“Lavoro povero e turismo”. Secondo Irpet in Mugello non va poi così male
MUGELLO – Che tipo di occupazione produce in Mugello il settore turistico? Quando incide tra i suoi occupati il “lavoro povero” (ossia il lavoro con reddito individuale inferiore alla soglia di 8mila euro l’anno)? Uno studio Irpet sul lavoro povero nel turismo aiuta ad inquadrare la situazione, fornendo interessanti spunti di riflessione.
Quello del turismo, in Toscana, è infatti uno dei settori a più elevata incidenza di lavoro povero. Legata, ma non solo, anche al numero limitato di giorni lavorativi annui. Un settore nel quale la povertà lavorativa è per parte rilevante uno status temporaneo dell’età giovanile. Giovani che spesso scelgono quelli in ambito turistico come lavori da affiancare agli studi e agli anni della loro formazione; per poi transitare ad altri settori e ad altri lavori.
Mentre chi sceglie di rimanere nel settore turistico, sempre secondo i risultati Irpet, nella maggior parte dei casi vede migliorare le proprie condizioni lavorative. C’è però un 10% del totale (il 72% dei quali sono donne) che rimane “intrappolato” e che resta nel turismo in una condizione di povertà lavorativa. E all’interno del settore turistico le situazioni più a rischio si troverebbero nella ristorazione
Questo, in generale, in Toscana. Vedendo le singole zone, però, la posizione del Mugello appare abbastanza confortante. Si trova infatti tra i primi sette ambiti della regione dove il lavoro povero nel turismo è meno presente. Superato solo da territori blasonati e strutturati come Val di Chiana Senese, Isola d’Elba, Chianti, Area Fiorentina, Val Tiberina e Terre di Siena. Un dato interessante e confortante, specie se incrociato con il numero di lavoratori Under 30, molto alto in Mugello, che in questo caso è secondo dietro solamente a Val di Chiana Aretina. Una occupazione, insomma, giovanile e, almeno in termini relativi, meno povera della media regionale. Una fotografia confermata anche dalla bassa percentuale di addetti del settore che fanno ricorso alla Naspi (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, ossia l’indennità di disoccupazione).
Appare poi interessante anche la domanda posta dallo studio Irpet. Ossia se esista o meno un effetto di intrappolamento nel lavoro povero nel settore del turismo maggiore rispetto ad altri settori. Citando Irpet: “L’uscita dal settore, soprattutto in età non giovanissima, non garantisce di per sé una maggior probabilità di emergere dalla povertà lavorativa. E il focus va spostato sulle caratteristiche individuali, come il genere, il livello di istruzione e le competenze”. E infatti si constata che il 72% delle persone che restano nel settore turistico in condizioni di povertà reddituale annuale sono donne. E Irpet sottolinea anche che “Il 35% delle lavoratrici povere che restano nel settore turistico svolge anche un lavoro domestico legato ai settori di pulizia”. Insomm, più che una caratteristica del settore, la povertà lavorative sembra essere legata, come detto, alle caratteristiche individuali.
Nicola Di Renzone
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 6 Marzo 2023