Assolti. Cocchi, Luchi e Lotti si raccontano ai barberinesi. “Ma dove sono giunta e PD?” chiedono dal pubblico
BARBERINO DI MUGELLO – Tanta gente ha affollato la sala del Centro Civico di Barberino di Mugello (articolo qui) per ascoltare la voce di tre ex-amministratori locali di spicco, Paolo Cocchi, Gian Piero Luchi, Alberto Lotti, protagonisti loro malgrado, della vicenda giudiziaria che per anni ha turbato la vita politica barberinese, e che si è conclusa con il loro proscioglimento.
Un incontro sicuramente non usuale, e per certi aspetti teso e amaro. Con i tre che hanno sentito la necessità di incontrare i loro concittadini, di promuovere una riflessione pubblica su quello che è loro accaduto e più in generale sui rapporti tra politica, giustizia e informazione. Dando testimonianza della vicenda, del loro stato d’animo, con toni spesso d’amarezza e talvolta di sarcasmo.
Di gente ce n’era tanta, molta con i capelli bianchi, dai cinquant’anni in su: tanti i militanti del vecchio PCI, quasi tutti ancora elettori del Partito Democratico. E per questo, in un paio di interventi del pubblico, si è esplicitato un disagio: “Avete fatto bene a organizzare la discussione – ha detto ad esempio Maurizio Casagli – ma doveva essere il Pd a promuoverla. Se il partito di maggioranza non discute di questo, di cosa discute? E’ stata una vicenda importante, e la tanta gente qui presente dimostra che l’argomento è sentito. Ma se l’incontro non lo promuove il Pd chi lo deve promuovere, i cittadini in vetta piazza?”. E Tiziano Zazzeri: “Purtroppo stasera vedo delle assenze in questa sala che non ci dovrebbero essere. Forse non hanno colto il tentativo di rilegittimare una politica. Con silenzi e mancate presenze hanno perso un’occasione”. Il riferimento era chiaro, perché in sala mancavano del tutto gli esponenti pd dell’attuale giunta barberinese – c’era solo il socialista Giuliano Biancalani – e mancava la segreteria del partito.
Al termine della serata, nei capannelli, Cocchi ha detto qualcosa sull’argomento: “Perché non siano venuti non ho idea, andrebbe chiesto a loro. Io formulo un auspicio: che questa sentenza scongeli la discussione pubblica a Barberino. Che secondo me è stata gravata da questa inchiesta che ha gettato discredito e interrogativi su una gestione amministrativa e su scelte politiche che bene o male costituiscono la base su cui ancora oggi si amministra e si deve discutere. Non voglio giudicare il Pd. Dico solo che è un’assenza incomprensibile, ed è incomprensibile che non l’abbiano organizzato loro”.
Gli interventi di Lotti, Luchi e Cocchi hanno ribadito e sottolineato i vari aspetti della vicenda. E si è parlato della crescente sfiducia nei partiti, delle assoluzioni e del non doversi procedere, dell’unico condannato, per falso ideologico, l’architetto Pinarelli, “perché – ha detto in modo amaro Luchi – qualcuno doveva pur essere condannato, per giustificare l’ingente spesa di un procedimento iniziato nel 2007 e terminato nel 2016”. E Luchi ha detto che rimane ancora in sospeso un procedimento giudiziario, che vede coinvolti Pinarelli, Luchi e Lotti per l’utilizzo del cellulare di servizio per telefonate alla famiglia, con un danno presunto tra i 5 e i 20 euro: “valeva la pena processarci per questo?”, ha chiesto l’ex-sindaco.
Che ha ricostruito l’inter della vicenda giudiziaria,con le intercettazioni, le lettere anonime, i tempi lunghi, i costi del processo, la richiesta di prescrizione, 9000 pagine di documentazione e ha ribadito la correttezza del loro operato “niente cupole più o meno locali, niente comitati d’affari a condizionare le scelte urbanistiche: ci siamo assunti la la responsabilità, per far crescere il paese di Barberino nell’interesse del bene comune.”
L’ex-vicesindaco Lotti da parte sua ha ripercorso la vicenda urbanistica di Barberino. E ha espresso il rammarico per il fatto che l’inchiesta ha prodotto un black-out: “Tutto per cinque anni si è bloccato. E la montagna delle indagini ha partorito un topolino”.
Duro e amarissimo l’intervento di Cocchi – tanto che il direttore del “Corriere Fiorentino” Paolo Ermini lo ha descritto come “pessimismo cosmico” -, di una persona che ha visto distrutta la sua brillante carriera politica. Cocchi ha parlato di “alcuni cittadini in guerra contro il comune per interessi molto privati, che hanno usato l’arma della diffamazione anonima, mandando in onda un teleromanzo criminale completamente inesistente. Creando un danno pubblico gravissimo, cinque anni di immobilismo amministrativo”; ha descritto l’accanimento di giudici e di certa stampa – in particolare della redazione fiorentina di “Repubblica”, e si è soffermato sul fatto che una parte della magistratura è vittima dell’ansia giustizialista, facendo un quadro tetro dell’Italia, Paese impaurito e diviso dai rancori, con la politica succube. “La soluzione? – ha concluso- Forse un cataclisma. E la mia immaginazione riformista è al momento spenta”.
Ermini da parte sua ha commentato la vicenda, ampliando lo sguardo al rapporto malato tra giustizia e politica: “La vicenda di Barberino si inserisce in quello che si chiama giustizialismo. Basta un avviso di garanzia e zac il politico cade. E’ il frutto di quella stagione che passa sotto il nome di Mani Pulite. Espressione bellissima. Ma il problema non è la battaglia contro la corruzione, ma le modalità che questa battaglia ha preso”.
Poi gli interventi del pubblico. Con un’amarezza di fondo, con il disorientamento per una situazione politica sempre più confusa – Cocchi ha insistito sulla fine delle grandi culture politiche -, e di una vicenda amara che vede confermato, anche da questo incontro, una spaccatura crescente all’interno del Pd.
Il Filo
(Foto: Paolo Menchetti)
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 5 maggio 2016