L’anello di Giogarello. E l’incontro con Daniele Diani
FIRENZUOLA – Sapevate che una nobile giacobina avesse dato la progenie a molti abitanti tuttora viventi nel Mugello? E che la Madonna avesse passeggiato e preso il fresco sotto i nostri castagneti? Immagino di no.
Nemmeno io, se devo essere sincero. Almeno fino a stamattina, quando, durante la passeggiata assieme alla Gioia, la mia Border Collie che sempre mi accompagna nelle escursioni, ho incontrato una persona che mi ha svelato i meravigliosi segreti di un minuscolo borgo che sta sopra Moscheta, dirimpetto al Poggio dell’Altello.
Stiamo parlando di Giogarello, e di un narratore d’eccezione, Daniele Diani, abitante di questo luogo incantato.
“I Diani” – dice Daniele – “vengono dal Molino del Macchione e derivano il loro cognome da una Nobildonna Francese, arrivata in questi luoghi ai tempi della Rivoluzione del 1789. Il suo cognome era Diani’ con l’accento sull’ultima vocale, alla maniera d’Oltralpe, insomma. E lei ha dato il cognome a me e a molti Diani che vivono nella zona di Firenzuola.”
Daniele ha rimesso a nuovo questa piccola gemma di paese al quale si arriva facilmente prendendo il sentiero da Moscheta. La salita è ripida, ma la strada è in buone condizioni ed adatta alle famiglie. Arrivati quassù si rimane sbalorditi dalla cura e dall’impegno che sono stati profusi per restaurare e rimettere a nuovo le case in pietra e la chiesetta dedicata a San Matteo.
Perché proprio a questo Santo? Ce lo spiega Daniele.
“Molto tempo fa si trovarono a passare dall’Appennino da Palazzolo verso Moscheta, quattro persone; non erano certo persone qualunque: erano Sant’Anna, San Giacomo, San Matteo e la Madonna. Dopo molto cammino, Sant’Anna che era la più vecchia, decise di fermarsi e fondò la Chiesa di Ca’ di Vestro. San Giacomo si fermò poco dopo, a Casetta di Tiara. San Matteo e la Madonna risalirono dal Molino della Lastra e fondarono il primo la chiesa di Giogarello e la Madonna, che si fermò per ultima, la chiesa di Razzalto.”
Continuando il percorso andando verso le case di Cicuta, dal sentiero PAF 06 passiamo da un castagneto secolare che ci fa capire ancora una volta, la totale dipendenza di questi abitanti da questo prezioso alimento:
“Era polenta giorno e sera e ognuno possedeva un numero di pecore a seconda della grandezza del loro campo. D’Inverno andavano in Maremma col gregge e le bestie tornavano a Giogarello l’estate”.
Andando verso Capanno Vecchio il panorama è mozzafiato: il Monte Altello davanti a noi offre una visuale spettacolare:
“Ci si chiamava da una valle all’altra sfruttando l’eco, e nonostante l’asperità dei declivi si riusciva comunque a coltrare con due buoi tenendo il giogo in pari”.
Confesso di averci messo un po’ a capire questo stratagemma, che vi rivelerò alla fine di quest’articolo, ma prima di lasciarvi vi racconto un aneddoto che Daniele mi narra divertito e che certifica, se ce ne fosse bisogno, il sangue Giacobino degli abitanti di questi luoghi e che rendono la storia della Nobildonna Francese ancora più credibile:
“Una volta un certo Scansino, per burla rubò la camicia del prete dalla canonica. Qualche tempo dopo il “Don”, passando vicino al campo di Scansino e vedendolo chino al lavoro gli urlò “Scansino come va? E quello, che indossava la camicia rubata per lavorare nel campo gli rispose: “Un po’ larga alle maniche e stretta al collo ma va bene!
Da Capanno Vecchio si raggiunge il rifugio della Serra, stando bene attenti perché’ il sentiero non è segnato. Dopo una sosta ristoratrice, si continua verso Poggiaccio (Sentieri PAF05 e PAF04) attraversando di nuovo magnifici castagneti e si ritorna sulla strada che ci riconduce a Moscheta.
Adesso è l’ora di salutarci, non senza prima avervi detto del trucco che si usava per coltrare su declivi impervi. Ci siete arrivati? Due buoi di taglia diversa. Uno più alto e grosso a valle, uno più piccolo e basso, a monte. E il giogo stava in pari…A presto!
I dettagli della camminata:
Distanza 8km circa
Strada fino a Giogarello in ottime condizioni
Da Cicuta alla Serra prestare attenzione, senza GPS è difficile seguire il sentiero.
Alternativamente dalla Serra si può prendere il CAI 713 che è chiaro e segnato e tornare a Moscheta da lì.
Portare scarpe alte, GPS e bastone.
Giovanni Piattoli & Gioia
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – agosto 2019