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Bitume a Massorondinaio, le ragioni dei cittadini
SCARPERIA E SAN PIERO – Salute pubblica. Attività industriali insalubri che lavorano con autorizzazioni concesse, a volte, in assenza di adeguati controlli. Poi, solo e soltanto, a seguito delle segnalazioni dei cittadini, la macchina pubblica si mette in movimento per esaminare i documenti, istruire verifiche e compiere analisi ambientali. Così emergono infrazioni amministrative, formali e sostanziali, che vengono recapitate agli interessati in forma di diffida, con l’ingiunzione di rispettare regole e normative. Impianto di bitume di Massorondinaio. Cittadini in difesa della propria qualità di vita. E la Regione Toscana da loro ragione.
Documentati e preparati. Indomiti, forti per la ragionevolezza delle loro istanze. Stiamo parlando di un manipolo di cittadini, quelli che vivono in prossimità dell’impianto di bitume di Massorondinaio, a San Piero a Sieve. Negli anni hanno visto cambiare quella che era una primordiale cava di estrazione degli inerti, evoluzione dell’attività artigianale dei vecchi renaioli lungo il fiume Sieve, in un impianto di produzione e lavorazione del bitume. Una storia che nasce circa 50 anni fa, e si perde nei rivoli della burocrazia amministrativa, sotto lo sguardo spento, sonnolento, di una politica locale distratta da altre tematiche. Chissà. Comunque, ed è bene ricordarlo, beneficiata dalla munificenza e dalle sponsorizzazioni che quell’imprenditoria ha profuse nel tempo alla comunità stessa. Come sempre, dati di fatto.
Ma che in quell’impianto di bitume, troppo vicino alle abitazioni, con l’emissione di miasmi insopportabili, tecnicamente “disturbi di natura olfattiva” – come vengono definiti dalla Regione Toscana nel Decreto n. 8423 del 30/05/2018, “Provvedimento di diffida, ai sensi dell’art. 278 Parte Quinta, Titolo I del D.lgs. n. 152/206 e s.m.i.” – il rispetto delle regole fosse da verificare era prima un auspicio, in seguito un dovere. I cittadini lo avevano chiesto, più volte, in varie forme ed altrettanti modi. Inizialmente ignorati, addirittura apostrofati con toni denigratori da parte di coloro che intravedevano, in questa azione, la solita becera protesta contro l’amministrazione pubblica, verso cui, questi, riconoscono sempre l’infallibilità e la correttezza. Insomma, effetti del pensiero omologato.
Adesso la Regione Toscana ha chiarito, con quel decreto di diffida, in maniera ineluttabile, facendo proprie le osservazioni di altri enti e autorità pubbliche, che quell’impianto di bitume ha dei problemi, seri e gravi. La lista dei provvedimenti migliorativi è ben definita. Da oggi, anzi da qualche giorno, l’attività produttiva di quella società non potrà prescindere dal rispetto delle regole. Tutto ciò nonostante la latitanza dei politici nostrani, compresi quelli recentemente elevati a sedersi sullo scranno di rappresentanza uninominale del territorio nelle assise romane.
Dopo “l’affaire” della centrale elettrica a biomasse, legalmente avversato sempre dalla popolazione, che riuscì a frantumare la consistenza argillosa della politica locale, tronfia nell’ostentare la conoscenza della materia, in un vezzo pseudo accademico che spaziava dall’energia rinnovabile all’imprenditoria circolare, ecco una nuova vittoria civica, la seconda. Ma i casi di industrie insalubri, restie ad accettare i dettami della normativa ambientale, insomma vocate al profitto a scapito della salute pubblica, non si esauriscono con questa cronaca. Sicché ne parleremo ancora. Purtroppo.
Gianni Frilli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 11 giugno 2018
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