
VICCHIO – È indubbio, che il ritrovamento della stele a Poggio Colla sia di grande importanza archeologica; si tratta di una pietra alta circa un metro che pesa 227 chili, facente parte di un tempio arcaico dedicato a una divinità femminile, che fu demolito per far posto a uno più grande, circa 3000 anni fa.
Questo manufatto in pietra arenaria ha caratteristiche particolarissime perché comprende 70 lettere leggibili e segni di punteggiatura, risulta una delle poche steli etrusche con un testo così lungo e in più gli addetti ai lavori sottolineano, che le parole e i concetti incisi su questa stele siano una rarissima testimonianza in grado di lacerare il velo di mistero che ancora avvolge questo nostro antico popolo.
Il ritrovamento è opera del professor Gregory Warden a capo di un consorzio di università europee e americane; la stele è stata ritrovata durante l’ultima settimana di scavo e dopo venti anni che si lavora in questo sito archeologico e secondo il professore quello inciso è un testo sacro che ci aiuterà a capire meglio le credenze di questo popolo.
La stele si trova adesso presso il Centro di Restauro della Sovrintendenza a Firenze, dove i restauratori stanno sottoponendo la pietra a delicati interventi di restauro e manutenzione.
Quanto sopra detto ci fa pensare, a ragione, che il ruolo della zona mugellana percorsa dalla direttrice Fiesole-Bologna non era poi così marginale in quel lontano periodo, considerazione rafforzata anche dai molti ritrovamenti di reperti etruschi sul territorio: sul Falterona, sul monte Giovi, a Vicchio, a Dicomano ma anche a San Piero a Sieve a San Martino a poggio Frascole, a Ronta ecc.
Il museo comprensoriale di Dicomano è il frutto di numerosi ritrovamenti in trent’anni circa di ricerche archeologiche sul territorio e questo risulta essere sia per i manufatti esposti, sia per i pannelli esplicativi, un piccolo gioiello museale.
Mi pongo due domande: perché la traduzione di questa stele viene delegata, a quanto sembra, a un esperto di linguistica dell’Università del Massachussetts. In Italia non abbiamo esperti in tal senso? Io credo proprio di sì.
La seconda domanda è, alla fine di tutto, questo preziosissimo reperto il cui ritrovamento ha fatto il giro del mondo, dove finirà? Nel solito “calderone” fiorentino, come è sempre stato per moltissime nostre opere d’arte? Oppure, come io mi auguro, i mugellani per mezzo delle loro istituzioni politiche e culturali si batteranno affinché la stele torni a “casa nostra” come è giusto che sia?
Aggiungo una breve nota: I Bronzi di Riace ci devono insegnare qualcosa.
Alfredo Altieri
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 6 giugno 2016