L’omaggio di Donella Lascialfari ai Maggiaioli di Galliano
BARBERINO DI MUGELLO – Un pensiero di grande cuore, scritto per i Maggiaioli di Galliano da Donella Lascialfari per ricordare il Cantamaggio, che quest’anno finalmente torna per le vie della frazione mugellana sabato 30 aprile.
Pubblicare un mio scritto on line, significa, per me affrontare, per la prima volta, una sorta di comunicazione nuova che mi permetterà di raggiungere tutti senza dovermi spostare.
Anche se non potrò vedere chi mi legge, guardare le persone negli occhi, vedere i loro sorrisi, entrare in empatia, capire le reazioni e rispondere immediatamente a eventuali domande, sono comunque convinta che questo contatto telematico sia preziosissimo per diffondere idee e informazioni.
Ho risposto con piacere all’iniziativa dei giovani di Galliano che vogliono far rivivere concretamente il Cantamaggio per le strade del paese, riproponendo la tradizione anche con il nuovo linguaggio dei social.
Così, il significato di questo nobile rito di primavera, entrerà capillarmente nelle case e negli strumenti tecnologici che ormai occupano quasi perennemente le nostre mani.
Riprendendo l’usanza di tanti anni fa, per festeggiare l’arrivo del Maggio, la sera del 30 aprile, si formava, qui a Galliano, un gruppo di persone che andavano per il paese cantando.
Una tradizione popolare antichissima.
Il gruppo dei “maggiaioli” partiva, a piedi, la sera del 30 aprile, cercando di raggiungere ogni piccolo casolare per cantare e augurare un buon raccolto di amore e di pace.
Si cantavano pezzi della tradizione popolare, la vita insomma dei nostri vecchi contadini e artigiani, si trasmettevano storia e cronaca di questa gente che vi trovava un diversivo nella quotidiana dura fatica.
Si cantavano motivi semplici che dilettavano l’orecchio e il cuore.
È il canto dei nostri contadini, dei nostri vecchi artigiani che, durante il lavoro dei campi e nelle botteghe, cantavano con passione, esprimendo la gioia di vivere a contatto con la natura o mentre creavano dei piccoli capolavori di artigianato con il legno, col ferro, col cuoio e così via.
Si cantava sempre, magari con rabbia, ma si cantava tra il sole dei campi, la polvere delle aie e la fame che illanguidiva lo stomaco, rendendo le membra pesanti per la fatica di giornate senza fine.
Si cantava perché cantare significava vivere, resistere all’abbrutimento di una vita avara di gioie e ricca di amarezze.
Spesso erano gli stessi “capoccia” che davano il via, perché cantare dava tono e ritmo al lavoro.
Il canto era anche motivo di gioia e di amore.
Alcuni canti popolari sono stati tramandati oralmente di generazione in generazione: contadini, boscaioli, montanari, li improvvisavano e li cantavano anche a veglia.
Anche qui a Galliano c’era questa usanza e oggi, i nostri giovani l’hanno riscoperta e la vogliono mettere in pratica. Si stanno riunendo per le prove, condividendo questi momenti di vero divertimento.
La loro speranza è quella di coinvolgere tantissima gente, affinché il messaggio autentico che vogliono veicolare, venga diffuso e condiviso. Un’apertura alla pace, al rispetto della natura che ci nutre, un richiamo forte alla fiducia e alla solidarietà, proprio in uno dei momenti più complicati della storia.
Anch’io aprirò la mia porta a questi bellissimi cantori, esprimendo loro tutta la mia gratitudine e la mia stima.
Grazie a tutti.
Donella Lascialfari
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – aprile 2022