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Ilio, novantottenne di Firenzuola, e il peso della memoria
Ilio Brunelli a Firenzuola (foto di Marta Magherini)
FIRENZUOLA – Se uno capita a Firenzuola, e per la precisione fuori Porta Bolognese con molta probabilità si imbatterà in un vecchio magrolino con la sciarpa e berretto sia d’estate che d’inverno, che attende ai piedi di una ripida salita (quella che porta al cimitero) qualcuno che lo accompagni in auto; perché Ilio Brunelli, a 98 anni, di percorrere quella salita con le proprie gambe non se la sente più.
In confidenza mi dice: “Arrivare ci arrivo ancora, ma mi prende l’affanno e poi quando mi metto a chiacchierare con Iole (sua moglie morta un anno fa, ndr) mi emoziono e capisco che emozione e affanno insieme sono per me un peso che non riesco più a sopportare”.
Già questa, nella sua semplicità, sarebbe una storia che meriterebbe di essere ricordata: 65 anni di matrimonio, di fedeltà, di semplicità, con Ilio che ogni giorno, anche due volte al giorno, va al cimitero a trovare la moglie defunta, sta lì, in piedi, davanti alla tomba, sistema quel poco che c’è da sistemare (Ilio è un uomo che la vita ha reso semplice), chiacchiera un po’, bacia la foto e si augura di potersi ricongiungere al più presto alla sua stessa vita.
Ma Ilio ha un’altra storia, che nessuno incontrandolo lì in fondo al cimitero degli Allegri può immaginare.
Ilio conosce il peso della memoria: è un uomo ancora lucido che ricorda molto bene le vicende che gli sono capitate. Perché Ilio ha fatto per tre volte la seconda guerra mondiale; due volte per il bene dell’amata patria e una volta per cercare di portare a casa quel che restava della sua pelle. Non mi soffermo sulle vicende storiche perché già ampiamente note e descritte; ma voglio capire e raccontare il peso che quest’uomo porta ancora oggi sulle sue spalle.
La prima sua guerra mondiale la fece in Africa, dopo giorni di viaggio nel deserto. Erano pronti a sferrare l’attacco al nemico ma una grave infezione che lo mise in pericolo di vita non gli consentì di andare in battaglia. Del suo plotone non si salvò nessuno, salvo Ilio, l’unico superstite. Mi dice, quando lo racconta: “Sono stato miracolato”.
Guarito, dopo vari mesi fu spedito sul fronte greco e albanese; la sua compagnia andò allo sbando e lui vagò per mesi senza meta e senza sapere come comportarsi. Alla fine la paura lo tradì, fu preso dai Tedeschi e portato nel campo di concentramento. Lì affrontò la sua terza guerra nel conflitto mondiale, la più dolorosa: “Niente è stato più duro, davvero non credevo – mi racconta Ilio – che l’uomo potesse arrivare a fare certe cose, fatti terribili che ho visto bene e che sono capitati anche a me. In preda alla fame e al deperimento mi caddero tutti i denti e la bocca si riempì di croste. Ero sicuro di morire, ma si vede che Dio non ha voluto così…”
Se capitate a Firenzuola, fuori Porta Bolognese, vi capiterà – io spero ancora per molto tempo – di imbattervi in un vecchio nonno, magrolino, con sciarpa e berretto, sia d’estate che d’inverno, vestito in modo semplice che attende qualcuno che lo accompagni al cimitero. In auto. E quello che incontrerete non è Ilio Brunelli, novantottenne di Firenzuola ma il “peso della memoria”.
Accompagnatelo e chiedetegli chi è e che cosa gli è capitato nella vita: lo aiuterete a sostenere quel peso che sembra non riesca più a sopportare.
Giovanni Sozzi
(foto Marta Magherini)
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 30 ottobre 2017
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