Monumento ai Caduti, indaga la Procura. E il comune decide di ricollocarlo
BARBERINO DI MUGELLO – Si temeva che qualcuno con quei blocchi di travertino bianco si fosse fatto qualche bel gradino o qualche focolare. Del resto chi pensava che servissero più, buttate alla rinfusa in un campo all’aperto, presso i pozzi di Publiacqua, in via monsignor Giuliano Agresti?
Eppure erano pietre “artistiche” che formavano il grande monumento ai caduti della prima guerra mondiale, posto nel 1924 su un lato di piazza Cavour, a Barberino di Mugello. Che fu rimosso, nel 1984, dopo che da anni si pensava di cancellare, in un paese così “rosso”, un manufatto di chiara ispirazione fascista. Anche se aquile, statua e fregi imperiali erano stati fatti fondere negli anni ’40, per le esigenze belliche della patria.
Il ricordo però, nei Barberinesi di una certa età, era positivo: era considerato bello e imponente, coronato da una bella fila di alberi, il luogo preferito per i giochi dei bambini -e qualcuno di loro porta ancora i segni sulle ginocchia delle scivolate sulla grande vasca posta sul davanti.
Se ne sono ricordati anche alla Sovrintendenza. Perché quando nel 1984 -era sindaco Bruno Gori- si decise di smontarlo, e di trasferire soltanto i due bassorilievi bronzei in un nuovo monumento, più piccolo, realizzato nei giardini comunali, fu data l’autorizzazione a condizione che tutto il monumento fosse poi ricostruito.
Ma così non è mai stato, e allora la Sovrintendenza ha segnalato la cosa ai Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale. Che hanno indagato. Ed è stato aperto un procedimento penale per danneggiamento al patrimonio culturale, segnalando i nomi di tutti i sindaci che si sono succeduti dal 1984, da Gori, che è deceduto, a Paolo Cocchi, Gian Piero Luchi, Carlo Zanieri fino all’attuale Giampiero Mongatti.
Il nuovo sindaco ha già cercato di sanare la questione, oggetto peraltro anche di una petizione sotto elezioni con la richiesta di ricollocare il monumento. Intanto si è deciso di mettere in sicurezza i “pezzi” del monumento. Sono 70 blocchi di pietra. E sembra che il conteggio effettuato da un esperto abbia rassicurato: nessun blocco di travertino mancherebbe all’appello. Erano pieni di muschi, seppelliti da erbacce rampicanti, ora invece sono al coperto. E vi è intenzione di ricostruirlo. “Abbiamo un progetto di ricollocazione -dice Giampiero Mongatti- che era già nei programmi dell’amministrazione. Intanto abbiamo provveduto a ripulire e trasferire al coperto tutti i blocchi del monumento, avvalendoci anche di un restauratore. Che ci ha detto di aver individuati tutti i pezzi catalogati. Non era semplice perché il modo con cui erano stati collocati non consentiva una facile individuazione”. Sul luogo nel quale il monumento ai caduti sarà ricostruito -tra le ipotesi quella di utilizzare lo spazio dei giardini di via della Repubblica davanti al Municipio-, Mongatti è cauto: “Non è stata ancora presa una decisione definitiva. Siamo in contatto continuo con la Sovrintendenza. E per la localizzazione vogliamo coinvolgere anche le associazioni locali più sensibili al valore storico di questo monumento, e tutta la cittadinanza”.
Il monumento da ricostruire era stato realizzato da Giuseppe Gronchi nel 1924 ed era costituito da una “Patria” bronzea, rappresentata con l’elmo e assisa su un trono in travertino, ai lati del quale vi erano due bassorilievi raffiguranti la “famiglia” e “la morte dell’eroe”: alle spalle della Patria un’alta colonna in travertino, con un’aquila bronzea sulla sommità. Dell’imponente monumento restano le pietre e i bassorilievi bronzei, che però non sono quelli originali del Gronchi -che furono fusi-, ma vennero eseguiti e collocati nel 1954 su commissione dell’associazione Nazionale Combattenti e Reduci.
Quanto all’inchiesta giudiziaria, e delle indagini sulle responsabilità, anche di tipo penale, legate all’incuria nella conservazione del monumento, e al fatto di non averlo ricostruito, Mongatti dice: “In verità non ho ricevuto alcuna notifica della Procura, ma se anche fosse mi sento in coscienza tranquillo. Sto facendo quanto in mio dovere. Lo abbiamo trasferito in un posto più sicuro, e c’è l’impegno di ricollocarlo. A mio giudizio in passato non era chiaro che il monumento andasse ricollocato. Chi lo fece rimuovere lo sapeva, ma i successivi amministratori forse non conoscevano che vi fosse l’impegno a ricollocarlo”.
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 9 novembre 2016