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Occorre non dimenticare il vero festeggiato del Natale
Galileo Chini, San Giovanni Battista, Pieve di Borgo San Lorenzo
III DOMENICA DI AVVENTO (B) 2020
Giovanni Battista è stato il testimone, il precursore di Gesù e, appunto per essere stato il testimone e il precursore, non ha attirato l’attenzione su di sé ma l’ha attirata su Gesù. Come dice in maniera stupenda quel dipinto di Galileo Chini al fonte battesimale nella nostra Pieve: un dito che va verso Gesù.
E’ il senso di questa Domenica: trovare il festeggiato del Natale. Guai se sbagliamo proprio il centro del Natale, se sbagliamo il festeggiato del Natale. E, quindi, Natale è il compleanno di Gesù. La cosa strana che può capitare è che noi ci facciamo gli auguri, tanti regali, ma non facciamo niente a Lui, nessun regalo per Lui che è la sua festa. E Lui stupito, guarda noi che facciamo tanta festa, ci facciamo i regali, tutto è illuminato e Lui si sente un po’ messo da parte.
E quindi il richiamo di questa Domenica è fare spazio a Gesù. E’ rimettere Gesù al centro della fede, al centro della vita cristiana. Cioè occorre radicare il Cristianesimo in Gesù. L’immagine che ho trovato su questo argomento, per me molto indovinata, è quella di un bambino di V elementare:
“Gesù è come lo zucchero che la mamma ogni mattina scioglie nel latte per prepararmi la colazione. Io non vedo lo zucchero nella tazza, ma se la mamma non lo mette, ne sento subito la mancanza”.
Questa è la questione: che a molti cristiani, a molti di noi, manca questa presenza dello zucchero cioè del senso bello dell’esperienza cristiana. C’è un numero, il 266, dell’Evangelii Gaudium di Papa Francesco che è un capolavoro: “Il vero missionario, che non smette mai di essere discepolo, – il cristiano: il prete, il papa, ognuno di noi è sempre discepolo – sa che Gesù cammina con lui, parla con lui, respira con lui, lavora con lui”.
Chi di noi vive questa esperienza? “Gesù cammina con lui, parla con lui, respira con lui, lavora con lui”. Chiara Luce Badano, morta giovanissima con una sofferenza continua, aveva un sorriso invidiabile perché aveva capito questa cosa difficilissima per chi è nel dolore: “Gesù cammina con lui, parla con lui, respira con lui, lavora con lui”. E cosa capita? Se uno di noi non scopre questa presenza, presto perde l’entusiasmo.
La parola entusiasmo ha a che fare con en theos (ho dentro Dio). Ecco, il cristiano che perde questa presenza di Dio, nella sua vita smette di essere sicuro di ciò che trasmette, gli mancano la forza e la passione. E una persona che non è convinta, entusiasta, sicura, innamorata, non convince nessuno. Chi non è innamorato di Dio non può convincere su Dio. E se noi cristiani, ciascuno di noi, nella tazza della propria vita non ha questo zucchero, questa esperienza vera di questa amicizia con il Signore, di questa relazione con il Signore, della Domenica come giorno del Signore, della sua presenza, se non c’è questo zucchero nella nostra vita, non riusciamo a comunicare ai figli, ai nipoti, ai giovani, ai ragazzi, la bellezza dell’esperienza cristiana.
Quindi, forse, prima di lamentarci che il mondo va male dovremmo tutti noi cristiani, nelle chiese, nelle case, dappertutto portare questo zucchero, portare questa presenza positiva che rende meno amara la vita e la rende molto più bella. Radicati in un rapporto personale con Gesù ma con una vocazione grande alla fraternità, una fraternità non soltanto dichiarata ma vissuta.
Un uomo cadde in un pozzo da cui riusciva a uscire. Una persona di buon cuore che passava di là disse: ”Mi dispiace davvero tanto per te. Partecipo al tuo dolore”. Un uomo pio disse: “Solo i cattivi cadono nei pozzi”. Uno scienziato calcolò come aveva fatto quest’uomo a cadere nel pozzo. Un politico dell’opposizione si impegnò a fare un esposto contro il governo. Un umorista sghignazzò: “Prendi un caffè che ti tira su!”. Un pessimista disse: “Scivolerai ancora più giù”. Gesù, vedendo quell’uomo, – dice questo racconto – lo prese per mano e lo tirò fuori dal pozzo.
Ecco, occorrono cristiani così. Dobbiamo assolutamente in questi giorni guardare le vetrine di Natale, guardiamo le vetrine, ma cerchiamo i volti, cerchiamo in casa, fuori casa, dappertutto di saper guardare i volti delle persone anche se parzialmente coperti dalle mascherine. E tra i volti non dimentichiamo il volto di Dio. E, avendo fatto il presepe, guardandolo con calma, nel silenzio ogni sera, lasciamoci condurre da questo Dio a questa vocazione alla fraternità, godendo dentro di noi della sua presenza in modo che chi ci vede, ci veda entusiasti, cioè gente che ha dentro Dio, ha dentro il Vangelo, ha uno stile di vita, ha un modo di guardare, ha un modo di parlare, ha un modo di rapportarsi al prossimo.
Oggi c’è bisogno di cristiani capaci di parlare con la vita. Gandhi diceva: “Vorrei che la vita di voi cristiani ci parlasse nel modo in cui lo fa la rosa. La rosa non ha bisogno di parole ma semplicemente spande il proprio profumo. Anche un cieco che non vede la rosa ne percepisce la fragranza”.
E’ questo il segreto del Vangelo della rosa. La vita di noi cristiani che diffonde il profumo del messaggio di Gesù. Il Vangelo della rosa: essere capaci con la nostra vita, con il nostro sorriso che traspare dagli occhi, con il nostro amore alla giustizia, con il nostro essere capaci di perdono, con la nostra umiltà ed il nostro coraggio di far sentire questo profumo di una vita bella: la vita cristiana.
Don Luciano Marchetti
Pievano di Borgo San Lorenzo
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 13 Dicembre 2020
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