la strada maestra per rinnovarsi, per crescere, per migliorarsi. Uno scrittore brasiliano ha detto una cosa molto importante per chi ha la mia età oppure è maggiore di me: “Ho contato i miei anni e ho scoperto che ho meno tempo da vivere da qui in avanti di quanto non ne abbia già vissuto. Mi sento come quel bambino che ha vinto una confezione di caramelle e le prime le ha mangiate velocemente ma quando si è accorto che ne rimanevano poche ha iniziato ad assaporarle con calma”. Farò così anch’io. Forse tanti di voi.
E inizia un altro anno, 1° Gennaio 2019. Occorre guardare avanti e occorre camminare insieme. La stupenda Prima Lettura di oggi, che tutti conosciamo: “Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace“, ci regala la certezza dello sguardo benedicente di Dio, cioè Dio sarà con noi quest’anno. Il nostro Dio non ha un volto ambiguo, ci manda il bene, ci manda il male, ci manda la malattia, ci manda la morte. No. Dio sarà con noi, sempre con noi, qualunque cosa ci capiti, tutti i giorni, tutte le ore, anche durante la malattia, anche durante la morte. Questo è il nostro Dio. Lo sguardo di Dio è sempre di benedizione e, allora, aver fede che cosa vuol dire? Vuol dire camminare, giorno per giorno, avendo la certezza della presenza di un compagno che non tradisce, splendido, fedele che è Gesù di Nazareth. E’ una certezza che è ribadita nel Vangelo. Si parla di un nome: “Quando furono passati i giorni per la circoncisione gli fu messo nome Gesù“. Gesù vuol dire Dio salva. Cioè Dio è con noi, Dio è per noi. E, quindi, nella vita ci possono capitare delle cose che non sappiamo spiegare, specialmente il dolore che mai spiegheremo anzi è tempo perso tante volte cercare di spiegare il dolore e i perché – la maggioranza dei perché li porteremo nella tomba – ma importante è non sbagliare il come vivere quella cosa negativa e con chi viverla. Sennò abbiamo la cosa negativa e, in più, restiamo soli nel dolore. Invece, il perché di certe cose della vita mai le capiremo però la cosa da non sbagliare è che occorre camminare con Lui. Questa è la certezza da portare a casa: “Dio cammina con me, qualunque cosa mi capiti, non devo perdere Dio, non devo lasciarmi rubare Dio”.
Ecco, il Dio che è Gesù, il Bambino che nasce a Betlemme, il Crocifisso che muore a Gerusalemme e che oggi è presente in tutto il mondo: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo“. E c’è stato un teologo in questi anni, René Latourelle, un gesuita canadese che ha insegnato per decenni all’Università Gregoriana di Roma, una figura splendida, un teologo intelligente che ha cercato di far vedere la bellezza di Gesù, la bellezza della Chiesa; ha cercato, insomma, di dare respiro, di far capire che dono è il Cristianesimo, la fede, la Messa domenicale, la carità. Ha fatto un lavoro grandioso a livello teologico. Ma da dove partiva? Da questa certezza della compagnia di Gesù. Ascoltiamolo. Lui è nella sua camera, sta studiando: “Signore, durante le lunghe ore di apparente solitudine, nella camera, di fronte al muro, davanti ai miei libri, e alla pagina bianca che fatico a riempire, so di non essere solo, ma che siamo in due. So che sei con me, intensamente presente, che mi avvolgi nel tuo amore, e che leggi, dietro alle mie spalle, quello che scrivo a proposito di te e sono felice che sei con me”.
Questo è il punto di partenza decisivo, è il punto fermo dell’anno che sta per arrivare. La certezza della compagnia, della presenza di Gesù, Gesù vivo, il Vivente, in mezzo a noi. E’ la cosa più importante, ricordiamocelo. Noi siamo cristiani, siamo di Gesù; nel mondo di oggi ci siamo per parlare di Gesù, crocifisso e risorto, e del suo Natale.
E, poi, occorre andare insieme agli altri. E questo è difficile. C’è questa grande fatica, è un momento di grande pessimismo; è un momento in cui respiriamo quest’aria di rancore, di difficoltà; insomma, questa difficoltà a camminare insieme è vecchia come il mondo. Provate a pensare. C’è questo apologo vecchissimo che già ne parlava: “Una volta un cigno, un gambero e un luccio decisero di tirare un carretto con sopra un carico e vi si aggiogarono tutti e tre insieme. Facevano tutti gli sforzi possibili eppure il carretto non avanzava. Il carico era leggero per loro ma il cigno si slanciava verso le nubi, il gambero andava all’indietro e il luccio tirava verso l’acqua. Chi avesse torto o ragione non tocca a noi giudicarlo, però il carretto è ancora là”.
E, poi, in questo momento siamo troppo incapaci di dialogare a livello sociale, politico; questo stile conflittuale; questi arroccamenti feroci, viscerali, volgari non ci portano da nessuna parte. Dobbiamo tornare a trovare parole che accarezzano in casa, in famiglia. Dobbiamo cambiare.
Cominciamo dalle parole. Troppe parole sono parole pesanti che percuotono, che fanno male. Il nostro linguaggio deve cambiare. Occorre saper accarezzare con le parole. Ripeto. Accarezzarci con le parole. Cioè il coraggio di dire, tra marito e moglie o anche parlando con le persone, delle parole che vanno in profondità, che non feriscono ma fanno crescere come un seme, che fanno guarire, che l’altro resta ammirato e, quindi, è aiutato a volersi bene perché la prima cosa è essere in pace con se stessi. Se facessimo così tra marito e moglie, nella vita normale, capendo che una parola può essere un seme, può essere una carezza, la vita cambierebbe. Tutti noi cerchiamo un po’ di affetto.
Conclusione. Ci sono due giorni all’anno in cui non puoi fare niente. Uno si chiama ieri, l’altro si chiama domani. Quello che puoi fare, lo puoi fare oggi. Cioè noi pensiamo a ieri e pensiamo a domani e, intanto, sciupiamo l’oggi. Un poeta ha scritto così: Un tenero fiore dai delicati colori era sempre in attesa delle api. Ma le api non arrivavano mai. Il fiore continuò ad aspettarle e sognarle. La luna una notte gli domandò: “Non sei stanco di aspettare?”. “Non posso, perché se ogni giorno non mi schiudo, appassisco“. Questo è l’augurio per me e per voi: questa voglia di sbocciare, di sbocciare alla fede, alla speranza, all’amore, giorno per giorno. “Se non mi schiudo, se non mi apro, appassisco“, perché siamo fatti ad immagine di Dio e Dio è Amore. Questo è il mio augurio: che ciascuno di noi, giorno per giorno, continui a sbocciare, continui ad amare. Buon anno a tutti voi.
Don Luciano Marchetti
NONOSTANTE I SOLITI ERUDITI, CON IRRISIONI ED OFFESE, L’OMELIA DI DON LUCIANO DURANTE LA SANTA MESSA DEL 31 DICEMBRE, E’ STATA DI UNA GRANDEZZA MORALE SENZA CONFINI.
Bellissima. E grazie di averla pubblicata.