BARBERINO DI MUGELLO – Barberino ed il Mugello hanno pianto la scomparsa di Emilio Aiazzi, il partigiano “Bordino”. Ed in tanti hanno voluto rendergli omaggio con messaggi, poesie e saluti. Sì, perché Bordino non era solo un partigiano, era una persona in grado di trasmettere passione ed una spontanea simpatia nei suoi confronti. Come ci racconta ora sua figlia Simonetta.
Che padre era Bordino? Un babbo molto tipico per gli anni ’60/’70, ma al tempo stesso, per alcune cose, era molto moderno. Non ha mai influenzato nessuno, tantomeno me. Se la pensavi diversamente da lui o prendevi decisioni che lui non condivideva ti lasciava comunque libero di esprimerti, magari oggi sembrerà poco ma per quell’epoca era veramente tanto. Io me lo ricordo sempre allegro, pieno di passioni come quella per la politica che mai ha abbandonato né tantomeno rinnegato. Mio babbo non era un “ex” partigiano, non è una cosa da cui puoi “licenziarti”, è una scelta che ti segue per tutta la vita. E questo è stato uno degli aspetti di mio padre. Non posso neanche dire che fosse troppo protettivo ma forse è dovuto anche al fatto che io sono sempre stata molto responsabile. Ma lui non mi ha mai oppressa, riponendo in me una grande fiducia. Quando eravamo nei Maggiaioli ed io ancora non ero fidanzata, siamo intorno al ’76/’77, ed arrivava qualche straniero, mi chiamava subito così che io potessi tradurre quello che lui aveva da raccontare: la tradizione del “Maggio”, i simboli, cosa c’era da vedere a Barberino….

E con gli altri, com’era? Una persona di una simpatia innata. Era così spontaneo, forse a causa di una sua profonda timidezza, ma era veramente comunicativo e spontaneo. Anche quando raccontava della sua infanzia, che è stata molto povera, o di suo padre morto quando lui era molto giovane ucciso da un fascista che non aveva niente di meglio da fare. Lui raccontava tutto con un’immensa gioia di vivere, lo faceva con leggerezza, senza mai far pesare quella che era stata la sua condizione.
Del periodo partigiano le ha mai raccontato? Sì, certo! Come ho detto è una parte importante della sua vita. A diciotto anni ha fatto questa scelta e non si è mai pentito. E quando ci raccontava di quel periodo lo faceva con lo stesso entusiasmo e determinazione di sempre. Mi ricordo che ripeteva sempre: “Bisogna rimettersi le scarpe con le fibbie, riprendere la resistenza e lottare contro gli oppressori!”. Uno degli episodi più importanti di quel periodo, che lo ha segnato dentro, è stato quando fu ferito nella famosa battaglia della “Fonte dei Seppi”. Era accanto a Corrado, un altro ragazzo di Barberino che, purtroppo, è morto tra le sue braccia. Ci diceva sempre che sarebbe bastato poco per salvarlo, forse addirittura un laccio emostatico, ma non avevano nulla. E tutto quello che ha vissuto ce lo ha trasmesso dicendoci che non poteva tradire quelle idee per le quali aveva combattuto. E per ricordarlo e ricordarcelo ci portava sempre ai cortei per la Liberazione, io per mano e mio fratello sulle spalle. Anche dopo l’ictus, quando non poteva più camminare, non ci ha mai rinunciato.
Era anche molto generoso….Oh, non avete idea. Mi ricordo che quando venne l’alluvione a Firenze, a quei tempi lavorava come autista, tornò a casa in condizioni pietose, sporco e pieno di fango perché il garage si era allagato. Ma lui non perse tempo, aprì i nostri armadi e fece razzia dei vestiti per portarli ai bambini di un istituto che lui conosceva, rimasti senza niente. Giuro [ride], ci svuotò gli armadi, non che ci fosse molto eh? Ma quel poco che poteva fare lui lo faceva. Era così, lui.
Ha un ricordo particolare legato a suo padre? Uno? Sono tanti! Uno di questi è un racconto che ci ripeteva spesso. Quando era piccolo, come ho detto veniva da una famiglia molto povera, morivano tanti bambini a causa del freddo, della malnutrizione…Insomma, era usanza che durante i funerali a chi partecipava alla funzione venisse data qualche lira. Ed il babbo con quei soldi riusciva a comprare un filone di pane da due chili, che poi divideva con tutto il casamento. E dopo aver mangiato, così ci raccontava, diceva sempre: “Speriamo ne muoia un altro, così ricompro il pane”. Oggi sembra una cosa brutta, un’assurdità. Ma ai tempi quel tozzo di pane faceva veramente la differenza.
Era anche un Maggiaiolo, un’altra esperienza importante per la sua vita. Eh sì. Babbo è stato uno dei fondatori del Canta’ Maggio, anzi, più precisamente hanno riportato in auge questa tradizione. E lo ha fatto, come ogni cosa della sua vita, mettendoci l’anima, senza guardare alle spese che potevano essere sostenute. C’era da andare a prendere le ginestre da qualche parte? Prendeva l’auto e partiva. Lui ci credeva tantissimo perché rappresentava tutto quello per cui aveva lottato. Per lui il Maggio era una manifestazione di pace, rinascita ed amore tra le persone ed i popoli. E questo spirito lo incarnava appieno.
Come avete vissuto quest’ultimo periodo? Male. Mio babbo era una persona iperattiva, parlava sempre. E poi all’improvviso è sceso il silenzio. L’ictus lo aveva privato della parola ed è indescrivibile il vuoto che ha lasciato. Nell’ultimo periodo lo abbiamo visto spegnersi, e quel che è peggio è che lui ne era consapevole perché i suoi occhi, quegli occhi buoni da dove era possibile vedere il profondo della sua anima, continuavano a parlare. So che avrebbe voluto spegnersi più velocemente, che era rassegnato a vivere.
Che messaggio pensa che Bordino abbia trasmesso? A chi se lo ricorda com’era, perché non è facile descriverlo, ha trasmesso l’importanza di essere sempre se stessi, di non rinnegare mai le proprie idee e ad agire con coscienza andando sempre avanti. Sai a volte, quando mi vedeva triste, mi diceva:” Non piangere, perché tanto il sole domani si leva lo stesso. Anche quando morirò, fai così. Non piangere…”. Lui non ha mai tradito i suoi principi, non c’è messaggio più importante che potesse trasmettere.
In tanti le si sono stretti attorno, anche se solo col pensiero, dopo la morte di suo padre….Sì, è così. E per questo io vorrei ringraziare tutte le persone che hanno conosciuto ed apprezzato il mio babbo, e che si sono divertiti con lui. Dopo la sua morte abbiamo ricevuto tante telefonate, ma non abbiamo potuto incontrare nessuno. Io stessa non ho potuto vedere il babbo, né abbracciare mia mamma. Però ci tengo a dire grazie a chi ci ha manifestato affetto e vicinanza e a tutti quelli che ricordano ogni sorriso che ha portato.
Irene De Vito
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 5 Febbraio 2021