La sicurezza sul lavoro prima di tutto
Il lavoro è la vita. Ne è sostentamento, conferisce dignità alla persona. Così come, a volte, può uccidere e, in altri casi, martoriare, con segni permanenti, il corpo umano. Certo, è indubbio, che in qualche rara circostanza tutto ciò sia imputabile anche alla fatalità. Di fatto però, sostanzialmente, i rapporti sull’infortunistica nella filiera del lavoro, in genere, sentenziano ineluttabili responsabilità imprenditoriali. Siano queste ditte individuali o imprese con organici più consistenti.
Il recente caso di Barberino di Mugello, laddove un operaio, durante la riparazione di un tetto, era caduto da un’altezza di 7 metri (clicca qui per articolo, ilFilo.net), sfiorando il dramma, ha fatte emergere gravi irregolarità, e nel piano di sicurezza del cantiere, e nel rapporto di lavoro. E’ stata una replica, una conferma, purtroppo, di casi analoghi già verificatisi sul nostro territorio. Nulla di nuovo, un martirio.
Dettato da una intollerabile cialtroneria imprenditoriale, fra superficialità, scarsa competenza e, chissà, da un irrefrenabile senso affaristico. I dati sugli infortuni denunciati e pubblicati da INAIL (clicca su INAIL_riepilogo_infortuni_regionale_01), per il 2013, sono allarmanti: 605597 nazionali di cui 49937 regionali, in calo rispetto agli anni precedenti. Impressionante. Poi, con sgomento, quelli relativi agli eventi mortali, denunciati sempre nel 2013 (allegata la tabella “mortalità”, fonte INAIL_riepilogo_mortalità_01) : 746 nazionali di cui 57 regionali, anche questo dato in diminuzione nel confronto con gli anni precedenti. Una tragedia nazionale. Inutile ogni commento.
Bisogna poi discernere fra appalti pubblici e commesse private. Le regole sulla sicurezza del lavoro sono comunque le stesse. Tuttavia, nel primo caso, l’appalto, il contratto con l’ente pubblico, già in fase di gara, sia questa una trattativa privata, una licitazione, un appalto concorso o un “project financing”, prevede la determinazione di una somma, definita “oneri per la sicurezza”, che non è soggetta ad alcun ribasso nell’offerta di aggiudicazione. E’ una aliquota da destinare interamente all’antinfortunistica, alle precauzioni operative in un cantiere o in una linea di produzione. Intendiamoci, non è intesa come l’unica risorsa, seppure specifica, per l’appalto. Questo importo va a sommarsi a quelli stanziati per le normali procedure sulla sicurezza, per i propri addetti, che una qualsiasi impresa deve tenere attivate in ottemperanza alle disposizioni INAIL nonché per garantire l’efficacia della certificazione di qualità (EN UNI ISO), per chi ne sia in possesso.
Nel secondo caso, invece, quello delle commesse private, oggettivamente, è difficile trovare traccia di tali risorse finanziarie messe a garanzia dell’antinfortunistica. Tipologie commerciali diverse, che sottintendono, evidentemente, a specifici controlli istituzionali altrettanto diversi.
Alla base, il filo conduttore che genera questa tremenda contabilità industriale, lo dico in modo sarcastico ovviamente, è indissolubilmente legato al profitto. L’avidità, in prima istanza. La lotta alla sopravvivenza, per attività imprenditoriali insostenibili o decotte, in seconda battuta. Così succede, può accadere, che si richieda agli operai, ai tecnici, di adeguarsi a turnazioni con ritmi frenetici, di ignorare gli obblighi precauzionali individuati nei “piani di sicurezza”. In generale, di non dar seguito ad adempimenti formali e sostanziali ritenuti, in modo autoreferenziale, ridondanti rispetto le caratteristiche e l’impegno del lavoro da eseguire.
L’esercizio del risparmio incosciente, il taglio delle spese, nell’ottica del primato commerciale e di una assurda competitività sui prezzi, sono pratiche che non possono essere assurte come esempio di una buona imprenditoria. No, niente affatto. La sicurezza sul lavoro viene prima di tutto. Semplicemente un dovere.
Gianni Frilli
© Il filo, Idee e notizie dal Mugello, 23 aprile 2015
Ottimo articolo, Gianni, il problema della sicurezza e salute sul posto di lavoro richiede infatti un’attenzione e una battaglia continua per cercare di contrastare casi sempre frequenti di concorrenza sleale.
Il D.Lgs 81/08 impone a tutte le aziende e in tutte le situazioni, sia per appalti pubblici che per lavorazioni private, il rispetto di norme e regole che vanno dalla formazione all’utilizzo di dispositivi di protezione individuale e collettiva, nonché l’utilizzo in sicurezza di macchinari e sostanze.
Ancora oggi molte sono le aziende non in regola e, oltre a configurare esempio di concorrenza sleale, come dicevo, integrano a tutti gli effetti situazioni di pericolosità sociale diffusa.
Due note:
– la riduzione degli infortuni e della mortalità negli ultimi anni parrebbe essere un indicatore di una maggior diffusione della cultura della sicurezza ma, in realtà, il dato è assolutamente falsato dalla drastica riduzione del numero di imprese operanti sul territorio nazionale a causa della crisi: diminuendo le ore lavorative e le attività in essere è fisiologico il calo degli incidenti.
– più che di qualità (UNI EN ISO 9001:2008), in ambito di sistemi di gestione per la sicurezza, occorre far riferimento allo standard inglese BS OHSAS 18001:2007 che è la norma recepita a livello nazionale e che certifica le organizzazioni che si dotano di un sistema di gestione. E’ di prossima uscita una norma italiana (quindi recepita dall’UNI e declinata in lingua italiana) che dovrebbe, entro la fine dell’anno, armonizzarsi con quella della qualità (9001) e con quella ambientale (UNI EN ISO 14001:2004). Questo per la precisione.