BORGO SAN LORENZO – La prima tappa del gruppo dei giovani mugellani partiti per la GMG 2023 a Lisbona è stata a Borgo San Lorenzo, al Centro Giovanile (articolo qui), con la Messa nel piazzale. Qui il pievano don Luciano Marchetti ha regalato ai pellegrini in partenza una riflessione bella e profonda. Che tocca il cuore. E che conviene leggere (o rileggere) e meditare.
La nostra vita è una gigantesca caccia al tesoro. Vi invito a vivere la vostra partecipazione alla Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona come una gigantesca caccia al tesoro a cui partecipano giovani dei cinque Continenti. Siamo tutti cercatori di tesori e di perle. Siamo esseri inquieti, assetati di una bellezza in cui poter finalmente far riposare il cuore. Pensateci bene.
“Cosa devo fare per essere felice?”. E’ la domanda inconscia che anche stamattina ci ha fatto alzare da letto, è il motore nascosto che spinge ogni giorno a compiere dei gesti, a migliorare delle relazioni, a sperare nel futuro. In questa caccia al tesoro, alla ricerca del motivo profondo, segreto, nascosto per cui viviamo, un primo indizio ci viene dato dalla Prima Lettura – che è un po’ come la prima busta di questa caccia al tesoro – più precisamente dal giovanissimo Salomone che è spaventato dal suo nuovo ruolo di re. Il Signore lo provoca: “Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda”. E il giovane sovrano, nella sua preghiera, non chiede né molti giorni, né ricchezza, né vittoria sui nemici ma invoca molta sapienza; chiede di fare le scelte giuste. Dio si sorprende, si meraviglia, resta incantato di questa richiesta e lo premia col dono della sapienza. In questa prima busta c’è una parola latina per capire la cosa da fare da parte di tutti noi. Se voi cercate nel vocabolario di latino una parola scritta così, sapere, trovate che ha due accenti: trovate sapere e, poi, trovate sàpere, l’accento è spostato. Due parole. Ora, sapere vuol dire conoscere, vuol dire imparare.
Ecco, uno che conosce una cosa, la sa; invece quel sàpere lì, l’accento che va indietro, vuol dire gustare, vuol dire la sapienza, il sapore. Un conto è parlare di pastasciutta, un conto è mangiare la pastasciutta. Questo è il problema. Tanti cristiani sanno tante cose: sanno un po’ di Vangelo; sanno che c’è la Messa; sanno che Gesù è il Salvatore; sanno che siamo abitati da Dio, ma questo sàpere, questo sapio, questo gusto, la gioia di essere cristiani, della Messa domenicale, del Vangelo, del perdono, della misericordia, il gustare queste cose, ce lo sogniamo.
E’ il dramma del Cristianesimo occidentale e italiano. Sappiamo già tutto e l’abitudine è una polvere tremenda che rovina le cose più belle. Siamo abituati al Cristianesimo. Occorre passare dal sapere al sàpere, cioè a gustare veramente la Parola di Dio che ascoltiamo, il Pane che mangeremo. Vi auguro di gustare, sàpere che siamo figli di Dio.
Nella Seconda Lettura l’apostolo Paolo ci offre un secondo indizio, è una mappa, perché lui ha capito il disegno di Dio sull’umanità, il suo piano, e ne resta affascinato. Il nostro, ci dice, è un Dio che ci vuole salvi, è un Dio che ci scusa, un Dio che ci insegue e ci perseguita col suo amore. San Paolo ci svela che la parabola del tesoro nascosto diventa ancora più affascinante se la si capovolge. Dio è il contadino e ognuno di noi è il tesoro che Lui ha trovato e che ha nascosto di nuovo dentro il campo della storia, nel grembo della vita. Hai mai pensato così la tua vita? Hai mai pensato di essere tu il tesoro di Dio? La cosa preziosa per cui Dio si è commosso. Non importa se sei sepolto sotto metri scuri di fango, Dio non si arrende, Dio non smette di cercarti. Tu sei ciò che ha spinto Dio a lasciare il cielo e a correre sulla terra per trovarti, che ha spinto Dio a comprare tutto, fino a rimetterci la vita di suo Figlio, perché tu per Lui sei troppo importante, troppo prezioso.
Il Crocifisso ti ricorda che sei stato comprato a caro prezzo. Straordinario a questo proposito un testo di don Primo Mazzolari: “Il Signore viene. E con Lui che viene, viene la gioia. Se lo vuoi, ti è vicino. Anche se non lo vuoi, ti è vicino. Ti parla anche se non gli parli. Se non l’ami, Egli ti ama ancora di più. Se ti perdi, viene a cercarti. Se non sai camminare, ti porta”.
Infine, il Vangelo: “Il regno dei cieli è simile a un tesoro… a una perla preziosa”. Tesoro e perla sono i nomi che dà al suo amore chi è innamorato. Così il cristiano. E cos’ha trovato il cristiano di così prezioso? Ha trovato Gesù risorto, Gesù vivo. Questo è il cuore dell’esperienza cristiana. Noi restiamo cristiani – io faccio il prete – per questo motivo.
Perché tutto parte da lì, dalla Pasqua di Gesù, da quel Giovedì Santo, da quel Venerdì Santo, da quel Sabato Santo, da quel mattino di Pasqua. I discepoli erano in difficoltà: erano chiusi nel Cenacolo; due andavano a Emmaus. Tutto era chiuso oramai. Tutta la storia di Gesù era oramai all’imperfetto: “Noi speravamo”. E Gesù si fa incontrare, si manifesta e, davanti a questo fatto che è il Signore, la vita ricomincia con Lui. E da venti secoli questa è l’avventura della Chiesa. C’è sempre questo punto di partenza, questo punto fermo: la presenza di Gesù Cristo, crocifisso e risorto. La vita cristiana è un viaggio a due, ma il secondo è Gesù, poi, ci sono anche i familiari e gli amici, ci mancherebbe altro, ma la compagnia di Gesù è un dono enorme perché quando c’è una presenza di amore, diventa più bella e gioiosa la nostra vita.
Così racconta padre Ermes Ronchi: “L’ultimo mio maestro di fede è stato un bambino nella mia chiesa di San Carlo al Corso a Milano. Era entrato con la nonna, avrà avuto cinque anni. La nonna è andata ad accendere una candela, il bambino girava un po’ col naso all’aria. Dopo un po’ si è fermato davanti al grande crocifisso del ‘400; mi si avvicina, mi tira per la manica e mi fa: “Chi è quello lì?”. Mi ha spiazzato. Quella domanda, improvvisa e assoluta, mi ha bloccato. Volavano via tutte le risposte dei catechismi e del Credo. A un bambino che non ha mai sentito parlare di Dio (mi confermava poi la nonna che i genitori avevano escluso la formazione religiosa, per non condizionarlo: sceglierà lui da grande…) non puoi fornire formule da libri.
Ho sentito che la domanda di quel bambino toccava il cuore della mia fede: chi è quello lì? Ho chiuso mentalmente tutti i libri, ho aperto la mia vita, ho guardato dentro e qualcosa ho visto. Allora mi sono abbassato, occhi negli occhi, e gli ho detto: “Sai chi è quello lì? Uno che ha fatto felice il mio cuore. E’ Gesù!”.
Ebbene Gesù non è un tesoro ma è il tesoro per cui spendere tutte le nostre forze ed energie. Gesù non è una perla ma è la perla che rende felice e realizza un’intera esistenza. Chi è, allora, il vero discepolo di Gesù? E’ colui che ha scoperto, cercando con tutte le sue forze, che la vita cristiana è un’avventura meravigliosa; è colui che ha sperimentato l’incontro con Gesù che ha davvero cambiato la sua vita perché gli ha dato coraggio, forza nei momenti più difficili; è colui che quando si sente smarrito ed è convinto di aver perso il senso e la rotta su cui indirizzare il cammino della propria vita si ricorda che Gesù c’è e gli è accanto indicandogli sempre la méta con la forza del suo amore e la luce del suo insegnamento.
Se vuoi trovare Dio e il senso della vita, è necessaria una caccia al tesoro, ma nella quale ti stupirai di trovare te stesso e la gioia. Tu chi sei? Il cercatore di qualcosa o il tesoro di qualcuno?
Giovani pellegrini, cercatori di tesori e di perle, vi auguriamo di trovare Colui che ha detto: “Tu non mi cercheresti, se non mi avessi già trovato”, anzi “se Io non ti avessi già trovato!”, e possiate tornare tra noi dicendo a tutti: “La nostra gioia è grande e si chiama Gesù”!
don Luciano Marchetti
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 30 Luglio 2023