Una replica punto per punto. Il comitato contro la centrale a biomasse risponde al sindaco Ignesti
Pubblichiamo qui di seguito, integralmente, il lunghissimo comunicato diffuso dal Comitato contro la centrale a biomasse di Petrona.
Il 18 aprile sulle pagine de La Nazione e su Il Filo on line, sono state riportate le dichiarazioni del Sindaco di Scarperia e S. Piero, Federico Ignesti, in merito alla contrarietà di molti cittadini sulla realizzazione della Centrale termoelettrica a biomasse in località Petrona – La Torre.
Le risposte che il sindaco Ignesti ha fornito al cronista risultano essere non corrette. Con questa lettera il “Comitato contro la centrale a biomasse di Petrona” intende fare chiarezza. Per rispetto delle sua persona e delle istituzioni che rappresenta eviteremo il tono di derisione che il sindaco ha usato per rivolgersi a chi sta contestando questo progetto, tantomeno alluderemo a possibili querele che invece il sindaco ha invocato contro di noi. Speriamo che questo segni l’inizio di un nuovo momento di dialogo e confronto.
Per prima cosa ringraziamo il sindaco Ignesti di aver richiesto ad Arpat, su nostra sollecitazione, la predisposizione di centraline per la misurazione della qualità dell’aria. Attendiamo fiduciosi dettagli sui tempi, collocazione in relazione alle fonti inquinanti, e modalità di rilevazione delle centraline (in continuo, centraline fisse o mobili), nonché sulle sostanze che saranno monitorate.
Informazioni carenti e in ritardo?
“La competenza, per quanto riguarda le autorizzazioni, era provinciale. E tra l’altro tutto è stato deciso quando non c’eravamo noi ma il commissario prefettizio. Gli atti sono stati pubblicati nell’apposito sito della Provincia. Se la colpa è quella di non averli pubblicati nel nostro sito, ci prenderemo questa colpa. Ma dare il diritto al ricorso non spettava a noi.”
La competenza per le autorizzazioni è provinciale, ma l’iter prevede la presenza di funzionari del Comune e, infatti, alla Conferenza dei servizi era presente l’Architetto Rodolfo Albisani. Il tentativo di spostare la responsabilità di tutta la procedura sulle spalle del commissario prefettizio appare scorretto in quanto, la seconda seduta, quella definitiva, della Conferenza dei servizi c’è stata il 13 giugno e l’autorizzazione provinciale è del 23 giugno 2014. La nuova Giunta si è insediata il 27 maggio e avrebbe avuto tempo e modo di intervenire. Tramite i suoi funzionari, il Sindaco e la nuova Giunta, in considerazione delle numerose criticità sollevate dall’ARPAT, avrebbe potuto chiedere ulteriori verifiche e garanzie della sostenibilità economica e ambientale del progetto a tutela degli interessi dei cittadini e avrebbe potuto chiedere che il rilascio dell’autorizzazione potesse avvenire solo dopo la trasmissione da parte di Renovo di tutte la documentazione integrativa richiesta dagli organi tecnici presenti alla Conferenza (non solo Arpat, ma anche Publicqua in merito agli scarichi in fognatura in un’area prossima alle falde che alimentano gli acquedotti di Scarperia e Borgo).
Riguardo al dovere, necessità o opportunità che il sindaco informasse la popolazione, una domanda nasce spontanea: quali motivazioni potevano avere gli abitanti di Scarperia e S. Piero di andare a fare una ricerca, sul sito della Provincia, in merito all’autorizzazione concessa alla Renovo per la realizzazione della centrale, se non erano al corrente di tutta l’operazione? Sono anni che questi tipi di impianti danno luogo a forme di conflitto sociale. La stessa ARPAT ha notato che nel 2014 nella sola Toscana 54 impianti a biogas o biomasse (32 in esercizio e 22 non in ancora in esercizio) avevano ricevuto un’opposizione da parte di cittadini o comitati. Le nostre preoccupazioni erano prevedibili. Non siamo solo noi ad avere timori per i possibili effetti sull’ambiente, sulla salute, le attività economiche e sulla viabilità. Informare i cittadini è un requisito minimo per evitare questo tipo di conflittualità.
Non ci basta sapere che il Sindaco si prenda la colpa per non aver pubblicato una notizia così importante sull’Albo Pretorio comunale, ci piacerebbe sapere perché non l’ha fatto. Così come vorremmo sapere perché non ha risposto a domanda precisa nell’interrogazione consiliare dell’ 8 ottobre sul nome dell’assegnatario dei lotti. Così come, vorremmo sempre sapere perché non ha fatto rispettare, in data 23 novembre 2013 (quando era ancora in carica), a gara andata deserta, il prescritto della convenzione con la società Pianvallico SpA, per via del quale la gara avrebbe dovuto essere sospesa e non riaperta senza darne evidenza pubblica. Il diritto del ricorso è evidente che non spetta al Sindaco: spetta ai cittadini, i quali non hanno potuto esercitarlo a causa di una sistematica riluttanza a rendere pubblico quello che pubblico doveva essere.
C’è bisogno di un’”industria insalubre di prima classe” come la Centrale termoelettrica a biomasse che si vuole realizzare a Petrona?
Qui Ignesti sorride, e mostra un elenco. E’ la norma che classifica le industrie insalubri di prima classe. “E’ il D.M. 5.9.1994. C’è di tutto –dice-, dalle raffinerie di petrolio, alle stalle per il bestiame, dalle filande alla galvanotecnica, dagli inceneritori alle scuderie e ai maneggi. Questo impianto non è una cosa che non si può fare. E’ compatibile con il piano ambientale ed energetico regionale, un piano che indica la necessità di far crescere la produzione di energia con le biomasse. E c’è un protocollo d’intesa sottoscritto da Regione Toscana, Comuni, sindacati, associazioni di categoria per l’attivazione della filiera bosco legno energia”.
In primo luogo la continua sottovalutazione dei problemi ci appare discutibile da parte di chi è il primo responsabile della tutela della salute dei propri amministrati. Il Sindaco inoltre cita le Leggi a metà e non ne dà una corretta interpretazione. L’art. 216 del R.D. n. 1265/1934 stabilisce che l’esercizio di attività inserita in una delle due classi è subordinato ad una comunicazione preventiva al Sindaco affinché questi possa valutarne gli effetti sulla salute pubblica. Il Sindaco, quando lo ritenga necessario nell’interesse della salute pubblica, può vietare l’attivazione dell’industria o subordinarla a determinate cautele e può chiedere la stipula di una convenzione ecologica.
Quando Ignesti sostiene che “non è una cosa che non si può fare”, sostanzialmente non dice nulla: tutto dipende da dove e come lo si vuol fare e non aver tutelato il nostro territorio, richiedendo ulteriori garanzie, basandosi su una simulazione fatta in una realtà radicalmente diversa dalla nostra è una sua grossa responsabilità. Nessuno dice che le le autorità sono in discussione: si sostiene che, se si vuole essere sicuri che tutto sia fatto per il bene dei nostri concittadini, si deve fare di più della semplice rispondenza alle leggi.
Perché non si è comunque richiesta una valutazione di impatto ambientale?
“Perché prevede una produzione inferiore al megawatt, e sotto questa soglia la VIA non è prevista dalla legge, anzi se la fai, ti promuovono un ricorso. A Vicchio una centrale simile, più piccola, l’hanno costruita in paese, e non è stata richiesta alcuna Valutazione d’Impatto ambientale. Un impianto che qualche anno fa ha ottenuto un premio da Legambiente. E in giro di piccoli impianti a biomasse ce ne sono già diversi.”
La VIA è obbligatoria sopra 1MW ma non è contestabile se la si richiede per impianti al di sotto della soglia di obbligatorietà. Non possono fare ricorso, anzi, meglio, possono farlo e lo perderebbero poiché se l’Amministrazione pubblica si muove in conseguenza al principio di prevenzione e precauzione, come richiesto dalla Direttiva UE 2011/92/Ue non ci sono possibilità di errore. Tutt’altro: si darebbe evidenza di un’Amministrazione assolutamente attenta e cautelativa. Anche la sentenza del 10 ottobre 2013 del TAR delle Marche[1], in recepimento della sentenza della Corte Costituzionale n.93 /2013[2] e dei criteri di cui all’allegato III della direttiva 2011/92/Ue[3] ha ribadito questa posizione che non solo è legittima ma è anche di buon senso.
Non comprendiamo il paragone con la centrale di Vicchio. La centrale di Vicchio è infatti di totale proprietà pubblica, è utilizzata ad esclusiva utilità pubblica, è di sola produzione termica (750KW contro 1 MW elettrico e 4MW termici di Petrona), è andata a sostituire impianti precedenti che avevano maggiori emissioni, ha una alimentazione basata su una reale filiera corta, consuma 392 (trecentonovantadue) tonnelate contro le 18.000 tonnellate (diciottomila) previste per Petrona (a cui aggiungere le 80.000 per la produzione di pellet), di cui non si conosce ancora la provenienza, che sono state basate su una simulazione non corretta prodotta dalla Renovo in sede di conferenza il 10 febbraio[4]. Per la centrale di Vicchio, l’Amministrazione guidata dal Sindaco Izzo aveva fatto adeguata informazione e attivato un iter partecipato dalla popolazione[5]. Di tutto questo è stato dato evidenza sull’Albo Pretorio del Comune di Vicchio[6].
Ma la preoccupazione circa gli effetti per la salute non è legittima?
“E’ giusto preoccuparsi. E come sindaco ho il dovere di ottenere le massime garanzie dagli enti preposti, affinché la salute dei cittadini sia tutelata. Io di questi enti mi fido… Sono loro che hanno valutato, e se ci dicono che i parametri per le emissioni sono rispettati, in questa fase autorizzatoria non possiamo non fidarci.
L’Arpat gli esami li ha fatti. Le risposte dagli organi competenti sono già state date. Del resto come farebbe un’azienda a partecipare a un bando senza autorizzazioni? Ma insisto su un punto: E’ una questione di fiducia istituzionale. Ci sono organi tecnici preposti al controllo, e il comune se ne serve e deve fidarsi delle loro risposte. Se hanno ritenuto che il progetto per la sostenibilità ambientale sia coerente, dando peraltro precise prescrizioni senza il cui adempimento non si fa nessuno impianto, occorre tenerne conto. Altrimenti cade tutto. Ci sono dei parametri, ci sono delle regole, si decide su quello. Se si mette tutto in discussione attraverso un panico anarchico generalizzato allora non va bene. Non va bene l’allarmismo ingiustificato che è stato provocato tra la popolazione. La gente ha paura. Noi vogliamo e possiamo rassicurarli perché sappiamo che gli organi competenti abbiano fatto le verifiche tecniche necessarie. Non si può parlare in modo così superficiale di cancro o che nascono bambini deformati, quasi lì si dovessero fare esperimenti nucleari. Capisco la legittima preoccupazione di chi fa domande serie. Ma se delegittimiamo gli organi tecnici pubblici preposti a esprimersi sulle fattibilità e i controlli, se non dobbiamo fidarci di nessuno, allora dimettiamoci tutti.
Anche a noi sta a cuore che le cose siano fatte al meglio, che non ci siano rischi. Per questo abbiamo già chiesto ad Arpat di installare, fin da ora, una centralina per il controllo della qualità dell’aria, una centralina fissa o mobile che verifichi costantemente, una cosa che servirà non solo per la centrale a biomasse, ma in generale per tutta l’area, per garantire la salute dei cittadini.
Un’altra cosa occorre dire e su questo dovremo fare chiarezza. Sulla quantità di emissioni. Ci hanno detto ad esempio i tecnici che l’impianto a biomasse di Vicchio per ogni 250 kw ha emissioni che corrispondono alle emissioni di un camino casalingo in un anno. Con la differenza che il camino non ha i filtri. E Arpat per l’impianto di Petrona ha preteso standard ancora più alti per garantire la qualità dell’aria.”
Nessuno qui fa terrorismo, nessuno diffonde panico anarchico generalizzato, nessuno non si fida delle Istituzioni. Al contrario, crediamo in quelle Istituzioni che il Sindaco di voler rispettare. Sono quelle stesse istituzioni, infatti, le prime che, in sede di Conferenza dei servizi portano rilievi pesantissimi e denunciano l’approssimazione con la quale la Renovo ha fornito la documentazione. Quello che non capiamo così come non lo capiscono alcuni tecnici da noi interpellati, è come sia stato possibile rilasciare l’autorizzazione senza che queste criticità fossero risolte. Riguardo alla base scientifica a supporto dei nostri timori sulle implicazioni sanitarie, abbiamo portato qualche dato qualificato come quelli del dott. Valerio, del dott. Montanari e della dott.ssa Gentilini, tutti medici che si sono profusi nella ricerca contro le nanopolveri. Ricordiamo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha più volte denunciato il problema e non pensiamo che anche loro possano essere additati come terroristi dell’informazione. Nessuno ha detto che nasceranno bambini deformi, abbiamo invece detto che il rischio di un’esposizione continuativa agli inquinanti prodotti dalle centrali a biomasse come quella di Petrona, da studi scientifici, aumentano il rischio di patologie oncologiche, cardiovascolari e genetiche.
Si sostiene che alla fine quello diventerà un inceneritore, che vi si brucerà di tutto.
“Quello che brucerà la centrale di Petrona è scritto con chiarezza nell’atto autorizzativo. Solo legno e materiali legnosi vergini. Se poi si vuol fare il processo alle intenzioni… Lo faceva anche Torquemada ai tempi dell’Inquisizione… Questo non è un inceneritore. Dire che vengono bruciate le gomme è un’autentica falsità, che serve solo a generare l’allarmismo. Noi dobbiamo dare le garanzie per la salute ai cittadini, e non si possono dare informazioni scorrette per specularci sopra. Ripeto: non si bruceranno rifiuti. Per bruciarli, peraltro dovrebbe essere fatta una ristrutturazione profonda, e la modifica dovrebbe essere preceduta da una completa valutazione tecnica o politica. L’assessore Marco Recati è andato con gli altri comuni del Mugello per sostenere che non si deve ampliare l’inceneritore dei rifiuti di Selvapiana, in Val di Sieve. E poi dovremmo essere d’accordo e favorire la nascita di un inceneritore sul nostro territorio? Non siamo mica matti.”
Nessuno ha mai detto che qui si bruceranno rifiuti, nessuno fa processi alle intenzioni.
Ricordiamo inoltre al Sindaco Ignesti che Torquemada, paladino della Santa Inquisizione, non faceva parte di un comitato di cittadini, faceva parte di una Istituzione al potere.
Tuttavia abbiamo fondati timori che la biomassa legnosa reperibile in zona a prezzi convenienti sia sufficiente . La stessa ARPAT, nella Conferenza dei Servizi, ha dichiarato: “sulla effettiva disponibilità di biomasse a filiera corta nella misura richiesta si esprimono alcune perplessità, in quanto in zona operano già altri utilizzatori della stessa risorsa”. Ad oggi non risulta che ci sia un piano di approvvigionamento dettagliato tra l’altro condizione per rendere attuativa l’autorizzazione dell’impianto. Non ci sono preventivi e contratti in essere e non risulta quindi che ci sia alcuna garanzia in relazione a dove verranno reperite le 18.000 tonnellate di biomassa da conferire annualmente nell’impianto della centrale. Un recente articolo pubblicato su Il Filo ha dimostrato che le simulazioni presentate da Renovo alla conferenza stampa del 10 febbraio 2015 si basavano su un utilizzo non corretto del programma di calcolo ideato da iBioNet (Università degli Studi di Firenze)[7]. Ci sembra quindi ragionevole chiederci cosa succederà se la biomassa fornita in zona non dovesse essere sufficiente (una possibilità che inficerebbe anche il ritorno del progetto in termini di entrate fiscali nelle casse del Comune).
Una possibile soluzione potrebbe essere un cambio di autorizzazione in modo da allargare l’autorizzazione a bruciare altri tipi di biomasse. La legge lo consente, e anzi il decreto “Sblocca Italia” art.35 incentiva al massimo il “recupero energetico” dei rifiuti organici della differenziata negli impianti a biomassa. Nel caso della centrale di Petrona, inoltre, non sarebbero necessarie modifiche sostanziali dell’impianto, come asserito da Ignesti. L’impianto Turboden di cui sarà dotata la centrale di Petrona, prevede come combustibili la biomassa legnosa, altri tipi di biomasse e anche i rifiuti[8]. La nostra domanda è quindi questa: adesso possono essere bruciate solo biomasse legnose, ma se in futuro non fosse più conveniente, e abbiamo fondati motivi per crederlo, perché esporre il nostro territorio alla pressione di ampliare l’autorizzazione a combustili più pericolosi? Possiamo fidarci del sindaco Ignesti e dell’attuale Giunta, ma quando tra 4 anni ci saranno nuove elezioni chi ci garantisce che la nuova Amministrazione sarà così lungimirante? Del resto in altri posti è già accaduto che ci fossero estensioni della tipologia di materiale da bruciare. A titolo di esempio, possiamo citare la centrale di Terni e o quella di Calenzano, che spesso non si riesce a far funzionare a biomasse e si ricorre al gasolio. Quest’ultima centrale, tra l’altro, si dovrebbe approvvigionare approssimativamente sullo stesso territorio.
In blu il raggio di 35 km per l’approvvigionamento di Calenzano. In rosso il raggio di 35 Km per Petrona
Sulla ricaduta occupazionale dell’impianto. Quattro posti non sono pochini?
“Da quanto ha scritto l’azienda proponente i numeri sono diversi. Se il progetto sarà realizzato completamente, Renovo parla di un’occupazione, tra diretti e indotti, di 70-75 persone.”
I posti di lavoro per l’impianto a biomasse sono 4. I posti di lavoro per l’impianto di produzione di pellet sono 16, ma l’impianto non è stato autorizzato e non ci sono affatto garanzie che verrà autorizzato. Il resto dei posti di lavoro sono stime fornite da Renovo sui posti di lavoro creati nell’indotto. Dato che Renovo è parte in causa, ci sembra inopportuno assumerle acriticamente senza un attento esame nel merito. Tanto più che gli accordi per il reperimento della biomassa locale, sulla base dei quali sarebbe possibile effettuare una stima più ragionevole dell’indotto, ancora non sono stati presentati. Noi siamo invece molto scettici sulla possibilità di acquistare ai prezzi di mercato e alle condizioni previste dalla Renovo e al tempo stesso assicurare una retribuzione del lavoro dignitosa. Speriamo che il Sindaco non si faccia promotore di sottoccupazione o di posti di lavoro per nuovi “working poor”.
Si contesta anche il mancato “ritorno” pubblico dell’attività dell’impianto…
“E’ un’azienda privata, e come per tutte le attività produttive private non c’è un ritorno diretto. Ma sicuramente c’è un ritorno socio-economico positivo per il territorio. Ci saranno posti di lavoro, entreranno nelle casse del comune le tasse pagate dall’impresa, vi sarà la possibilità di dare teleriscaldamento alle aziende che ne faranno richiesta, e potrà essere venduta direttamente l’energia elettrica prodotta, che potrebbe essere acquistata anche da un ente locale. E si ricomincerà a fare manutenzione nei nostri boschi, dove, visti anche gli ultimi eventi metereologici, c’è una trascuratezza evidente, e questo nel privato, perché nel demanio si fa un buon lavoro.”
Abbiamo già detto dei posti di lavoro. Abbiamo molte perplessità che un impianto del genere, anziché far sviluppare impresa sul nostro territorio, finisca per condannare anche quelle che già sono operative e magari godono di una situazione territoriale legata alla qualità agroalimentare, turistica, ricettiva, tutte tipologie di imprese che verranno assolutamente penalizzate. Sul teleriscaldamento ci piacerebbe tanto che venissero fatti i nomi delle aziende eventualmente interessate. Sulla manutenzione dei boschi, siamo invece assolutamente d’accordo: magari si investisse su questo tipo di intervento utilizzando i soldi pubblici che sono stati malamente indirizzati in questo progetto.
Ma con il progetto a che punto siamo?
“Al momento la Provincia di Firenze ha autorizzato la parte del progetto che produrrà energia elettrica. L’iter non è completo, nel senso che manca l’autorizzazione unica ambientale per la produzione di pellet, e contestualmente hanno portato la richiesta di permesso a costruire. Questa parte doveva farla l’ex-Provincia, ma è stato deciso che ci penserà il Suap. La terza parte del progetto riguarda la produzione di legno per bioedilizia. Dico anche che a noi, sui tavoli comunali, non è arrivata ancora alcuna richiesta autorizzativa per la costruzione, e quindi nessuno ha nascosto documenti a chicchessia. Sul piano edilizio non ci siamo ancora espressi. E quando sarà il momento chiederemo anche dei canoni estetici. Siamo in un’area APEA, (area produttiva ecologicamente attrezzata), e si dovranno seguire certi standard costruttivi, e chiederemo anche una particolare attenzione alla realizzazione estetica dell’impianto.”
Qui prendiamo solo atto di quanto dichiarato dal Sindaco. Ci auguriamo di non dover mai arrivare a decidere sull’estetica di questo impianto. Non abbiamo bisogno di nuovi mostri, nemmeno dal punto di vista architettonico. Del resto già la centrale termoelettrica prevede una deroga all’altezza massima prevista dal PIP e quindi difficilmente sarà esteticamente gradevole!
Poi c’è la questione del milione di euro prestato per il Piano Insediamenti Produttivi di Petrona dall’Unione e il fatto che la Renovo non abbia partecipato ai bandi per l’assegnazione delle aree…
“Per quanto riguarda l’assegnazione, non so dire perché Renovo non abbia partecipato al momento della manifestazione d’interesse. Ma quel che è accaduto è consentito dalle procedure. Del resto tredici manifestazioni d’interesse c’erano, che poi non si sono concretizzate. Anche perché quando si fanno certe campagne e “si spara”, poi gli imprenditori si allontanano. La scelta del PIP di Petrona la si può condividere o meno, ma voglio ricordare che quella da oltre un decennio non era un’area destinata alle coltivazioni agricole, bensì prevista come completamento per le attività produttive.
E Il famoso milione non sono soldi del Comune, vengono dalla Società Autostrade per la variante di valico. E non è vero che dovevano servire per la mitigazione dei danni ambientali. Alla Comunità montana furono destinati 18 milioni e sono stati utilizzati per molte attività. Ricordo che andammo con il presidente Stefano Tagliaferri da Società Autostrade per far includere in queste attività anche gli interventi per le energie alternative e dettero l’ok. Sono fondi utilizzati per il fotovoltaico sulla discarica, per l’impianto a biomasse di Vicchio, per il fotovoltaico a Marradi e Palazzuolo. E poi è un milione di euro che poi la Pianvallico alla fine dovrà restituire. Si tratta in conclusione, di un investimento fatto correttamente, in un’area destinata ad attività produttive.”
Riguardo al procedimento amministrativo è stato presentato un esposto in Procura, aspettiamo quindi che la magistratura faccia chiarezza.
Del fatto che alcune manifestazione d’interesse da parte di tredici aziende, non sono andate a buon fine a causa di “certe campagne e si spara”, non crediamo che il sindaco Ignesti possa riferirsi alle iniziative del comitato che si è costitutito dopo più di un anno dall’assegnazione dei lotti del PIP. Precisiamo, comunque, che dagli atti risulta che l’unica azienda interessata ai lotti del P.I.P. di Petrona – La Torre era la Renovo.
Sul “famoso milione”, non entriamo nell’opportunità politica di destinarlo ad altri interventi con maggiori benefici della comunità, sebbene ce ne vengano in mente molti. Tuttavia ci preme sottolineare che erano invece soldi proprio per le opere di mitigazione dell’impatto causato dalla variante di valico. Tali risorse sono state destinate alle opere di urbanizzazione del PIP Petrona – La Torre in base ad un protocollo d’intesa fra Unione dei Comuni e Comune di Scarperia e approvato dall’amministrazione comunale con deliberazione n° 12 del 8/2/2013. Perché dice il contrario?
Di recente il Comune di Borgo San Lorenzo ha chiesto maggiore informazione, e la convocazione di un’assemblea pubblica…
“Intanto sui temi tecnici non spetta al sindaco fornire dati tecnici. Giustamente invece possiamo promuovere un’iniziativa del genere. Dicono che non erano informati. Ma il 10 febbraio, nel Palazzo dei Vicari alla presentazione del progetto gli amministratori mugellani c’erano praticamente tutti.
Quando Borgo chiede più corretta informazione penso che voglia anche lui spiegare che ci sono organi appositi per autorizzare, dei quali come amministrazioni pubbliche ci avvalliamo. Con Paolo Omoboni, che sta facendo un buon lavoro anche all’Unione dei Comuni e che ha anche la delega all’ambiente, organizzeremo un incontro con le parti terze, già abbiamo avuto contatti, per fare un’assemblea informativa rispetto a quello che sta avvenendo. Anzi mi fa piacere questo atteggiamento del comune di Borgo, perché è positivo discutere in termini territoriali. Questo servirà a programmare meglio, evitando di guardare solo al proprio ombelico, superando quello che un tempo qualcuno chiamava borgocentrismo. Anche l’obiettivo, che abbiamo già messo in cantiere, di fare come Mugello un unico piano urbanistico, può dar vita anche a una positiva progettualità per la sostenibilità energetica del nostro territorio. Una cosa che già in passato Scarperia e San Piero, con i sindaci Ballini e Galazzo avevano proposto, ma fu Borgo a non volerci stare. E del resto è giusto parlare insieme di queste cose, visto che anche il comune di Borgo crede nelle centrali a biomasse, visto che nel proprio regolamento urbanistico prevede un impianto per la produzione energetica a biomasse da tre megawatt.”
Sui temi tecnici non spetta al Sindaco fornire dati tecnici, ma spetta al Sindaco spiegare il perché non sono stati forniti.
Il 10 febbraio gli amministratori c’erano. Peccato che si stesse promuovendo un progetto ormai già deliberato, autorizzato e senza alcun tipo di confronto né con la popolazione, né con le amministrazioni degli altri comuni interessati.
Speriamo nell’assemblea informativa e speriamo che la progettualità e sostenibilità energetica del nostro territorio abbia la possibilità di confrontarsi maggiormente con la popolazione. Speriamo anche di capire cosa pensa il Sindaco Omoboni sugli impianti a biomasse in questo territorio, compreso quello che è previsto dal RUC di Borgo San Lorenzo.
Detto questo La invitiamo, sig. sindaco, se ha veramente a cuore il suo territorio e “la sua gente”, a ripensare a tutto il progetto e fare, come altri suoi colleghi hanno fatto, tutto quanto è in suo potere per far cessare questo scempio. Si dimostri a fianco dell’interesse comune, dei cittadini e non acriticamente a supporto di interessi privati.
D’altronde l’ammettere di avere fatto un errore e tornare indietro su una decisione, che presenta solo lati negativi, è dote di grandi uomini.
Il Comitato Contro La Centrale a Biomasse di Petrona
[1] http://www.reteambiente.it/normativa/19594/
[2] http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2013&numero=93
[3] http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=uriserv:OJ.L_.2012.026.01.0001.01.ITA
[4] http://www.ilfilo.net/ce-del-marcio-a-petrona/
[5] http://www.comune.vicchio.fi.it/opencms/multimedia/documents/1317813092742_comunicato_biomasse.pdf
[6] https://start.e.toscana.it/cmmugello/pleiade/?pagina=trattativa_partecipa&idT=12
[7] http://www.ilfilo.net/ce-del-marcio-a-petrona/
[8] http://www.turboden.eu/it/public/downloads/12-COM.P-17-rev.12.pdf slide n°7
© Il filo, Idee e notizie dal Mugello, 23 aprile 2015