Contrordine compagni! Niente scuola il 7 ma l’11 (forse)

Esercitazione al Giotto Ulivi
MUGELLO – L’Ansa ha battuto da poco lo slittamento della riapertura delle scuole, dopo che ieri la Ministra aveva tassativamente confermato il 7 come data per la ripartenza. Ma dal governo degli incapaci possiamo aspettarci di tutto, magari in conferenza stampa in mondo visione, quelle che Casalino prepara con dovizia di particolari con veline a corredo, e magari la sera alle 22.00.
Ci sono, mi pare, molti ragionamenti che hanno una logica: a scuola non ci si contagia (il 2% dicono) ma ci si ferma per tante ore (dr Galli), i trasporti sono inadeguati, il doppio turno – come accadeva negli Anni 70 senza morti e feriti – non è stato organizzato e poi il sindacato non lo vuole (e non solo, credo), gli assembramenti alle fermate del servizio pubblico, all’ingresso e all’uscita delle scuole sono ineliminabili.
Forse è vero tutto e forse tutto è confutabile. Che la scuola dovesse prima o poi riaprire, lo sappiamo dal 10 di marzo di un anno fa, quando scese il silenzio del lockdown.
Manca una visione di tutto e quindi anche della scuola, si tira a campare e si da il senso dello sbandamento, chi ci governa non sa che pesci prendere. Vedremo.
Ma vorrei sottolineare alcuni aspetti che in questa discussione emergono poco, o non abbastanza, come sarebbe necessario.
Agli studenti vengono sequestrati anni bellissimi, valga per tutto la magica fase della preparazione della maturità, il gruppo, il confronto, la ripetizione e la discussione sugli argomenti, e poi in classe e fuori, la complicità, empatia e simpatia. Momenti che non ci saranno mai più e che non potranno essere recuperati.
La situazione della gioventù in questi ultimi decenni si è modificata così come la realtà socio-economica, e gli strumenti che utilizzi per tamponare un’emergenza non sono neutri ma si collocano in un contesto, si sarebbe detto un po’ di tempo fa, un contesto che studi di istituti specializzati, sforna studenti, anche liceali, che hanno difficoltà alla comprensione di un testo, anche di giornale, salvo che non sia la “breve”. E che la formazione ricevuta non sia adeguata nel sostenere il ragazzo o la ragazza a giocarsela alla pari nel mondo dei grandi. Non solo non c’è più il concetto della scuola come ascensore sociale che ti poteva affrancare dalla povertà, nel senso più ampio, e aiutarti nel farti spazio nella società – che trovo ancora in certe fasce di immigrati – ma si sta verificando una caduta dell’insegnamento un po’ dappertutto e in particolare in quelle tecnico – professionali.
La formazione, o didattica, a distanza, la “dad” sta aumentando queste distanze di differenza di formazione, di istruzione e si rischia di allargare il fossato tra ceto e ceto sociale.
Nella meravigliosa Toscana, sia detto senza ironia, nel momento del lockdown c’erano 50 comuni che non avevano (molti ancora non ce l’hanno) una connessione accettabile. Questo significa che i ragazzi, tutti i ragazzi, non possono usare la tecnologia, perchè “manca il filo”. Le famiglie poi non sono tutte uguali; quando tutte “hanno il filo” si pongono alrtri problemi: ci sono ragazzi con lo smartphone ultima generazione, ipad e personal computer a disposizione, e ragazzi di famiglie numerose e povere che devono fare i turni e usare strumenti non adeguati.
Il tutto mentre Banca d’Italia ci ha avvertito da mesi che sta crescendo la differenza tra il titolo di studio conseguito e l’effettiva formazione ricevuta. Stiamo tornando al tempo di Gianni e Pierino di don Milani. Con il figlio del dottore eccetera. Quindi non premiando il merito o l’impegno ma tutt’altro.
Il problema dei trasporti è vero, verissimo; ma non si poteva fare un piano serio togliendo alibi anche alle Regioni? Sono stati impegnati 5,5 miliardi del Recovery nel cashback (cioè si rendono soldi, se si rendono, ai consumatori benestanti che molto hanno potuto spendere, registrando peraltro un numero di adesione alla App specifica assai superiori a quella App Immuni che doveva servire in funzione anti Covid, altro flop di Arcuri, ma lasciamo perdere) più una svariata sfilata di bonus e mance dalla bicicletta ai rubinetti. Ma sui trasporti si preferisce trincerarsi dietro una supposta prerogativa di competenza delle Regioni, come se i DPCM non avesse fatto carta straccia delle competenze delle regioni e non solo.
Massimo Biagioni
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 5 Gennaio 2021
Aderisco a tutto ciò che ha scritto.
Analisi estremamente lucida e totalmente condivisibile.
….una voce sicuramente dissonante dalle posizioni del Filo.
Noi, come vede, pubblichiamo anche i commenti critici. Sarebbe meglio però fossero un po’ più circostanziati. Specie se ci si nasconde nell’anonimato…