IO & LA GIOIA – Escursione nell’Anello di Lozzole con partenza da Fantino
MUGELLO – Solitamente, quando si parte per una passeggiata, ci informiamo sul tempo, sulla possibilità di pioggia e vento, e ci facciamo un’idea di ciò che potremmo vedere. Da quando cammino sui crinali Appenninici, l’asticella delle mie aspettative è salita di molto. Manufatti eccezionali e storia dell’uomo si fondono su queste montagne creando effetti scenici meravigliosi. E quando si comincia a pensare di aver visto già il meglio, ecco che il Borgo di Lozzole supera a piè pari la sottile linea che separa il “possibile” dall’incredibile.
Cercherò di raccontarvelo al meglio oggi, conscio del fatto che ciò non potrà mai sostituire una visita di persona a questi luoghi, facilmente raggiungibili da tutti, e che ben valgono una domenica vissuta diversamente.
La giornata promette subito bene: la nebbia del fondovalle si dilegua immediatamente appena io e la Gioia, la mia Border Collie che mi accompagna sempre nelle mie escursioni, iniziamo a salire da Fantino, subito dopo Crespino.
C’è posto per parcheggiare e la salita è comoda e agevole e i panorami si fanno subito degni di nota.
Prima di arrivare a Lozzole, si incontra la maestosa casa di Stabbia, con elementi architettonici di grande pregio, (villa di tre piani in pietra con colombaia) purtroppo in stato di totale abbandono ed utilizzata come ricovero per i cavalli. Sulla facciata si trova ancora un bello Stemma in pietra della Famiglia Cattani signori della valle, e tra i rovi, spuntano i ruderi della bella chiesa di famiglia, anch’essa in stato di degrado.
Continuando la strada, troviamo i resti di Fintomorto (sarebbe bello sapere la storia di questo toponimo…) e i panorami si fanno via via sempre più meravigliosi
e finalmente si arriva a Lozzole.
Non si hanno notizie certe e precise riguardo alla costruzione dell’attuale Chiesa di San Bartolomeo e la fondazione della parrocchia. Alcuni documenti riportano il 1782 come data d’erezione della chiesa, ma pare che già tra il 1299 e il 1350 se ne abbia notizia come compresa all’interno del borgo del Castello di Lozzole, allora posseduto dal Vescovo di Firenze.
Comunque sia, la chiesa è meravigliosa ed è stata ricostruita grazie agli sforzi di Don Antonio Samori’ e diversi volontari ed è stata inaugurata e riaperta ad Agosto del 2012. A fianco del complesso è stata riaperta anche la Casa del Popolo, oggi adibita a circolo.
Agli inizi del ‘900 qui era anche situata una scuola, essendo essa appunto il centro di una parrocchia che si estendeva per diversi chilometri, con varie case e poderi sparpagliati per le montagne. Sembra incredibile ma in questa parrocchia dai confini molto ampi, vivevano 60 famiglie!
Dalla carta geografica un toponimo desta la mia curiosità: Campergozzole. È un toponimo assai strano e, attratto da qualcosa che non posso descrivere, mi dirigo verso questo luogo che presto si mostra in tutta la sua prorompente bellezza: È un complesso interamente fatto di pietra. La facciata della casa è il paradigma della semplicità che è propedeutica alla bellezza. Due finestre ad arco preparano la vista a una balaustra anch’essa ad arco, che poggia su altrettanti archi in pietra. Due piani fatti di meravigliosa magia da non sembrare veri. Difatti c’è un aneddoto leggendario su di essi, che mi è stato raccontato tanto tempo fa, e che sto per svelarvi…
Iniziamo la salita verso il Monte Prevaligo: una strada interamente lastricata da pietre delicatamente accostate che si avvicinano senza toccarsi, donano alla salita una leggerezza ineguagliabile facendola sembrare un’elegante tessitura verso la cima. Un ringraziamento agli ignoti artisti è d’obbligo. Non sarete nei musei, ma ne sareste certo degni.
A metà della salita verso il monte Prevaligo, un camposanto che sembra dipinto su un manto erboso verdissimo ci accoglie. La pietra la fa ancora da padrona con una struttura impressionante che, come tutto quassù, si slancia verso il cielo con una maestosa leggerezza.
Dalla vetta del Monte Prevaligo si scende tranquillamente senza grandi difficoltà fino a ritornare a Fantino, attraversando castagneti centenari meravigliosi, che costituivano (come adesso, con la denominazione IGP) l’ossatura economica di queste valli.
Ed ecco l’aneddoto, che come tutte le cose che ho visto oggi è un misto di realtà e fantasia! Negli anni Sessanta o Settanta, (chissà), una foto della casa di Campergozzole arrivò – ma come?! – alla facoltà di architettura di un’Università Americana. “E’ un fotomontaggio! – dichiararono all’unisono i rappresentanti di quel prestigioso Ateneo. Il pragmatismo che contraddistingue gli Anglosassoni, li spinse a voler vedere coi propri occhi se davvero di fotomontaggio si trattasse. Il gruppo partì dall’America e arrivò fino a Campergozzole. Arrivati lassù, essi rimasero sbalorditi nel constatare l’esistenza di un manufatto che secondo i loro calcoli, non avrebbe potuto reggersi in piedi. La leggenda dice che si “consolarono” con una memorabile scorpacciata di tagliatelle e passatelli alla locanda di Crespino, ma anche questo appartiene al mito (pur essendo verosimile e assai comprensibile).
A prescindere dalla veridicità dell’aneddoto, una considerazione merita farla: a poca distanza da noi, c’è un posto bellissimo e accessibile che tutti dovrebbero ammirare. Perciò, andateci anche coi bambini. E dite loro che molti anni fa, uomini magici hanno realizzato tutto questo perché noi tutti potessimo un giorno vedere, e faticare a credere ai nostri occhi.
Alla prossima escursione!
Dati escursione:
Lunghezza: 11Km
Difficoltà: E
Bambini accompagnati da adulti.
Equipaggiamento: 1,5 l di acqua, scarpe da trekking alte, bastoncini da trekking.
Prendere il sentiero 529 prima di Fantino fino a Lozzole. Dopo si prende il 505 fino al Monte Prevaligo per 1 km fino al bivio col 529/A e seguire quest’ultimo per circa 500m e prendere il sentiero sulla destra per scendere fino a Fantino.
Giovanni Piattoli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 5 maggio 2020
FINTOMORTO
Fu senza dubbio durante una di quelle che chiamavano “veglie da ballo”, molto più briose delle melense “veglie da sedia” che accadde il fatto. Probabilmente si chiamava Gianì ed era uno di quegli scapoloni incalliti che si erano fatti indurire dall’ avanzare degli anni, ma che rimanevano, in cuor loro, sempre giovani; ovvero con la speranza di essere ancora appetibili per qualche ragazza in età da marito. Per questo Gianì non saltava nemmeno una serata danzante fra quelle che sis volgevano nei casolari della campagna palazzuolese. Fu così che egli si trovò anche in quella veglia e ballò tutta la sera perche’ se da un aparte era uno sgodevole di prima categoiria dall’ altra era un ballerino fenomenale, come non se ne trovano tutti i giorni. Quindi ballò tutta la sera con le donzelle che si erano aggregate alla festa. Infine si mise a sedere e lì rimase. Rimanse nell’ indifferenza generale per quasi un ora fino a che non lo andarono a scuotere. Non diede segno di risposta: prima pensarono fosse ubriaco, poi constatarono che era morto. Andarono dal capoveglia e gli raccontarono il fatto. Lui decise di non toccare nulla, ma anzi di mettergli ai piedi una bella quantità di bucce di bruciati e un bicchiere di vino nelle adiacenze. Per il tratamento della situazione ci avrebbero pensato alla fine della festa. Non si poteva davvero rovinare una così bella veglia ! Alla mattina lo avvoslsero in un lenzuolo, lo stesero su di una scala e lo portarono alla chiesa. In fondo, pensarono, non aveva parenti e si poteva fare in fretta. Suonò mezzogiorno che Gianì già era sottoterra fra i narcisi che spuntando dalla tenera terra, ondeggiavano al vento … Quando il fatto fu noto i ballerini della serata, ribattezzarono il luogo “Fintomorto” perche’ quell’ uomo che per tutti era solo ubriaco, in realtà era, contro la sua volontà, il piu serio di tutti.
Grazie di questa meravigliosa spiegazione. Ora pero’ la curiosita’ mi spinge a chiederle un favore, che penso si sia gia’ immaginato. Ha scritto un racconto tramandato oralmente o esiste una fonte scritta dove si possano trovare queste perle? La ringrazio di cuore! Giovanni
Sig. Piattoli buongiorno sono anch’io collaboratore del FILO e le volevo fare i complimenti per il suo lavoro, per le belle foto, le storie e gli itinerari che ci racconta.Sono come lei appassionato di escursioni e Lozzole e stata a lungo una delle mie mete preferite, visitata in ogni stagione, soprattutto qualche decina di anni fa quando accanto alla chiesa c’erano ancora diverse costruzioni. Nella zona esistono altre bellezze da vedere come un mulino sul torrente delle Fogare raggiungibile da un sentiero che parte proprio dalla chiesa, segnato sulle carte, con altra costruzione di poco soprastante. Voglio aggiungere che Stabbia era residenza estiva del Vescovo di Firenze e lo stemma come giustamente lei cita resta impresso sulla villa. Un luogo certamente unico. Ci sono in rete vari scritti su Lozzole tutti molto interessanti e molte altre notizie della zona in Archivio di Stato. Grazie ancora del suo lavoro, ora spero ci farà vedere prossimamente Brentosanico e Castglioncello entrambi nel firenzuolino. Buon lavoro
Buonasera Signor Certini,
la conosco di fama, essendo suo lettore. I complimenti li faccio io a lei.
https://www.ilfilo.net/io-la-gioia-escursioni-mugellane-anello-delle-fogare-con-partenza-da-fantino-marradi-palazzuolo/
Questo e’ il resoconto della mia escursione alle Fogare, che il Filo mi ha pubblicato qualche tempo fa. Mi puo’ dire se il mulino sia quello nell’articolo o ce ne siano altri? Nel caso, ci tornerei volentieri.
Su Brento e Castiglioncello sto accumulando materiale (come il libro di Carlo Tagliaferri) e conto di fare un’escursione al piu’ presto.
E conto su un suo parere quando l’avro’ completato!
Grazie infinite,
Giovanni
Caro Giovanni buonasera, si è lo stesso mulino. Pensi avevo addirittura “salvato” il suo prezioso articolo fra le mie cose più care ma non mi ricordavo, mi perdoni. Altri luoghi da vedere ce ne sono e insieme a Brento e Gastiglioncello potrebbe aggiungere Pian dell’Aiara, Ca’ di Vestro ma lei ne conoscerà certo molti di più. Di nuovo complimenti e a presto, aspetto con ansia notizie “appenniniche”