
MUGELLO – Il recente attacco ad alcuni capi di bestiame ha riproposto il tema sulla pericolosità dei lupi. Canidi, predatori carnivori, un tempo uno dei mammiferi più diffusi sull’arco dell’Appennino. Argomento popolare, che divide l’opinione pubblica. Proviamo ad approfondire. Pericolo reale o allarmismo?
In effetti il lupo non è un animale domestico. Tantomeno si presta ad essere ostentato come un normale canide, nelle passerelle domenicali, magari nei centri commerciali all’aperto, e presentato come fosse la macchina nuova, la moto o la bicicletta super tecnologica. Semplicemente è un animale, punto. Come tale è parte integrante del sistema pianeta Terra, nel suo complesso equilibrio fra umani, animali e piante. E non sappiamo se per questo coacervo di razze e varietà sia valida l’asserzione “tutti necessari, nessuno indispensabile”.
Come sempre partiamo dai dati di fatto. C’è stato un attacco di lupi, verosimilmente più di uno, che ha visto soccombere alcuni capi di bestiame, nella fattispecie bovini (articolo qui). Di per sé non è una novità in quanto, non molti mesi fa, analoghe situazioni si ebbero anche a danno di greggi (articoli qui e qui). Chiariamo subito, certamente è un problema. Economico per gli allevatori, psicologico per lo stesso bestiame, che ovviamente lo percepisce e lo teme. Insomma una storia di non poco conto. Resta, invece, il dubbio sull’aggressività e sul pericolo per le persone.
Le stime del WWF (World Wildlife Fund – Fondo mondiale per la natura) attestano che in Italia siano presenti circa 1600 esemplari. Troppi? No, almeno secondo il parere di questa organizzazione, poiché ogni anno per mano dell’uomo ne muoiono circa 300. E, scendendo nel dettaglio, sembra che almeno uno su due sia vittima di azioni di bracconaggio. Insomma un conto è difendersene, tutt’altra l’eliminazione indiscriminata. Il tempo del luparo, narrato e ripreso nella cinematografia, è finito.
Eppure San Francesco di fronte al feroce lupo di Gubbio non ebbe paura. Lo affrontò a viso aperto, ci parlò, lo benedisse. Poi, gli disse: “Vieni qui, frate lupo; io ti comando dalla parte di Cristo che tu non facci male né a me, né a persona.” E continua, “e fatto il comandamento, venne mansuetamente, come un agnello, e gittossi ai piedi di San Francesco a giacere.” (capitolo XXI dei “Fioretti di San Francesco”).
Ma l’era contemporanea è poco incline al sentimentalismo o meglio, in senso lato, all’ambientalismo, animale o vegetale che sia. Così come, sempre in materia, lo erano state anche le epoche precedenti. Uomo cacciatore. Del resto le stesse istituzioni, nella conferenza Stato Regioni, con il “Piano di gestione e conservazione del lupo in Italia”, ne prevedono l’abbattimento, per motivi di sicurezza a sostegno delle attività di allevamento, entro una soglia massima del 5 %. Di pari passo al riconoscimento del danno a chi ne abbia subito perdite per l’aggressione.
Quindi equilibrio e ragionevolezza. Tutela dell’ambiente, sì, però al contempo salvaguardia dell’opera di chi lavora nel settore dell’allevamento. Sicché nessun safari o violenza gratuita, tantomeno la caccia per il trofeo da parete.
Gianni Frilli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 31 maggio 2017