BARBERINO DI MUGELLO – Vicenda paradossale si racconta oggi su “La Nazione”. Una vicenda di danni causati otto anni fa dai lavori della variante di valico, mai indennizzati da società Autostrade.
La brutta storia di malaburocrazia la illustra Mirko Biti, il figlio del proprietario del fienile, adesso deceduto.
Durante i lavori per la realizzazione di una galleria della variante di valico, il lotto 12, nella zona di Migneto a Barberino di Mugello, tra il 2007 e il 2008 un fienile di proprietà di suo padre subì gravi danni, fino al crollo del tetto. “Autostrade” si impegnò a riparare, pagò gli studi tecnici, ma non è mai arrivato a “cantierizzare”. Risultato: nove anni dopo l’edificio si è trasformato in un rudere a rischio crollo e sono scaduti i permessi di comune, sovrintendenza, genio civile per ricostruire il fienile. E non c’è stato solo lo spreco di soldi pubblici e i danni a un cittadino. C’è stata perfino la beffa finale: ora da Autostrade hanno suggerito al proprietario, se vuole che l’intervento sia fatto, di far loro causa.
La vicenda ebbe inizio a fine 2007. Il lotto 12 della variante di valico fu vinto dalla ditta Ferrari, che poi fallì (l’azienda sosteneva di non aver avuto da Autostrade i soldi dello stato di avanzamento). Fatto sta che i lavori rimasero fermi più di un anno, con gli scavi aperti. I consolidamenti del terreno non erano stati ultimati, e così si innescò un movimento franoso, con la riattivazione di una preesistente paleo frana, fenomeno evidenziato anche dall’Osservatorio Ambientale per la Variante di Valico. In pratica era stato tagliato il piede del pendio, e il terreno era scivolato in basso, con un pur lieve movimento del terrapieno che reggeva tutto l’edificio del fienile. Era una struttura vetusta ma sana, il cui muro in pietra comincio a creparsi e alla fine –fortunatamente quando all’interno non c’era nessuno- vi fu il crollo del tetto.
Il signor Biti denunciò l’episodio durante un’assemblea pubblica tenutasi a Barberino sulla variante di valico. “E al termine dell’intervento –racconta il figlio, Mirko Biti- mio padre fu avvicinato dall’ingegner Antonino Russo, direttore lavori di società Autostrade. Fu molto comprensivo e disponibile. Venne a Migneto a verificare quello che era accaduto, valutò la situazione, predispose metodologie di controllo sul movimento della frana, e ci spiegò che quelle eran cose che potevano capitare quando si realizzano lavori di scavo così vasti, ma aggiunse di non preoccuparci: il fienile lo rifacciamo noi, disse, ricostruiremo il tetto”.
Così Società Autostrade incaricò uno studio tecnico locale per presentare il progetto e richiedere le autorizzazioni a tutti gli enti. Fu fatto tutto, tutto pagato da Autostrade, e a quel punto mancava solo l’apertura del cantiere.
Ma a distanza di otto anni niente è stato fatto. “Non so più che dire –si sfoga Biti-. Sono stato preso in giro fino ad oggi, hanno tentato di portarmi allo sfinimento. C’è una responsabilità fondamentale di Autostrade, una responsabilità che loro stessi hanno riconosciuto, visto che hanno dato incarichi di fare indagini e progetti. Da parte nostra, mai abbiamo pensato a far causa, cercando un approccio collaborativo. E il progetto presentato mai è stato contestato”. Un progetto per sanare un danno intorno ai 150 mila euro, ora magari accresciuti, visto che senza tetto la struttura è rimasta esposta per otto anni alle intemperie.
Biti per anni ha fatto la spola presso la sede di Spea, la società di progettazione di Autostrade, a Barberino. Trovando sempre più un muro di gomma, con continue promesse e continui rinvii. Di recente l’ingegner Russo è stato rimosso dall’incarico e sostituito. E il nuovo dirigente non sembra in grado di dare soluzione al problema. Tanto che per Biti si è giunti all’ultima beffa: “Mi hanno consigliato –dice- di far loro causa, se voglio risolvere la cosa…”
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 13 dicembre 2016