“Demolite quei chioschi”: lo ordina il comune di Borgo San Lorenzo
BORGO SAN LORENZO – Chioschi o bar e ristoranti in piena regola? La risposta alla fine l’ha data la Procura di Firenze. Che non solo ha aperto un’inchiesta (vedi articolo) che ha coinvolto tecnici e amministratori del comune di Borgo, ma ha chiesto allo stesso comune “di rivalutare la pratica riferendo se e quali provvedimenti sanzionatori intenda assumere”.
E il sindaco borghigiano Paolo Omoboni ha deciso di cambiar rotta rispetto al passato. Così sono già state emesse quattro ordinanze, per altrettanti esercizi commerciali, che dovranno essere demoliti, entro novanta giorni, perché considerati opere abusive, “eseguite e realizzate in assenza di Permesso di Costruire”. Si tratta de “La Capannina” nel parcheggio di viale della Resistenza-parco della Misericordia, del bar-pizzeria “Glamour” a Panicaglia, del chiosco “Piter Pan-Ino” nel parcheggio di viale Giovanni XXIII, e del chiosco “L’Oasi del Gusto” in viale Kennedy.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata proprio la struttura in legno costruita in viale Kennedy, recentemente costruita e fortemente contestata dai residenti nella zona dell’area, che non mancarono di fare esposti, innescando controlli e un intervento della Procura che poi ha messo in discussione la regolarità di altri cosiddetti “posteggi fuori mercato”. E particolari attenzioni si sono appuntate anche su quel chiosco che è divenuto bar-pizzeria a Panicaglia, oggetto di varie contestazioni da parte dei vigili urbani. Del resto la stessa Procura parla di “illegittimità edilizia per mancanza di idoneo titolo”.
Ma non si tratta di semplici abusi edilizi. Il pasticcio sembra proprio averlo fatto, ormai da anni, il comune. Da quando, nel 1990, l’allora sindaco Baggiani concesse un’autorizzazione provvisoria a installare un chiosco per la vendita di frutta in viale della Resistenza. Da allora il provvisorio è diventato definitivo, e altri chioschi “definitivi” –contraddizione in termini-, sono sorti, con atti passati sui tavoli di vari sindaci e assessori al Commercio. E adesso la patata bollente è in mano al sindaco Omoboni, che ha deciso di adempiere le indicazioni della Procura e di ripristinare la legalità.
Ma non sarà un’operazione facile, e gli avvocati dei proprietari e gestori dei chioschi stanno affilando le armi, perché quelle strutture hanno ottenuto in passato il rilascio di autorizzazioni comunali specifiche. Che però, secondo la Procura ed anche a giudizio della Regione Toscana non potevano essere rilasciate.
E’ una vicenda intricata, con norme e regolamenti poco chiari, pressioni per avere ampliamenti di superficie, realizzazione di strutture permanenti.
Ad uno dei titolari di una delle strutture che il comune ha ordinato di demolire la Procura contesta ad esempio la “trasformazione di quella che doveva essere una struttura qualificabile come dehors e quindi ‘mobile, smontabile o facilmente rimuovibile’, con pavimentazione in legno e copertura in materiale ignifugo, in un vero e proprio ampliamento del chiosco già esistente con il quale di fatto andava a creare un corpo unico con base in cemento, pavimento in mattonelle e copertura in carta catramata destinato ad accogliere 12 tavolini e 33 posti a sedere più vari elettrodomestici”. Quanto alle superfici, il regolamento comunale prevedeva 30 mq, e alla fine si sono superati i 60. E per lunghi periodi il comune ha girato lo sguardo altrove, creando precedenti e situazioni fuori controllo.
Poi nel 2014 la giunta Bettarini – era assessore Paolo Francini, e prima di lui queste vicende le aveva seguite l’assessore Romagnoli – cercò di sanare la situazione modificando il piano di commercio. E all’inizio non aveva indicato neppure le misure massime da prevedere per queste strutture, e fu necessario un emendamento di Piera Ballabio, per mettere questi paletti. Ballabio allora commentò la vicenda con parole dure: “Una vicenda che rasenta l’assurdo. E quindi io capisco che oggi vogliate mettere una pietra sopra a tutte questa vicendaccia, ma noi restiamo assolutamente contrari, per i vizi precedentemente sollevati”.
Il vero problema è che si sono fatti costruire manufatti permanenti su suolo pubblico e “questo – nota la Procura – li rende privi del presupposto principale, la titolarità del suolo, per il rilascio di un titolo edilizio a colui (diverso dall’ente proprietario) che intenda realizzarli”. Una costruzione senza alcuna autorizzazione edilizia. Un pasticcio grande che difficilmente si chiuderà i modo indolore, sia sul piano economico-occupazionale, sia sul piano delle responsabilità civili e penali. Le ruspe non entreranno subito in azione. Ma una schiera di avvocati è già pronta alla battaglia legale.
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 29 aprile 2016
Non sono d’accordo con questi provvedimenti.
In un’Italia sempre più difficile da vivere,queste persone hanno offerto un servizio,se non fossero gradite le persone non ci andrebbero e fallirebbero.
Invece le persone ci vanno e allora? Vuol dire che funzionano, che hanno un loro senso di esistere,oppure dobbiamo tutti essere costretti ad andare nei centri commerciali?
Quindi viviamo e lasciamo vivere che la vita è breve.
Finalmente una notizia da pollice su. Il problema sarà quando verrà eseguita la demolizione e cosa costerà all’amministrazione cioè a tutti noi. Ricordiamo come nacque la capannina nel parco della misericordia. Cosa vorranno in cambio?